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Giurisprudenza

Limiti e requisiti di utilizzabilità delle criptovalute in sede di aumento di capitale

17 Dicembre 2018

Giovanna Fragalà, Trainee Lawyer presso Morri Rossetti e Associati

Corte d’Appello di Brescia, 24 ottobre 2018, n. 207 – Pres. Pianta, Rel. Magnoli

Di cosa si parla in questo articolo

Posto che, allo stato, non è dato conoscere un sistema di scambio per la criptovaluta che sia stabile ed agevolmente verificabile e non è possibile attribuirle una determinazione in valore effettiva e certa ne discende l’impossibilità di provvedere, mediante la stessa, ad un aumento di capitale.

Nel caso di specie, la Corte ha confermato il provvedimento del Tribunale di Brescia (cfr. contenuti correlati) che aveva respinto il ricorso contro il rifiuto di un notaio in merito all’iscrizione nel Registro delle Imprese della delibera di aumento di capitale di una S.r.l. mediante conferimento di criptovaluta. Il notaio, si era rifiutato di iscrivere la delibera in ragione del fatto che le criptovaluta in oggetto, attesa la sua volatilità, non consente una valutazione concreta del quantum destinato alla liberazione dell’aumento di capitale sottoscritto”.

La Corte ha altresì ritenuto fondate le valutazioni del Tribunale nella parte in cui lo stesso ha ritenuto che “la moneta virtuale è ancora in uno stato embrionale e non presenta i requisiti minimi per poter essere assimilata a un bene suscettibile in concreto di una valutazione economica attendibile”.

In tal senso, costituiscono requisiti fondamentali di qualunque bene oggetto di conferimento: l’idoneità ad essere oggetto di valutazione; l’esistenza di un mercato del bene; l’idoneità ad essere oggetto di forme di esecuzione forzata.

Il Collegio ha precisato come la criptovaluta debba essere assimilata, sul piano funzionale, al denaro, anche se, strutturalmente, presenta caratteristiche proprie dei beni mobili (dato che emerge dall’esigenza di utilizzo di credenziali di accesso, necessarie e utili, per l’utilizzo elettronico e commerciale). Essa serve, infatti, come l’euro, per fare acquisti, sia pure non universalmente ma in un mercato limitato, ed in tale ambito opera quale marcatore (cioè quale contropartita), in termini di valore di scambio, dei beni, servizi, o altre utilità ivi oggetto di contrattazione.

La criptovaluta è quindi da considerarsi, a tutti gli effetti, come moneta, e cioè quale mezzo di scambio nella contrattazione in un dato mercato, atto ad attribuire valore, quale contropartita di scambio, ai beni e servizi, o altre utilità, ivi negoziati. Ma non può essere considerata alla stregua di questi ultimi, che sono, come tali, suscettibili di acquisto con impiego del denaro, e perciò idonei ad essere economicamente oggetto di valutazione tecnica mediante perizia di stima. L’effettivo valore economico della criptovaluta non può invece determinarsi con la procedura di cui al combinato disposto dei due articoli 2264 e 2265 cc – riservata a beni, servizi ed altre utilità, diversi dal denaro – non essendo possibile attribuire valore di scambio ad un’entità essa stessa costituente elemento di scambio (contropartita) nella negoziazione.

Non è, d’altro canto, dato conoscere, allo stato, un sistema di cambio per la criptovaluta, che sia stabile ed agevolmente verificabile, come per le monete aventi corso legale in altri Stati e pertanto non è possibile assegnarle un controvalore certo in euro, essendo a tal fine precluso, il ricorso alla mediazione della perizia di stima.

Nel caso di specie non è stata operarata una netta distinzione tra denaro, moneta e sistema di pagamento, le criptovalute risultano, pertanto, come un tertius genus di beni inconferibili rispetto agli altri beni suscettibili di valutazione economica. In aggiunta, si evidenzia come manchi un mercato di riferimento, posto che nel caso di specie, la criptovaluta, in oggetto, non è presente in alcuna piattaforma di scambio (è ipotizzabile che in caso di bitcoin non sarebbe sorto alcun problema).

In conclusione, non potendosi assegnare alla criptovaluta un controvalore certo in euro e non essendoci i presupposti per una valutazione del quantum ai fini della deliberazione dell’aumento di capitale sottoscritto, ne discende che, allo stato, non è possibile effettuare un aumento di capitale mediante conferimento di criptovalute che non risponda ai requisiti sopra definiti.

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