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Giurisprudenza

Sulla legittimità del licenziamento comunicato a mezzo WhatsApp

21 Maggio 2025

Tribunale di Napoli Nord, 16 aprile 2025, n. 1758 – Est. Colameo

Di cosa si parla in questo articolo

Il Tribunale di Napoli Nord, con pronuncia n. 1758 del 16 aprile 2025, si è pronunciato sulla legittimità del licenziamento per GMO (giustificato motivo oggettivo), intimato dal datore di lavoro, ad alcuni lavoratori, a mezzo messaggio WhatsApp, con il quale veniva unicamente trasmesso al dipendente medesimo il modello UniLav, recante la comunicazione della risoluzione del rapporto all’Ufficio del Lavoro.

Per il Tribunale, attesa, nel caso di specie, la mancata contestazione della ricezione del modello UniLav da parte dei lavoratori, risulta provata la sussistenza di un licenziamento per iscritto.

Il Tribunale ricorda infatti che l’onere di intimare il licenziamento in forma scritta, ex art. 2, c. 1, L. 604/1966, a pena di nullità dello stesso, può essere assolto tramite qualsiasi mezzo, anche informatico, che permetta al lavoratore di imputare con certezza la comunicazione al datore di lavoro.

Anche la giurisprudenza di legittimità, d’altro canto, aveva a più riprese affermato che il licenziamento individuale, ai fini della sua validità ed efficacia, deve essere comunicato in forma scritta, ma tale comunicazione può avvenire anche in modo indiretto, purché chiaro e idoneo a portare a conoscenza del lavoratore l’avvenuto licenziamento: ad esempio, è stato ritenuto idoneo allo scopo l’invio al lavoratore di copia della comunicazione datoriale del licenziamento inoltrata alla Sezione circoscrizionale del lavoro e della massima occupazione, mentre non sarebbe sufficiente tale comunicazione, qualora non venga inoltrata al lavoratore neppure per conoscenza.

In sostanza, la giurisprudenza è univoca nel ritenere che la comunicazione di risoluzione del rapporto inviata all’Ufficio del Lavoro può soddisfare il requisito della forma scritta, purché tale comunicazione venga altresì portata a conoscenza del lavoratore interessato.

Pertanto, alla luce dei richiamati principi di diritto, per il Tribunale la comunicazione del licenziamento, via WhatsApp, per ritenersi valida, deve contenere:

  • le generalità delle parti
  • gli estremi del rapporto di lavoro
  • la data del recesso
  • la motivazione del licenziamento.

Inoltre, affinché possa essere considerato valido il licenziamento comunicato tramite WhatsApp o altro strumento informatico, è necessario accertare:

  • la sussistenza della conferma della ricezione del messaggio e del licenziamento
  • che vi sia stata una risposta da parte del lavoratore o la persistenza di altri elementi (quali ad esempio l’impugnazione del licenziamento, con offerta della propria prestazione) che confermino la effettiva ricezione e conoscenza di tale atto di recesso.

Rileva il Tribunale che il modello “Unilav” allegato al messaggio WhatsApp indica sia i motivi del recesso (GMO), che la data del licenziamento, nonché naturalmente la generalità delle parti in rapporto e gli estremi del rapporto lavorativo: pertanto, il licenziamento intimato da parte datoriale ed impugnato dal lavoratore, non integra la violazione dell’obbligo della forma scritta.

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