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Il fenomeno dei tassi di interesse negativi: intervista al Prof. Giuseppe G. Santorsola

2 Maggio 2016

I tassi di interesse negativi rappresentano un fenomeno del tutto nuovo con cui gli operatori economici hanno oramai iniziato a confrontarsi, con impatti in termini di redditività e necessità di adeguamento degli attuali modelli di business.

Per capire meglio questo fenomeno, abbiamo posto alcune domande al Prof. Giuseppe G. Santorsola, Ordinario di Corporate & Investment Banking e Corporate Finance nell’Università Parthenope di Napoli, e grande conoscitore del sistema bancario.

Prof. Santorsola, ci può spiegare sinteticamente in cosa consiste e da cosa è dovuto il fenomeno dei c.d. tassi negativi ?

In estrema sintesi i tassi negativi testimoniano la preferenza per la certezza del rimborso rispetto all’attesa di un rendimento valutato rischioso, ma anche la convinzione che il poter d’acquisto sia stabile quando non in crescita in ragione della bassa o nulla inflazione. Peraltro, il fenomeno è stato sostenuto dalla scelta delle Banche Centrali di stimolare la domanda attraverso abbondante offerta di moneta a tassi sempre più bassi fino a superare la soglia zero. Il che significa peraltro che, al momento, la manovra non ha conseguito i suoi obiettivi perché quella moneta non viene dedicata al finanziamento dell’economia reale.

Come valuta le scelte di politica monetaria recentemente adottate dalla Banca Centrale Europea ?

Ho sostenuto fin dall’inizio come sostenibile la presenza di tassi anche negativi, ma ero e resto dell’idea che si tratti di manovre non utilizzabili per periodi prolungati, quale invece appare la scelta attuale dopo il primo anno di applicazione. Il sistema è posto in condizione di coma farmacologico, il che non facilita rapidità e consistenza della successiva ripresa. E’ stato impostato uno shock per il sistema in crisi e la reazione è stata modesta, per quanto esistente, rispetto all’ammontare dello sforzo compiuto. Peraltro la BCE è un supplente rispetto alle scelte di governo della politica economica e, purtroppo, ha esaurito le proprie armi possibili coerenti con i poteri ad essa assegnati. Altri soggetti stentano a compiere le proprie necessarie scelte.

Come dobbiamo guardare a ciò che sta accadendo in paesi quali Svizzera, Danimarca, Svezia e Giappone ?

Queste esperienze confermano che i tassi negativi sono possibili; tuttavia si tratta di singoli Paesi, popolazione scarsa e mercato non vasti, oppure di condizioni strutturali differenti (Giappone). Il peso dei titoli di questi Paesi sono marginali nei portafogli; quello dei titoli dell’Area Euro è invece dominante in numerosi casi. Nel periodo non breve, potrebbe risultare difficile collocare e ancora di più vendere sui mercati senza penalizzazioni di prezzo, utili a generare rendimento per l’acquirente. Sottolineo anche che la BCE ha agito sui tassi negativi per ultimo rispetto a FED, BoJ, BoE Banca Nazionale Svizzera, trovando un’economia reale già più debole.

Da un punto di vista più strettamente operativo, come impattano i tassi negativi sulla redditività delle banche ?

Il margine di interesse è già variabile critica da molti anni; ormai si è ridotto a meno della metà dei costi operativi, generando il bisogno di rischi di intermediazione più elevati per generare margine. In caso di eventi negativi, è difficile recuperare le perdite realizzate senza esporsi a rischi ancora maggiori.

La situazione è peraltro prospetticamente ancora peggiore per compagnie di assicurazione e fondi di previdenza che vanno accumulando da anni rendimenti dei propri investimenti molto bassi rispetto alle attese di capitalizzazione, correndo il rischio o di non riuscire a garantire quanto previsto o dovendo garantire i minimi contrattuali proposti inizialmente e/o di sottoperformare rispetto a quanto atteso nella logica dei prodotti. L’effetto sarà percepibile a scadenza con impatto grave su una popolazione anziana. già finanziariamente indebolita.

Per i correntisti, ed in generale per i soggetti finanziati, che effetti porteranno ?

Il conto corrente è già privo di rendimento e come tale concepito per la qualità dei servizi che offre; lo si nota anche attraverso il successo di c/c semplici on-line e movimentati attraverso carte di pagamento, che – se dotate di IBAN – sostituiscono le funzioni fisiche dei c/c. L’aspetto più interessante è peraltro quello che riscontra la crescita del loro volume sia perché valutati come un “parcheggio” in attesa di opportunità sia perché – a parità di tasso zero – sono più funzionali nel loro potenziale. Ricordo peraltro come negli anni ‘70 – con la lira debole e il franco svizzero forte – le banche elvetiche imponevano tassi negativi ai clienti italiani, i quali tuttavia potevano godere della rivalutazione valutaria e depositavano ugualmente. Ricordo peraltro che tassi zero con inflazione zero offrono risultati reali migliori di tassi alti con inflazione più alta.

A fronte del nuovo scenario economico, ritiene che il modello di business bancario subirà un definitivo cambiamento ?

Non è certo solo per questi motivi che il modello deve cambiare, essendo il settore “maturo”:

a) gli sportelli non sono più la location prevalente,

b) il credito deve essere rimodulato per finanziare newco, ristrutturazioni e investimenti più che la gestione corrente delle aziende che dovrebbe basarsi su costanti flussi di cassa caratteristici,

c) controlli, audit e compliance, insieme a modelli organizzativi, trasparenza e antiriciclaggio, impongono una struttura di middle-office la cui efficienza è determinante per la sopravvivenza,

d) la bassa redditività è ormai strutturale nella banca tradizionale e può essere accresciuta solo attraverso soluzioni innovative che stravolgeranno gli assetti attuali

e) qualche modello bancario nuovo, non condizionato dal passato, presenta opportunità di rendimento interessanti e qualche gruppo bancario sostituisce con nuove soluzioni le strutture ormai sorpassate.

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