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Attualità

Plusvalenze su ‘veicoli immobiliari’ non residenti a rischio tassazione in Italia

29 Novembre 2022

Michele Dimonte, Senior Counsel, BonelliErede

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’art. 24 del disegno di Legge di Bilancio 2023 l’Italia si appresta ad introdurre nel nostro ordinamento una specifica disposizione antiabuso – il co. 1-bis all’interno dell’art. 23 del TUIR – dedicata alla tassazione degli utili di capitale derivanti dall’alienazione di partecipazioni in entità il cui valore deriva principalmente da beni immobili. Si tratta di un’integrazione necessaria a rendere efficace l’art. 9 della Convenzione Multilaterale attuativa dell’Action 15 del progetto BEPS (“MLI”). L’impatto reale di tale intervento sarà apprezzabile solo in sede di entrata in vigore del MLI a seguito del deposito dello strumento di ratifica.

Ma procediamo con ordine.

Nel 2003, all’art. 13 del Modello OCSE è stato inserito il paragrafo 4 secondo cui “le plusvalenze conseguite da un residente di uno Stato contraente a seguito dell’alienazione di partecipazioni derivanti per oltre il 50%, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati nell’altro Stato contraente possono essere tassate in detto altro Stato”. La norma – di natura antiabuso anche se concepita come un’autonoma distributive rule – è finalizzata ad evitare che il soggetto non residente, anziché cedere immobili situati nello Stato estero (con tassazione concorrente delle plusvalenze in entrambi gli Stati ai sensi dell’art. 13, par. 1), li immetta in una società di diritto estero e ne ceda le quote, scontando l’imposta nel solo Stato di residenza.

Tuttavia, anche tale disposizione è stata oggetto di manovre abusive attraverso operazioni di conferimento di beni (ad es. liquidità) effettuate in prossimità della cessione della partecipazione; il conferimento di beni diversi dagli immobili consente, infatti, di ridurre la percentuale di assets immobiliari al di sotto della soglia del 50% trasformando la “società immobiliare” in una “società non immobiliare” ai fini dell’applicazione della normativa pattizia.

Per eliminare tali pratiche abusive l’art. 9 del MLI ha previsto la verifica puntuale nell’arco temporale annuale (“in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni”) per determinare se il valore delle partecipazioni oggetto della cessione sia prevalentemente riferibile a beni immobili. Analoga previsione è stata inserita nell’art. 13, par. 4 del Modello OCSE (2017).

L’art. 9 del MLI intende quindi, da un lato, adeguare le disposizioni antiabuso già esistenti nelle Convenzioni stipulate dagli Stati che hanno sottoscritto il MLI (i.e. gli Accordi Fiscali Coperti) all’art. 13, par. 4 del Modello OCSE (2017) (par. 1) e, dall’altro, consentire l’introduzione della nuova previsione antiabuso (come modificata dal Modello OCSE (2017)) negli Accordi Fiscali Coperti che allo stato attuale ne sono privi (par. 4).

Fin qui la disciplina a livello pattizio. Tuttavia, affinché l’art. 9 del MLI possa trovare concreta applicazione è necessario che la normativa domestica dello Stato in cui è situato l’immobile preveda la tassazione dei redditi immobiliari realizzati ‘indirettamente’ attraverso un veicolo societario (o assimilato). In sostanza, è necessario che dapprima vi sia uno Stato che intenda esercitare la propria potestà impositiva (sourcing rule) e successivamente che tale diritto non trovi limitazioni nell’ambito delle singole Convenzioni (come eventualmente integrate/modificate dal MLI).

Da qui la necessità di intervenire a livello domestico. Infatti, in assenza di una specifica sourcing rule, l’art. 9 si applicherebbe alle plusvalenze su immobili situati in Italia realizzate da un soggetto non residente attraverso un veicolo residente in Italia (in questa ipotesi la ‘porta di accesso’ sarebbe l’art. 23, co. 1, lett. f), del TUIR relativo alla tassazione in Italia delle plusvalenze su cessioni di partecipazioni societarie di ogni tipo, quindi anche ‘immobiliari’). Per poter attrarre a tassazione anche le plusvalenze immobiliari realizzate attraverso veicoli residenti all’estero è quindi necessario espandere le regole di territorialità: ecco quindi spiegata la ratio del co. 1-bis dell’art. 23 del TUIR[1].

Ma quale sarà l’impatto dell’art. 9 del MLI sulle singole Convenzioni stipulate dall’Italia? Considerato che tale disposizione non rientra nel c.d. minimum standard, gli Stati contrenti sono liberi di non applicare (opting out) in tutto o in parte le disposizioni di cui al par. 1, optando eventualmente per l’applicazione del par. 4. L’impatto del citato art. 9 sarà quindi condizionato dalle riserve e opzioni comunicate dall’Italia in sede di ratifica del MLI. Ad oggi, l’Italia ha (provvisoriamente):

  • formulato una riserva ai sensi dell’art. 9, par. 6, lett. a), del MLI. In tal modo la disposizione dell’art. 9, par. 1, non modifica gli Accordi Fiscali Coperti dell’Italia;
  • optato, ai sensi dell’art. 9, par. 8, del MLI, per l’applicazione del par. 4 la cui efficacia è subordinata alla comune opzione esercitata dagli Stati Contraenti e ha notificato l’elenco degli Accordi Fiscali Coperti che contengono già una disposizione analoga (Armenia, Azerbaijan, Barbados, Canada, Cina, Estonia, Finlandia, Francia, Hong Kong, India, Israele, Kenya, Messico, Nuova Zelanda, Pakistan, Filippine, Romania, Arabia Saudita, Svezia e Ucraina)[2]. I possibili scenari sono pertanto i seguenti:
    • gli Stati Contraenti hanno esercitato l’opzione per l’applicazione del par. 4 e le cui Convenzioni con l’Italia contengono già una previsione simile all’art. 9, par. 4. Tali sono i casi delle Convenzioni con Armenia, Francia, Kenya, India, Israele, Nuova Zelanda e Ucraina. In questa ipotesi l’art. 9, par. 4, sostituirà integralmente le attuali disposizioni contenute nelle specifiche Convenzioni.
    • Gli Stati Contraenti hanno esercitato l’opzione per l’applicazione del par. 4 e le cui Convenzioni con l’Italia non contengono già una previsione simile all’art. 9, par. 4 (ma prevedono la tassazione esclusiva nello Stato di residenza dell’alienante). Tali sono i casi delle Convenzioni con Russia, Germania e Slovenia. In questa ipotesi l’art. 9, par. 4, consentirà allo Stato in cui gli immobili sono situati di esercitare la propria potestà impositiva.
    • Gli Stati Contraenti non hanno optato per l’applicazione del par. 4 e le cui Convenzioni con l’Italia prevedono già la potestà impositiva concorrente sui capital gains da cessione di ‘veicoli immobiliari’. Tali sono i casi delle Convenzioni con Arabia Saudita, Azerbaijan, Barbados, Cina, Filippine, Finlandia, Hong Kong, Messico, Pakistan, Romania, Svezia. In tale ipotesi l’impatto dell’art. 9, par. 4 è di fatto nullo, considerato che continuerà a trovare applicazione, senza alcuna modifica, la specifica disposizione della Convenzione che già prevede la tassazione concorrente delle plusvalenze immobiliari.
    • Gli Stati Contraenti non hanno optato per l’applicazione del par. 4 e le cui Convenzioni con l’Italia prevedono la potestà impositiva esclusiva sui capital gains da cessione di ‘veicoli immobiliari’ nello Stato di residenza dell’alienante. Tali sono i casi delle Convenzioni con Austria, Lussemburgo e Svizzera. In tale ipotesi l’impatto dell’art. 9, par. 4 è nullo stante l’assenza di reciprocità nell’opzione.

Infine, le Convenzioni in vigore con gli Stati che non hanno sottoscritto il MLI non subiranno alcuna modifica, ferma restando l’applicazione delle specifiche disposizioni antiabuso, ove previste (par. 12 del Protocollo alla Convenzione con gli USA).

Da ultimo, si segnala che il co. 1-bis dell’art. 23 TUIR avrà un impatto anche nelle ipotesi speculari in cui la cessione di una partecipazione in un ‘veicolo immobiliare’ sia effettuata da un soggetto residente in Italia[3]. In tale ipotesi, sarà possibile invocare il credito per le imposte assolte all’estero sia nello ‘scenario bilaterale’ (i.e. la società ceduta residente e gli immobili situati nel medesimo Stato) sia nello ‘scenario trilaterale’ (i.e. società ceduta residente in uno Stato contraente e gli immobili situati in un altro Stato contraente).

Infatti, nello ‘scenario bilaterale’ lo Stato in cui sono situati gli immobili potrà esercitare la propria potestà impositiva ai sensi dell’art. 13(4) del MLI (o della specifica disposizione della Convenzione sottoscritta tra i due Paesi), mentre l’Italia dovrà concedere il credito per le imposte estere in relazione al capital gain sulla cessione del veicolo immobiliare (tassabile in misura piena o parziale a seconda che ricorrano o meno i requisiti per la participation exemption[4]).

Nello ‘scenario trilaterale’ valgono, con riguardo allo Stato in cui sono situati gli immobili, le considerazioni previste per lo ‘scenario bilaterale’. Con riguardo poi allo Stato di residenza del veicolo immobiliare ceduto l’esercizio della potestà impositiva in tale Stato dovrebbe essere – generalmente – precluso ai sensi della disposizione residuale contenuta nella specifica Convenzione (ove tale disposizione sia conforme all’art. 13(5) del Modello OCSE). Ove, invece, la Convenzione stipulata con l’Italia preveda l’esercizio della potestà impositiva concorrente (ad es., il par. 8 del Protocollo alla Convenzione tra l’Italia e la Francia), l’Italia dovrà concedere anche il credito per le imposte estere in relazione al capital gain sulla cessione del veicolo immobiliare (tassabile in misura piena o parziale a seconda che ricorrano o meno i requisiti per la participation exemption[5]).

In conclusione, l’impatto pratico della novella legislativa andrà valutato caso per caso, tenendo a mente che tuttavia gli investimenti immobiliari in Italia da parte di investitori esteri sono realizzati, allo stato attuale, per il tramite di veicoli di investimento residenti in Stati che hanno optato per la non applicazione dell’art. 13(4) del MLI.

 

[1] Tale disposizione prevede che “… si considerano prodotti nel territorio dello Stato: i redditi diversi realizzati mediante la cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società ed enti non residenti, il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei 365 giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia si considerano prodotti nel territorio dello Stato” (enfasi aggiunta). Inoltre, il riferimento a “società ed enti” implica che dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della novella legislativa anche i redditi da immobili situati in Italia prodotti attraverso trust, società di persone e fondi non residenti.

[2] A tali Stati vanno aggiunti Colombia, Giamaica, Panama e Uruguay.

[3] Si assume per semplicità che lo Stato della fonte abbia una disposizione domestica sulla territorialità dei redditi simile all’art. 23, co. 1-bis, del TUIR.

Nel caso di tassazione parziale del reddito estero sarà possibile – ove il testo convenzionale non preveda specifiche limitazioni – operare la detrazione delle imposte estere senza le limitazioni dell’art. 165, co. 10, del TUIR. Tra le Convenzioni che prevedono un’espressa limitazione all’ammontare del credito per le imposte estere si segnalano quelle stipulate dall’Italia con Barbados, Cipro, Corea del Sud, Filippine, Hong Kong, Malta, Mauritius, Monaco, Panama, Romania, Singapore e Taiwan.

[4] Nel caso di tassazione parziale del reddito estero sarà possibile – ove il testo convenzionale non preveda specifiche limitazioni – operare la detrazione delle imposte estere senza le limitazioni dell’art. 165, co. 10, del TUIR. Tra le Convenzioni che prevedono un’espressa limitazione all’ammontare del credito per le imposte estere si segnalano quelle stipulate dall’Italia con Barbados, Cipro, Corea del Sud, Filippine, Hong Kong, Malta, Mauritius, Monaco, Panama, Romania, Singapore e Taiwan.

[5] Si veda la nota precedente.

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