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Giurisprudenza

Insinuazione al passivo per l’indennità sostitutiva di mancato preavviso

20 Dicembre 2022

Federica De Gottardo, Assegnista di ricerca in diritto commerciale presso l’Università di Trento, Avvocato

Cassazione Civile, Sez. L, 29 settembre 2022, n. 28403 – Pres. Esposito, Rel. Patti

Di cosa si parla in questo articolo

Mediante la sentenza de qua la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla possibilità per i lavoratori subordinati di chiedere l’ammissione al passivo dell’indennità sostitutiva di mancato preavviso nelle ipotesi in cui, dopo la dichiarazione di fallimento della società, il curatore si avvalga della facoltà di sciogliersi dal rapporto.

Nello specifico, il giudizio ha avuto ad oggetto il ricorso proposto da un gruppo di lavoratori avverso il decreto con cui il Tribunale di Vicenza ha rigettato l’opposizione allo stato passivo ex art. 98 l. fall., sul rilievo per cui la dichiarazione di fallimento della società datrice e il conseguente scioglimento del rapporto di lavoro dovuto all’impossibilità di prosecuzione dell’attività di impresa non sarebbero configurabili alla stregua di fatto volontario né illecito, dunque non sarebbero produttivi di alcun diritto risarcitorio ai sensi dell’art. 72 l. fall.

Sul punto, la Cassazione ha innanzitutto ricordato che “come tutti i rapporti che non siano cessati prima della dichiarazione di fallimento, anche il rapporto di lavoro ancora in corso a tale data, salvo che sia autorizzato l’esercizio provvisorio, entra in una fase di sospensione, sicché il lavoratore non ha diritto di insinuarsi al passivo per le retribuzioni spettanti nel periodo compreso tra l’apertura del fallimento e la data in cui il curatore abbia effettuato la dichiarazione prevista dall’art. 72, primo comma, ult. parte, l. fall., in quanto il diritto alla retribuzione non sorge in ragione dell’esistenza e del protrarsi del rapporto di lavoro ma presuppone, in conseguenza della natura sinallagmatica del contratto, la corrispettività delle prestazioni” (v. Cass. 30 maggio 2018, n.13693).

Con riguardo al diritto dei lavoratori di insinuarsi al passivo per l’indennità sostitutiva di mancato preavviso, la Suprema Corte ha preliminarmente richiamato la disciplina concorsuale e giuslavoristica sul tema, evidenziando che: (i) la dichiarazione di fallimento non integra una causa di risoluzione del rapporto, che non si risolve ex lege, ma entra in una fase di sospensione, giustificata dalla necessità di consentire che il curatore, a tutela della soddisfazione delle ragioni dei creditori, abbia tempo per valutare la convenienza della scelta tra il subentro nel rapporto ovvero lo scioglimento del medesimo; (ii) qualora il curatore opti per lo scioglimento, il rapporto, dunque, cessa per effetto non già della dichiarazione di fallimento ex se, bensì in presenza di un giustificato motivo oggettivo”, quale “la cessazione dell’attività di impresa, per effetto dell’esercizio di una facoltà comunque sottoposta al rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi”; (iii) la disciplina prevista dalla l. 223/1991 sui licenziamenti collettivi ha portata generale e obbligatoria, “anche nell’ipotesi in cui, nell’ambito di una procedura concorsuale, risulti impossibile la continuazione dell’attività aziendale”.

Sulla base di tale quadro normativo, la Cassazione ha concluso che se il rapporto di lavoro si scioglie per effetto della scelta della curatela fallimentare, “in assenza di un periodo di preavviso nel quale il lavoratore abbia potuto prestare la propria attività, egli matura, così come stabilito dall’art. 2118, secondo comma, c.c., il diritto alla relativa indennità sostitutiva”.

Ad avviso della Suprema Corte, infatti, in questi casi non si configura alcuna incompatibilità con l’esercizio della facoltà di scioglimento del curatore e con il divieto per il contraente di insinuare al passivo il risarcimento del danno sancito dall’art. 72, comma 4, l. fall., “posto che l’istituto del preavviso ha natura non già risarcitoria, ma indennitaria, in quanto finalizzato a porre rimedio alla mera eventualità del mancato rinvenimento di una nuova occupazione, nonché a tutelare la parte che subisce l’improvvisa interruzione del rapporto, attenuandone le conseguenze”.

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