La Corte di Giustizia, con sentenza resa il 19 settembre 2024 nelle cause riunite C-512/22 – 513/22 si è pronunciata in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, e, in particolare, sull’efficacia retroattiva (o meno) degli obblighi di notifica alle autorità competenti (stabiliti dal CRR e dalla CRD IV), in caso di acquisizione di partecipazioni qualificate di banche soggetti a vigilanza BCE.
Più nel dettaglio, la Corte ha annullato la decisione della BCE del 2016 che aveva negato l’acquisizione di una partecipazione qualificata in un noto istituto bancario italiano da parte di un socio, tramite una società holding (Fininvest) del quale era socio di maggioranza.
Tale società holding deteneva, sin dal 1996, quote sociali di una società finanziaria (Mediolanum), che, a sua volta, deteneva l’intero capitale sociale della banca (Banca Mediolanum).
In sintesi, secondo la Corte, la BCE non poteva legittimamente opporsi alla detenzione da parte del socio di una partecipazione qualificata nella banca: tale partecipazione qualificata era infatti stata acquisita dallo stesso molto prima del recepimento del CRR e della CRD IV, sulle quali la BCE si era basata.
Con riferimento al caso di specie, nel 2014 Banca d’Italia ordinava la cessione della partecipazione della società holding (Fininvest) nella società finanziaria (Mediolanum), in misura superiore al 9,99% e la sospensione immediata dei diritti di voto inerenti alle azioni corrispondenti.
L’adozione di tale misura era motivata dal fatto che il socio che deteneva la maggioranza nella holding (Berlusconi) era stato dichiarato colpevole di frode fiscale e, conseguentemente, non soddisfaceva più il requisito di onorabilità al quale è subordinata la detenzione di una tale partecipazione qualificata.
La decisione di Banca d’Italia era poi stata annullata dal Consiglio di Stato italiano il 3 marzo 2016 e nel frattempo, nel 2015, la società finanziaria Mediolanum era stata incorporata dalla sua società figlia Banca Mediolanum.
A seguito di tale assorbimento e della citata sentenza del Consiglio di Stato italiano, Banca d’Italia e BCE hanno ritenuto che il socio e la holding avessero acquisito una partecipazione qualificata nel capitale di Banca Mediolanum, ed hanno ritenuto applicabile la procedura di notifica di cui al CRR ed alla CRD IV.
Il Regolamento n. 575/2013 (CRR) e la Direttiva 2013/36/UE (CRD), prevedono in particolare che tale acquisizione debba essere preceduta da una notifica ed essere oggetto di una valutazione da parte dell’autorità nazionale competente, che trasmette successivamente alla BCE una proposta di decisione, affinché quest’ultima possa opporsi o meno all’acquisizione della partecipazione qualificata.
La BCE, interpellata quindi da Banca d’Italia, si opponeva all’acquisizione di una partecipazione qualificata del socio nella banca, sempre in quanto non soddisfaceva il requisito dell’onorabilità.
Il ricorso del socio e della holding per ottenere l’annullamento di tale decisione della BCE veniva quindi respinto dal Tribunale UE, ma la società e gli aventi causa del socio, nel frattempo deceduto, hanno poi impugnato tale sentenza innanzi la Corte di Giustizia.
La Corte ha concluso che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare che i ricorrenti hanno acquisito una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum nel 2016.
Tale errore deriva dal travisamento della portata della decisione della Banca d’Italia del 2014 che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, non ha avuto come conseguenza di ridurre la partecipazione della Fininvest nella Mediolanum, ma solo di sospendere i diritti di voto inerenti alle azioni soggette a un obbligo di cessione: tale cessione avrebbe dovuto aver luogo solo successivamente, entro un termine di 30 mesi.
Il giorno in cui il Consiglio di Stato italiano ha dichiarato l’annullamento della decisione di banca d’Italia, la partecipazione controversa era rimasta pertanto immutata, e la modifica della struttura che consentiva la detenzione di tale partecipazione, derivante dall’incorporazione della Mediolanum da parte della Banca Mediolanum, non modificava quest’analisi.
Conseguentemente, non si poteva ritenere che il socio avesse acquisito una partecipazione qualificata nel 2016, ovvero quando, in base alla vigenza del CRR e della CRD, sarebbe stata richiesta una notifica ed una valutazione da parte delle autorità competenti: il socio ha infatti soltanto conservato una partecipazione qualificata che era stata acquisita ben prima (nel 1996), a una data in cui le disposizioni di diritto dell’Unione applicate dalla BCE non erano ancora state recepite nell’ordinamento italiano.
Poiché tali disposizioni sono prive di efficacia retroattiva, la BCE non poteva legittimamente opporsi alla detenzione di una partecipazione qualificata nella banca da parte del socio, tramite la società holding.
Questo, testualmente, il ragionamento espresso dalla Corte e la sua conclusione:
Si deve rammentare che l’articolo 22 della direttiva CRD IV dispone che gli Stati membri prevedono che qualsiasi persona che abbia deciso di acquisire, direttamente o indirettamente, una partecipazione qualificata in un ente creditizio notifichi tale decisione prima dell’acquisizione per iscritto alle autorità competenti e che, conformemente all’articolo 23 della medesima direttiva, una siffatta acquisizione può essere consentita solo se detta persona soddisfa i criteri enunciati in quest’ultima disposizione.
Da quanto precede risulta, come rilevato dal Tribunale, in sostanza, al punto 98 della sentenza impugnata, che gli articoli 22 e 23 della direttiva CRD IV sono unicamente applicabili alle acquisizioni di partecipazioni qualificate successive alla data di entrata in vigore delle disposizioni che tali articoli impongono agli Stati membri di adottare, data che è fissata al più tardi al 31 dicembre 2013 dall’articolo 162 di tale direttiva.
Nel caso di specie, i ricorrenti sostengono, senza essere contraddetti, di aver acquisito nel 1996 una partecipazione in Banca Mediolanum pari al 30,16%, ossia una partecipazione qualificata ai sensi della direttiva CRD IV. Come emerge dai punti 71 e 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha inoltre riconosciuto che i ricorrenti continuavano a detenere una siffatta partecipazione alla data della decisione della Banca d’Italia del 7 ottobre 2014.
Orbene, da un lato, dal punto 102 della presente sentenza emerge che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, quest’ultima decisione non ha modificato il quantum della partecipazione dei ricorrenti in Banca Mediolanum.
Dall’altro lato, dai punti 108 e 110 della presente sentenza risulta che la modifica della struttura giuridica di tale partecipazione consecutiva all’incorporazione della Mediolanum da parte della Banca Mediolanum non ha avuto alcuna influenza sul possesso da parte dei ricorrenti di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum.
Ne consegue che i ricorrenti non hanno acquisito una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum dopo la data di entrata in vigore delle disposizioni che recepivano la direttiva CRD IV, ma che essi hanno soltanto conservato una siffatta partecipazione acquisita precedentemente.
Orbene, dal punto 117 della presente sentenza risulta che gli articoli 22 e 23 di tale direttiva, che sono privi di portata retroattiva, non sono applicabili alle partecipazioni qualificate acquisite prima di tale data. I ricorrenti sono quindi legittimati a sostenere che la BCE, nell’opporsi al possesso di una partecipazione qualificata dei ricorrenti in Banca Mediolanum, ha effettuato illegalmente un’applicazione retroattiva di tali articoli.
Di conseguenza, il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel dichiarare che la BCE non aveva effettuato un’applicazione retroattiva di tali articoli nell’opporsi, nella decisione controversa, al possesso di una partecipazione qualificata dei ricorrenti in Banca Mediolanum.