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Note

Sul diritto degli eredi di richiedere la documentazione bancaria: l’orientamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario fra art. 119 TUB e art. 2-terdecies Codice privacy

23 Gennaio 2024

Fabrizio De Francesco, già membro del Collegio di Torino dell’ABF

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Lo scritto propone una sintetica ricostruzione dei casi trattati dall’Arbitro Bancario e Finanziario in tre decisioni del Collegio di Milano (n. 23 e n. 2363 del 2023) e del Collegio di Bari (n. 778 del 2023), con particolare riferimento all’applicabilità del diritto di ottenere copia della documentazione bancaria previsto dall’art. 119 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385) in favore del chiamato all’eredità e del legittimario pretermesso, oltre che sulle possibili interferenze fra tale norma e l’art. 2-terdecies del Codice Privacy (D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196).

ABSTRACT: The paper proposes a concise reconstruction of three cases examined by the Banking and Financial Ombudsman in 2023 (two by the territorial Panel of Milan – decisions nn. 23 and 2363 – and one by the Panel of Bari – decision n. 778), concerning the applicability of the right provided by article 119 of the Italian Banking Act (D.Lgs. 1/9/1993, n. 385) in favour of the subject who is entitled to inherit (but who has not yet accepted the inheritance) or in favour of the pretermitted heir. The paper examines also any possible interference with article 2-terdecies of the Italian Privacy Code (D.Lgs. 30/6/2003, n. 196)


1. Applicabilità dell’art. 119 TUB al chiamato all’eredità ed al legittimario pretermesso

Con tre decisioni del 2023 l’Arbitro Bancario e Finanziario torna sulla questione relativa alla legittimazione a richiedere copia della documentazione bancaria ai sensi del comma quarto dell’art. 119 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 – “TUB”), aggiungendo alcune riflessioni sull’art. 2-terdecies del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 – “Codice Privacy”) e sulle possibili linee di interferenza fra le due norme.

Iniziamo dall’esame dei casi concreti. In tutti e tre i casi, sia quello esaminato dal Collegio di Bari (decisione n. 778), sia quelli sottoposti al Collegio di Milano (decisioni nn. 23 e 2362), il ricorrente è un erede legittimario, pretermesso dal de cuius mediante attribuzione per testamento della qualità di erede universale ad altri soggetti. In particolare, in tutti e tre i casi si tratta di figli del de cuius: in quello presupposto alla decisione n. 23 del Collegio di Milano si tratta di una figlia adottiva, mentre in quello deciso con la pronuncia n. 2326 del Collegio di Milano si tratta di una figlia riconosciuta come tale con sentenza successiva al decesso del padre. Sono varianti che tuttavia non rilevano ai fini qui in esame. In tutti e tre i casi i figli pretermessi ricorrono all’Arbitro Bancario e Finanziario per ottenere dalla banca la copia della documentazione atta a ricostruire i rapporti facenti capo al defunto genitore e la consistenza dell’asse ereditario. In tutti e tre i casi, seppur con alcune minime varianti, la banca convenuta risulta aver risposto negativamente alla richiesta dei ricorrenti.

Comune a tutte le controversie esaminate dall’autorità di Alternative Dispute Resolution della Banca d’Italia[1] è una prima ragione addotta dall’intermediario per chiedere il rigetto del ricorso, incentrata su un’interpretazione restrittiva dell’art. 119 TUB. Ricordiamo che in forza del quarto comma di detto articolo «il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni»[2]. L’interpretazione restrittiva sostenuta dalle banche per negare la richiesta di accesso alla documentazione attiene all’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 119 TUB il quale, riferendosi al cliente o a chi «gli succede a qualunque titolo», sembrerebbe riferirsi letteralmente solo a chi abbia già acquisito la qualità di erede; ne deriverebbe secondo questa ipotesi l’esclusione di alcuni soggetti che tuttavia nella vicenda successoria assumono importanza rilevantissima, e cioè sia il chiamato all’eredità, sia l’erede legittimario pretermesso. Si tratta di due soggetti in posizione diversa a livello astratto ma molto simile avuto riguardo al concreto interesse a ricostruire la consistenza dell’asse ereditario. Per quanto riguarda il chiamato all’eredità è pacifico che l’acquisto della qualità di erede non avviene sino al momento dell’accettazione ai sensi dell’art. 459 c.c.[3], ma è altrettanto chiaro che egli ha un primario interesse a conoscere la composizione e la consistenza del patrimonio del de cuius, considerata, a tacer d’altro, la responsabilità che assume con l’accettazione in ordine a tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo al defunto: in questo senso conoscere la composizione del patrimonio relitto è essenziale per poter compiere scelte – anche delicatissime – quali quelle di rinunciare all’eredità (art. 519 c.c.) o di accettare col beneficio di inventario (artt. 470 e 484 e segg. c.c.)[4]. A ciò si aggiunga il potere del chiamato di compiere gli atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea previsti dall’art. 460 c.c., per i quali è evidentemente necessario avere contezza della consistenza del relictum. Analoghe considerazioni valgono per l’erede pretermesso, il quale, pur vantando una posizione di legittimario ai sensi degli artt. 536 e segg. c.c., per opinione pacifica non acquisisce la qualità di erede sino a quando non abbia vittoriosamente esperito l’azione di riduzione[5]. Anche in capo all’erede pretermesso sussiste infatti un evidente interesse a conoscere la composizione del patrimonio lasciato dal de cuius prima di decidere se agire in giudizio; lo stesso dicasi – come vedremo – per le valutazioni prodromiche alla scelta contemplata dall’art. 551 c.c.

Le tre decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario qui in commento accolgono un’interpretazione più ampia e favorevole ai ricorrenti, affermando il loro diritto ad accedere alla documentazione ai sensi dell’art. 119 TUB. Come si legge ad esempio nella pronuncia n. 23 del 3 gennaio 2023 del Collegio di Milano: «La previsione dell’art. 119, co. 4, TUB che attribuisce il diritto a ottenere copia della documentazione bancaria sia al cliente, sia a ‘colui che gli succede a qualunque titolo’, deve necessariamente essere intesa in senso ampio, secondo quanto chiarito anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 11554/2017), così da ricomprendere non solo l’erede, ma anche il chiamato all’eredità o comunque chi – come la parte ricorrente, figlia del de cuius, la quale nel caso di specie assume la posizione dell’erede legittimario pretermesso – possa dimostrare di vantare un’aspettativa qualificata a titolo ereditario». Ed «in effetti – continua la medesima pronuncia – per l’esercizio di tutta una serie di azioni, diritti e facoltà in capo al chiamato all’eredità, come per esempio la scelta se accettare, rifiutare o accettare con beneficio di inventario, nonché al fine di valutare e accertare la lesione della quota di riserva, è necessario poter accedere alla documentazione bancaria del defunto così da ricostruirne la situazione patrimoniale». Le pronunce n. 778 del 26 gennaio 2023 del Collegio di Bari e n. 2362 del 10 marzo 2023 del Collegio di Milano esprimono la stessa valutazione e si inseriscono in un filone interpretativo che, all’interno dell’Arbitro Bancario e Finanziario, può dirsi maggioritario e consolidato[6]. Tuttavia qualche ulteriore approfondimento merita comunque di essere svolto.

Le pronunce dell’Arbitro Bancario e Finanziario qui in esame si riportano, richiamandola esplicitamente, a Cass., 11 maggio 2017, n. 11554, la quale però – a ben vedere – non si occupava direttamente né della posizione del legittimario pretermesso, né di quella del semplice chiamato all’eredità, limitandosi a decidere sulla possibilità di esercitare il diritto riconosciuto dal quarto comma dell’art. 119 TUB nel corso del giudizio. Tale decisione del 2017, ancorché non perfettamente in termini, era tuttavia molto chiara nell’affermare l’importanza dell’art. 119 TUB, il quale «viene a porsi tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza riconosca ai soggetti che si trovino a intrattenere rapporti con gli intermediari bancari»; in questo senso, secondo tale decisione, la norma «dà vita a una facoltà che non è soggetta a restrizioni (diverse, naturalmente, da quelle previste nella stessa disposizione dell’art. 119) e con cui viene a confrontarsi un dovere di protezione in capo all’intermediario, per l’appunto consistente nel fornire degli idonei supporti documentali alla propria clientela, che questo supporto venga a richiedere e ad articolare in modo specifico»[7]. La portata applicativa dell’art. 119 TUB anche ai casi nei casi in cui l’istanza nel giudizio non sia stata preceduta da una richiesta “stragiudiziale” da parte del cliente ha formato oggetto di un certo contrasto giurisprudenziale, che tuttavia non influisce sui profili esaminati in questa sede[8]. Quel che invece appare rilevante è che, a prescindere dai meri aspetti applicativi, la giurisprudenza della Cassazione sia consolidata nel ritenere che l’art. 119 TUB preveda «la sussistenza di un vero e proprio diritto soggettivo del cliente alla produzione della documentazione»[9]. Si tratta in particolare di un diritto soggettivo sostanziale, posto a tutela di una situazione giuridica finale (e non strumentale)[10].

In effetti, a differenza di quanto avviene per l’Arbitro Bancario e Finanziario, nella giurisprudenza di merito e di legittimità non si rinvengono molti precedenti in termini, che esprimano la loro vera ratio decidendi sull’estensione del diritto sancito dall’art. 119 TUB anche a soggetti quali il chiamato all’eredità o l’erede legittimario pretermesso. Merita di essere citata una sentenza del Tribunale di Firenze, la n. 2385 del 30 agosto 2022[11], che sembra aver privilegiato un’interpretazione restrittiva ma che tuttavia va rettamente intesa. Il caso di specie riguardava infatti l’azione di riduzione promossa da un erede legittimario pretermesso il quale tra le altre cose, oltre ad invocare l’art. 119 TUB, chiedeva anche l’emissione di un ordine di esibizione nei confronti di due istituti di credito ai sensi dell’art. 210 c.p.c. al fine di ricostruire parte dell’asse ereditario. Leggendo attentamente la motivazione si evince che il Tribunale di Firenze costruisce un’argomentazione finalizzata ad accogliere l’istanza dell’erede pretermesso, attore in giudizio: ed infatti, risulta che le parti convenute avevano eccepito l’inammissibilità della richiesta di ordine di esibizione proprio sull’aspetto procedurale sopra richiamato, e cioè per il fatto che l’attore non aveva fatto precedere l’istanza in giudizio dalla richiesta stragiudiziale alle banche ai sensi dell’art. 119 TUB[12]. E’ in un simile contesto processuale che il giudice fiorentino richiama l’orientamento – come abbiamo visto del tutto pacifico[13] – a mente del quale il legittimario pretermesso acquisisce la qualità di erede solo a seguito di positivo esercizio dell’azione di riduzione[14]. Tale richiamo porta dunque il Tribunale di Firenze a concludere, da un lato, che «siccome l’attore non era erede del de cuius, egli non avrebbe nemmeno potuto esercitare il diritto riconosciuto agli eredi dall’art. 119 TUB» ma, dall’altro lato, a trarre come conseguenza che «risulta pienamente ammissibile l’istanza d’esibizione e legittimo l’ordine d’esibizione ex art. 210 c.p.c. avente ad oggetto i rapporti bancari del de cuius» (ed in effetti tale ordine risulta esser stato concesso nel corso del processo)[15]. Così correttamente intesa, la decisione del Tribunale di Firenze pare difficilmente utilizzabile al di fuori dell’esigenza perseguita nel caso concreto che era – lo ripetiamo – quella di affermare il diritto dell’attore ad ottenere l’ordine di esibizione alle banche ai sensi dell’art. 210 c.p.c., senza vedersi pregiudicato dal non aver correttamente posto in essere tutti gli atti prodromici richiesti dall’art. 119 TUB. Nel richiamare alcuni precedenti di legittimità, la stessa decisione fiorentina pare peraltro distinguere la posizione del legittimario pretermesso da quella del chiamato all’eredità, lasciando intendere che quest’ultimo sarebbe invece titolato a richiedere la documentazione.

Proprio quest’ultimo punto induce a svolgere ulteriori considerazioni, argomentando in maniera differente a seconda delle specifiche posizioni. Per quanto riguarda il chiamato all’eredità che non abbia ancora accettato, la legittimazione a richiedere copia della documentazione bancaria ai sensi dell’art. 119 TUB indiscutibilmente sussiste – già solo e quantomeno – per effetto dell’art. 460 c.c., comma II, il quale gli attribuisce i poteri di compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea[16]. Tale conclusione è avallata dalla stessa giurisprudenza di legittimità citata dal Tribunale di Firenze nella parte in cui – per escludere la titolarità in capo al legittimario pretermesso – precisa che, non essendo questo neanche chiamato all’eredità, «si deve nello stesso tempo escludere che egli possa avanzare la richiesta nella qualità di amministratore ai sensi dell’art. 460 c.c.», poiché, anche se al possesso dei beni ereditari, lo stesso «non ha infatti i poteri che la norma riconosce al chiamato in quanto tale»[17]. Da qui un’evidente, indiretta conferma del fatto che invece il chiamato all’eredità può esercitare il diritto riconosciuto dall’art. 119 TUB in forza dei poteri conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea riconosciutigli dall’art. 460 c.c. Ed in effetti è evidente che siffatte finalità conservative e cautelari – generalmente ravvisate dalla giurisprudenza nell’esigenza di mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell’apertura della successione[18] – certamente ricorrono in relazione alla documentazione bancaria, la cui importanza è in molti casi fondamentale al fine di poter conoscere la consistenza e la composizione del patrimonio ereditario; una conoscenza senza la quale, a ben vedere, la possibilità di compiere atti conservativi, di vigilanza e di temporanea amministrazione verrebbe preclusa in partenza (si pensi ad esempio alla necessità di sapere se sul conto corrente del de cuius siano canalizzati pagamenti di debiti, il cui inadempimento possa comportare conseguenze di particolare gravità a carico del patrimonio ereditario, oppure se nel portafoglio del de cuius siano presenti strumenti finanziari ad alto rischio e ad alta volatilità). In definitiva, si osserva in dottrina, «si voglia ricondurre la raccolta di informazioni direttamente al potere di vigilanza o ritenerla presupposto implicito dell’attività conservativa, comunque si arriva alla conclusione che un diritto di informazione spetti al chiamato come tale. Ancora, e a maggior ragione, un simile esito sembra valere in relazione alla previsione dei poteri di amministrazione temporanea che il secondo comma dell’art. 460 c.c. assegna al chiamato al fine precipuo di conservare l’integrità economica dell’asse»[19]. Si aggiunga inoltre – ad ulteriore conferma – che lo stesso quarto comma dell’art. 119 TUB riconosce il diritto ad ottenere copia della documentazione non solo a colui che succede a qualunque titolo al cliente, ma anche a «colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni», come certamente avviene, seppur temporaneamente, nel caso del chiamato all’eredità[20].

Ciò detto, se è chiaro che la legittimazione a richiedere copia dei documenti bancari sussiste pacificamente in capo al chiamato all’eredità – già solo e quantomeno – in forza dei poteri attribuitigli dall’art. 460 c.c., è altrettanto chiaro che l’interpretazione sostenuta dall’Arbitro Bancario e Finanziario ha una portata ben più ampia ed incide sullo stesso perimetro applicativo dell’art. 119 TUB. L’autorevole organismo di Alternative Dispute Resolution della Banca d’Italia osserva opportunamente che il quarto comma dell’art. 119 TUB non si riferisce in senso stretto solo all’erede del cliente ma, con formulazione più generica, a «colui che gli succede a qualunque titolo», utilizzando cioè una formulazione che può (e deve) «necessariamente essere intesa in senso ampio»[21]. Le decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario riconoscono pertanto che il riferimento testuale a chi succede «a qualunque titolo» al cliente ricomprende non solo l’erede in senso tecnico, ma anche il chiamato all’eredità (il quale, come si è visto, sarebbe comunque legittimato anche ai sensi dell’art. 460 c.c.) o comunque «chi possa dimostrare di vantare un’aspettativa qualificata a titolo ereditario», con ciò ricomprendendo anche il legittimario pretermesso. Il dato letterale che consente l’interpretazione estensiva del quarto comma dell’art. 119 TUB è colto da molti precedenti dell’Arbitro Bancario e Finanziario; secondo il Collegio di Roma ad esempio, il presupposto di un simile orientamento «si rinviene nella possibilità di considerare il legittimario pretermesso quale ‘successore a qualunque titolo’ ai sensi dell’art. 119 TUB, anche prima di avere vittoriosamente esperito l’azione di riduzione (e prima dunque dell’accertamento della qualifica di erede)»[22]. La soluzione dell’Arbitro Bancario e Finanziario pare, ad avviso di chi scrive, la più corretta in quanto – suffragata da una formulazione letterale della norma che lo consente – realizza una tutela sostanziale in favore di soggetti che hanno un oggettivo interesse a conoscere la consistenza patrimoniale dell’asse ereditario, così da poter compiere in modo informato e consapevole le delicate scelte che il diritto successorio richiede in capo agli stessi, come opportunamente notato dal Collegio di Milano nella decisione n. 23 del 3 gennaio 2023[23], senza peraltro un pregiudizio immediato e diretto per gli altri eventuali soggetti coinvolti. Un chiaro appiglio normativo in tal senso, colto dall’organismo arbitrale, è fornito dal già richiamato art. 551 c.c. il quale riconosce al legittimario cui sia stato attribuito un legato in sostituzione della legittima il diritto di rinunziare al legato e chiedere la legittima, presupponendo pertanto che il soggetto sia messo nelle condizioni di conoscere la consistenza del relictum lasciato dal de cuius, «poiché altrimenti non sarebbe in grado di poter quantificare la legittima di sua spettanza»[24].

Quanto sin qui osservato consente di concludere ritenendo che l’art. 119 TUB riconosce un diritto soggettivo alla consegna della documentazione bancaria in capo al cliente ovvero a colui che gli succede a qualunque titolo, dovendosi ricomprendere fra tali soggetti chiunque possa vantare un’aspettativa qualificata a titolo ereditario, compresi tanto il chiamato all’eredità che non abbia ancora accettato, quanto il legittimario pretermesso che non abbia ancora esperito l’azione di riduzione. Dal punto di vista pratico va ricordato, per completezza d’analisi, che, sulla base degli orientamenti più attuali, nel novero della «documentazione inerente a singole operazioni» la giurisprudenza ritiene compresi anche gli estratti conto[25]. Quanto all’estensione temporale si afferma che l’obbligo di consegna sancito dal comma quarto dell’art. 119 TUB «copre solo le operazioni degli ultimi dieci anni, operando, al di fuori di questo limite, il generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei propri diritti, gravante in modo indifferenziato su tutte le parti»[26]. Con specifico riferimento alle richieste dei successori, a qualunque titolo, del cliente, le tre decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario qui in commento fanno decorrere a ritroso tale termine decennale non già dalla data del decesso di quest’ultimo ma da quella della richiesta avanzata dai suoi successori[27]. Resta infine tuttora discusso se nell’alveo applicativo dell’art. 119 TUB – con le relative restrizioni temporali – rientri anche il contratto da cui il rapporto bancario è sorto o se questo, invece, sia un documento la cui consegna è sempre dovuta al cliente ai sensi del diverso art. 117 TUB o comunque dei principi generali di trasparenza, correttezza e buona fede[28].

2. Possibili interferenze con l’art. 2-terdecies Cod. Privacy

Le tre decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario qui in commento si arricchiscono tuttavia di un’ulteriore questione riguardante l’interpretazione e la portata applicativa dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy. Con tale norma – introdotta in sede di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento generale europeo sulla protezione dei dati (noto come General Data Protection Regulation – “GDPR”)[29] – il nostro ordinamento ha inteso regolare i diritti sui dati personali delle persone decedute, cui, in mancanza di una scelta espressa da parte del legislatore nazionale, il GDPR non si applicherebbe[30]. Una disposizione in tal senso era già contemplata dal previgente art. 9, comma 3, del Codice Privacy[31], ma la nuova norma ne ha ampliato notevolmente la portata e la disciplina. In particolare, il primo comma dell’art. 2-terdecies stabilisce che i diritti previsti agli artt. da 15 a 22 del GDPR riferiti a persone decedute «possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione». Si tratta in particolare dei fondamentali diritti all’accesso (art. 15), alla rettifica (art. 16), alla cancellazione ed all’oblio (art. 17), alla limitazione del trattamento (art. 18), all’obbligo di notifica in caso di rettifica o cancellazione dei dati personali o limitazione del trattamento (art. 19), alla portabilità dei dati (art. 20), all’opposizione (art. 21), oltre a quelli relativi al processo decisionale automatizzato riguardante le persone fisiche, compresa la profilazione (art. 22)[32].

L’art. 2-terdecies Cod. Privacy ha già avuto alcune prime rilevantissime applicazioni giurisprudenziali in casi riguardanti il diritto di accesso agli account digitali di persone defunte[33] o, in tutt’altro ambito, a sostegno del diritto di accesso alla documentazione amministrativa (ad esempio in campo sanitario per la richiesta delle cartelle cliniche)[34]. E’ interessante tuttavia come la questione si ponga nei casi bancari decisi dalle tre pronunce dell’Arbitro Bancario e Finanziario qui in esame, in cui la portata applicativa dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy si intreccia con quella dell’art. 119 TUB.

Va dunque compreso esattamente in che modo il tema era posto, nei tre procedimenti davanti all’arbitro di Banca d’Italia, dagli istituti di credito resistenti. A questo proposito deve pertanto rilevarsi, per prima cosa, che il diritto riconosciuto dall’art. 119 TUB al cliente o a chi gli succede a qualsiasi titolo (e cioè compresi chiamato all’eredità e legittimario pretermesso nel senso sopra esaminato) non subisce limitazioni per effetto delle disposizioni sulla tutela dei dati personali. La documentazione bancaria consegnata ai sensi dell’art. 119 TUB non può essere alterata o manipolata e non deve contenere omissioni; ciò significa, concretamente, che la banca non può omettere alcuni documenti oppure alterarne altri (ad esempio cancellando alcune righe dell’estratto conto nelle quali risultino riferimenti a terzi, quali l’esecutore di un versamento in entrata o il destinatario di un pagamento in uscita). Al contrario – almeno secondo una certa interpretazione che tuttavia, come vedremo, appare almeno parzialmente discutibile – l’art. 2-terdecies Cod. Privacy è norma che riguarda la tutela dei dati personali e dunque presuppone un bilanciamento con i diritti degli altri soggetti coinvolti. Quest’ultimo è l’indirizzo seguito dal Garante per la protezione dei dati personali con le risalenti Linee guida per trattamenti dati relativi al rapporto banca-clientela del 25 ottobre 2007[35]. Le linee guida del Garante del 2007 si riferivano al vecchio art. 7 Cod. Privacy (oggi abrogato)[36] e stabilivano che il diritto di accedere ai dati personali ivi previsto dovesse essere tenuto distinto dal diritto di accesso alla documentazione bancaria previsto dall’art. 119 TUB, osservando che quest’ultimo riconosceva al cliente o a colui che gli succede a qualunque titolo (o a chi subentra nell’amministrazione dei suoi beni) il diritto di ottenere copia di atti o documenti bancari «sia che essi contengano dati personali relativi all’interessato, sia nel caso in cui ciò non accada» e che tale diritto «non prevede limitazioni rispetto all’ostensibilità delle informazioni contenute nella documentazione richiesta (ivi compresi dati personali relativi a terzi che dovessero esservi contenuti), neanche nelle forme di un parziale oscuramento delle informazioni stesse» (art. 5.2). Con particolare riferimento all’accesso ai dati dei defunti, l’art. 2.3 delle linee guida stabiliva che ai sensi dell’allora art. 9 Cod. Privacy l’istituto di credito fosse tenuto a comunicare in modo chiaro e comprensibile a chi avesse un interesse proprio, o a chi agisse a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione «informazioni riguardanti la consistenza patrimoniale del defunto, le movimentazioni bancarie, i saldi riferiti ai depositi ‘al portatore’, anche se estinti da terzi successivamente al decesso, nonché la data in cui è stata disposta l’estinzione del conto o il trasferimento del saldo ad altro conto», precisando tuttavia che non potevano formare oggetto di comunicazione informazioni che fossero dati personali riferibili non all’interessato, ma a terzi[37].

Facendo leva su queste differenze di disciplina, pertanto, nei procedimenti che hanno dato corso alle decisioni del 2023 dal Collegio di Bari (decisione n. 778) e del Collegio di Milano (decisioni nn. 23 e 2362), l’intermediario, oltre a sostenere l’inapplicabilità dell’art. 119 TUB al legittimario pretermesso, si difendeva anche invocando la diversa disciplina dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy e ritenendo, quindi, di essere tenuto a comunicare la sola, mera esistenza di rapporti bancari intestati al de cuius oppure, a tutto concedere, a consegnare estratti conto con l’oscuramento dei beneficiari o degli esecutori delle operazioni. Una simile tesi non pare tuttavia condivisibile per due ordini di ragioni.

In primo luogo, le Linee guida per trattamenti dati relativi al rapporto banca-clientela del 2007 si riferivano al previgente art. 9 Cod. Privacy ma, oggi, non si correlano adeguatamente all’attuale formulazione dell’art. 2-terdecies, il quale, esplicitamente, non limita in alcun modo l’esercizio del diritto previsto dall’art. 119 TUB. Da un lato, infatti, al primo comma la norma è chiara nel dire che i diritti riferiti ai dati personali concernenti persone decedute che possono essere esercitati dai soggetti ivi indicati sono quelli di cui agli articoli da 15 a 22 del GDPR, dall’altro lato il secondo comma consente all’interessato di vietare l’esercizio post mortem dei suddetti diritti, con specifici prescrizioni in tema di forma e di revocabilità[38], ma è specificato chiaramente che tale divieto «non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi» (comma 5): è chiaro dunque che l’art. 2-terdecies Cod. Privacy non pregiudica la vicenda successoria[39]. L’art. 119 TUB, qualora ne ricorrano i presupposti soggettivi, resta pertanto la norma di riferimento applicabile a chi succeda a qualunque titolo al cliente della banca. La pronuncia n. 778 del 26 gennaio 2023 del Collegio di Bari motiva bene tale conclusione, osservando che «riconoscere il diritto ai sensi del quarto comma dell’art.119 TUB implica che l’intermediario debba provvedere alla consegna della documentazione bancaria richiesta dal ricorrente senza apportarvi omissioni», giacché per un verso la norma in questione non pone al riguardo alcuna limitazione, per altro verso il diritto sancito dall’art. 119 TUB neppure confligge con la disciplina in materia di privacy, posto che l’art. 2-terdecies, comma V, «stabilisce che ‘in ogni caso il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi’»[40]. Correttamente, dunque, le decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario qui in esame accertano e dichiarano il diritto del ricorrente ad ottenere la documentazione bancaria senza l’oscuramento dei dati dei terzi.

In secondo luogo, va ad ogni modo rilevato che le norme sull’accesso dei dati personali delle persone decedute – l’art. art. 9 Cod. Privacy prima e l’art. 2-terdecies oggi – sono comunque e di fatto applicate anche dalla giurisprudenza restrittiva sull’estensione soggettiva dell’art. 119 TUB[41] e quindi consentono un accesso, seppur parziale, alle informazioni bancarie ed un loro recupero da parte dei soggetti interessati[42]. A questo punto tuttavia, e più in generale, è opportuno chiedersi se non siano le stesse Linee guida per trattamenti dati relativi al rapporto banca-clientela del Garante per la protezione dei dati personali del 25 ottobre 2007 ad apparire ormai inadeguate rispetto al diritto vivente. Si è già rilevato che, risalendo al 2007, le stesse non sono in linea col nuovo art. 2-terdecies Cod. Privacy il quale, rispetto al “vecchio” art. 9, ha notevolmente ampliato la disciplina (ad esempio introducendo la precisazione di cui al comma 5 sulla quale ci siamo appena soffermati). Inoltre, l’interpretazione contenuta nelle linee guida del 2007 non appare più in linea nemmeno con quella prevalente in materia di privacy e di tutela dei dati personali; in particolare, proprio sull’applicazione dell’odierno art. 15 del GDPR sì è pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza del 4 maggio 2023 (causa C-487/21), la quale – partendo dai profili pratici disciplinati dal paragrafo 3 della norma[43] – ha affermato che: «Il diritto di ottenere dal titolare del trattamento una copia dei dati personali oggetto di trattamento implica che sia consegnata all’interessato una riproduzione fedele e intelligibile dell’insieme di tali dati», ulteriormente precisando che «detto diritto presuppone quello di ottenere copia di estratti di documenti o addirittura di documenti interi o, ancora, di estratti di banche dati contenenti, tra l’altro, tali dati, se la fornitura di una siffatta copia è indispensabile per consentire all’interessato di esercitare effettivamente i diritti conferitigli da tale regolamento, fermo restando che occorre tener conto, al riguardo, dei diritti e delle libertà altrui». Appare dunque necessaria ed opportuna una revisione delle linee guida del Garante per la protezione dei dati personali del 2007 in linea con l’intervenuta evoluzione normativa ed interpretativa che mal tollera adempimenti all’obbligo di comunicazione dei dati mediante omissioni, cancellazioni o alterazioni, pur lasciando aperto il tema del bilanciamento con i diritti di terzi. Quel che è certo, comunque, è che le linee guida del 2007 appaiono scarsamente idonee a fondare un’interpretazione corretta ed attuale delle norme in esame.

3. Segue: residui ambiti di applicabilità dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy

In forza di quanto appena detto l’art. 119 TUB resta pertanto la principale disposizione applicabile per le richieste di documentazione bancaria da parte del cliente, di chi gli succede a qualunque titolo (compresi dunque chiamato all’eredità e legittimario pretermesso) ovvero di chi abbia l’amministrazione dei suoi beni. V’è infine da chiedersi se residui un ambito di applicazione dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy per i soggetti contemplati da quest’ultima norma che non coincidano con quelli legittimati ai sensi della prima.

E’ chiaro infatti che sul piano soggettivo l’art. 2-terdecies Cod. Privacy ha una portata molto più estesa, giustificata dall’altrettanto ampio ambito oggettivo di applicazione. La norma si applica a tutti i trattamenti di dati personali (e quindi non certo solo a quelli in ambito bancario) e annovera tra i soggetti legittimati ad esercitare i diritti previsti agli artt. da 15 a 22 del GDPR chi ha un interesse proprio, ovvero chi agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione[44]. Si tratta di soggetti che non coincidono necessariamente con i successori iure hereditario (come appare in modo evidente per la figura del mandatario, il quale può essere del tutto estraneo alla cerchia famigliare)[45]. Lo stesso art. 2-terdecies peraltro non scioglie il dubbio sulla natura del “subentro” nell’esercizio dei diritti aventi ad oggetto i dati personali del defunto. La norma non chiarisce in particolare se si tratti di diritti che si acquistano iure successionis, per derivazione da quelli già sorti in capo al de cuius, oppure se legittimi i soggetti ivi indicati ad agire iure proprio[46]. Né la giurisprudenza risulta ad oggi aver affrontato il problema; le citate decisioni dei Tribunali di Milano, Bologna e Roma[47] concordano nel ritenere che, con l’art. 2-terdecies, il legislatore «non prende posizione sulla vicenda acquisitiva»[48] e «non chiarisce se si tratti di una acquisto mortis causa o di una legittimazione iure proprio, limitandosi a prevedere quello che la più attenta dottrina ha qualificato in termini di ‘persistenza’ dei diritti oltre la vita della persona fisica»[49]. Una persistenza che, secondo il Tribunale di Milano, «assume rilievo preminente a livello dei rimedi esperibili»[50].

Senza entrare in un dibattito che esulerebbe dai fini del presente lavoro, va comunque riconosciuto che non può astrattamente escludersi l’esistenza di soggetti diversi dai successori mortis causa che siano tuttavia legittimati ad esercitare nei confronti della banca i diritti previsti agli articoli da 15 a 22 del GDPR (gravati dell’onere di provare la legittimazione, caso per caso, ai sensi dell’art. 2697 c.c.). In questo caso siamo evidentemente al di fuori del perimetro applicativo dell’art. 119 TUB, anche nella sua interpretazione più ampia, sicché la richiesta ai sensi dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy dovrà rispettare i requisiti previsti per le norme sulla tutela dei dati personali, nel senso indicato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la citata sentenza del 4 maggio 2023 la quale prescrive che si debba «tener conto, al riguardo, dei diritti e delle libertà altrui». Anche per questo motivo appare dunque quanto mai necessaria ed urgente una revisione delle linee guida del Garante per la protezione dei dati personali del 2007, auspicabilmente prima che la questione venga regolata nella sola sede giurisdizionale.

 

[1] Vedi N.Soldati, La terza riforma dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), in Contr. impresa, 2020, pp. 1541 ss.; G.L.Carriero, ABF e principali ADR in materia finanziaria: profili comparatistici, in Contr. impresa, 2018, pp. 35 ss.; F.Auletta, …il sole e l’altre stelle: è la giurisdizione quella del ‘sistema’ dell’ABF?, in Banca, borsa, tit. cred., 2018, pp. 794 ss.; G.Liace, L’arbitro bancario finanziario, Torino, 2018; R.Rossi Carleo, L’arbitro bancario-finanziario: anomalia felice o modello da replicare?, in Riv. arbitrato, 2017, p. 21 ss.; M.Stella, Lineamenti degli Arbitri Bancari e Finanziari (in Italia e in Europa), Padova, 2016; E.Lucchini Guastalla, Arbitro bancario finanziario, in Encicl. dir. Annali, vol. VIII, Milano, 2015, p. 35 ss.; E.Minervini, L’arbitro bancario finanziario. Una nuova “forma” di Adr, Napoli, 2014; Id., Gli strumenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia bancaria e finanziaria, in I contratti bancari, a cura di E.Capobianco, Milano, 2021, pp. 934 ss.; G.Guizzi, L’Arbitro Bancario Finanziario nell’ambito dei sistemi di ADR: brevi note intorno al valore delle decisioni dell’ABF, in Società, 2011, pp. 1216 ss.

[2] Il comma si conclude precisando che «al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione». Sull’art. 119 TUB, per un primo generale orientamento si rinvia a: A.Urbani, Art. 119, in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di F.Capriglione, Padova, 2018, vol. III, pp. 1901 ss.; G.Liace, Art. 119, in Commentario breve al testo unico bancario, a cura di R.Costi, F.Vella, Padova, 2019, pp. 739 ss.; M.Porzio, Art. 119, in Testo Unico Bancario, a cura di M.Porzio, F.Belli, G.Losappio, M.Rispoli Farina, V.Santoro, Milano, 2010, pp. 999 ss.; M.De Poli, Art. 119, in Commentario breve a diritto dei consumatori, a cura di G.De Cristofaro, A.Zaccaria, Padova, 2013, pp. 1651 ss.; M.Presutti, Art. 119, in Codice del consumo e norme collegate, a cura di V.Cuffaro, Milano, 2019, pp. 1595 ss.; A.Dolmetta, Trasparenza di prodotti bancari, Regole, Bologna, 2013, pp. 104 ss.; G.Mucciarone, Trasparenza bancaria, in Trattato dei contratti, a cura di V.Roppo, Milano, 2014, Vol. V, pp. 663 ss.; ; E.Caterini-G.Murgolo, La trasparenza bancaria, in I contratti bancari, cit., pp. 141 ss.

[3] Orientamento pacifico. Solo fra le più recenti si segnalano: Cass., 29 aprile 2022, n. 13550; Cass., 22 marzo 2022, n. 9186; Cass., 28 ottobre 2020, n. 23737; Cass., 17 luglio 2018, n. 19030. In dottrina: G.Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Milano, 2020, p. 99; C.Romeo, L’accettazione dell’eredità, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, dir. da G.Bonilini, Milano, 2009, Vol. I, pp. 1199 ss.; G.Capozzi, Successioni e donazioni, a cura di C.Ferrentino-A.Ferrucci, Milano, 2015, Vol. I, pp. 101 ss. e pp. 229 ss.; P.Giuliano, L’accettazione dell’eredità, in P.Fava (a cura di), Successioni e donazioni, Milano, 2017, pp. 300 ss.; G.Saporito, L’accettazione dell’eredità, in Tratt. breve delle successioni e donazioni, diretto da P.Rescigno, Padova, 2010, Vol. I, pp. 17 ss.

[4] Lo rileva bene M.Girolami, Chiamato all’eredità e accesso alle operazioni bancarie del de cuius, in www.dirittobancario.it, 2015, pp. 2-3.

[5] Anche in questo caso l’orientamento è pacifico. Tra le tante: Cass., 23 luglio 2020, n. 15688; Cass., 7 febbraio 2020, n. 2914; Cass., 19 novembre 2019, n. 30079; Cass., 26 ottobre 2017, n. 25441; Cass., 20 novembre 2008, n. 27556; Cass., 7 ottobre 2005, n. 19527. In dottrina: G.Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., p. 199; A.Tullio, L’azione di riduzione. L’imputazione ex se, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, dir. da G.Bonilini, cit., Vol. III, pp. 533 ss.; G.Capozzi, Successioni e donazioni, cit., Vol. I, pp. 398 ss.; Y.Pancrazi, La tutela dei legittimari, in P.Fava (a cura di), Successioni e donazioni, cit., pp. 2024 ss.; G.Saporito, L’accettazione dell’eredità, in Tratt. breve delle successioni e donazioni, diretto da P.Rescigno, cit., Vol. I, pp. 17 ss.

[6] A partire già dalla decisione del Collegio di Coordinamento n. 15404 del 22 giugno 2021. Si esprimono nello stesso senso le decisioni del Collegio di Roma n. 15096 del 23 novembre 2022, del Collegio di Palermo n. 8646 del 3 giugno 2022, del Collegio di Torino n. 7066 del 5 maggio 2022, del Collegio di Bari n. 7015 del 15 marzo 2021, del Collegio di Milano n. 1966 del 7 febbraio 2020 e n. 14183 del 13 agosto 2020, del Collegio di Roma n. 6333 del 6 aprile 2020, del Collegio di Torino n. 14478 del 13 novembre 2017 e del Collegio di Milano n. 9794 del 3 novembre 2016 (tutte leggibili in www.arbitrobancariofinanziario.it). Contra Collegio di Milano, decisione n. 25531 del 28 novembre 2019 (ibidem), che tuttavia è precedente a quella del Collegio di Coordinamento del 2021 citata nel testo.

[7] Così Cass., 11 maggio 2017, n. 11554, che ulteriormente precisa trattarsi di «un dovere di protezione idoneo a durare, d’altro canto, pure oltre l’intera durata del rapporto, nel limite dei dieci anni a seguire dal compimento delle operazioni interessate».

[8] L’orientamento al momento prevalente ritiene che il diritto di ottenere copia della documentazione bancaria ai sensi dell’art. 119 TUB può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c. «a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca e quest’ultima, senza giustificazione, non abbia ottemperato» (Cass., 7 agosto 2023, n. 24032; conformi: Cass., 1° agosto 2022, n. 23861; Cass., 13 settembre 2021, n. 24641; Cass., 13 settembre 2021, n. 24641). Contra, non ritengono necessaria la preventiva richiesta: Cass., 10 novembre 2020, n. 25158; Cass., 30 ottobre 2020, n. 24181; Cass., 11 marzo 2020, n. 6975; Cass., 4 dicembre 2019, n. 31650; Cass., 8 febbraio 2019, n. 3875; Cass., 28 maggio 2018, n. 13277.

[9] Cass., 29 novembre 2022, n. 35039; conformi Cass., 13 settembre 2021, n. 24641, cit.; Cass., 8 febbraio 2019, n. 3875, cit.; l’affermazione risale a Cass., 19 ottobre 1999, n. 11733.

[10] Ne consegue pertanto che «per il suo riconoscimento non assume rilievo l’utilizzazione che il cliente intenda fare della documentazione stessa», sicché «per il cliente non è necessario ‘titolare’ la richiesta, e cioè addurre una giustificazione a corredo della sua richiesta di ottenere copia della documentazione: il cliente può essere mosso anche da finalità esplorative» (E.Minervini, Note sull’art. 119 t.u.b., in Dir. banca e merc. fin., 2020, pp. 177-178; vedi anche M.Porzio, Art. 119, cit., p. 1002; M.De Poli, Art. 119, cit., p. 1656; M.Presutti, Art. 119, cit., p. 1599). In giurisprudenza: App. Roma, 23 maggio 2023, n. 3717, in onelegale.wolterskluwer.it; Cass., 8 febbraio 2019, n. 3875, cit.; Trib. Monza, 5 marzo 2015, n. 765, in onelegale.wolterskluwer.it; Cass., 13 luglio 2007, n. 15669; Cass., 12 maggio 2006, n. 11004.

[11] Pubblicata al link: https://apps.dirittopratico.it/sentenza/tribunale/firenze/2022/2385.html (consultato il 2 novembre 2023). Vedi anche Trib. Pordenone, 14 maggio 2018, n. 384, in onelegale.wolterskluwer.it.

[12] Nella motivazione questo aspetto emerge chiaramente: «Le convenute hanno preliminarmente rilevato l’inammissibilità delle istanze d’ordine d’esibizione avanzate da parte attrice in quanto l’attore avrebbe dovuto esercitare prima il proprio diritto ex art. 119 T.U.B. e solo dopo, in caso di diniego o mancata risposta da parte della [banca] avanzare istanza ex art. 210 c.p.c.».

[13] Vedi supra, nota 3.

[14] Questo il passaggio rilevante della motivazione, in cui il giudice fiorentino richiama Cass., 23 luglio 2020, n. 15688, e Cass., 26 ottobre 2017, n. 25441 e Cass., 7 ottobre 2005, n. 19527, citt.: «Al riguardo, occorre osservare che l’odierno attore, pur essendo legittimario del de cuius in base all’art. 536 c.c., non tecnicamente chiamato all’eredità erede del de cuius in quanto col testamento pubblico del 2009 aveva nominato unica erede universale la nipote (cfr. doc. 3 di parte convenuta). Sul punto la Suprema Corte (Cass. civ. Sez. 6^ – 2, Ord., 23-07-2020, n. 15688) ha articolato la seguente argomentazione che si ritiene, in questa sede, di condividere: “al legittimario la legge riconosce una quota di eredità riservata, ma tale riconoscimento non lo rende erede ex lege. In presenza di un testamento con il quale il de cuius dispone dell’intera eredità in favore di altri, il legittimario non è erede e neanche chiamato: egli diviene erede solo a seguito di positivo esercizio dell’azione di riduzione (giurisprudenza pacifica, v. per tutte Cass. n. 25441/2017). Consegue che il legittimario preterito ha un diritto proprio e personale alla quota di riserva, contro la volontà del defunto, che egli fa valere nella qualità di terzo e non di successore. Il che esclude, già in linea teorica, che possano essergli imputate omissioni o ritardi nel compimento di attività che siano espressioni di diritti che la legge attribuisce ai successori del de cuius, come il diritto riconosciuto dall’art. 119 del Testo Unico Bancario. Il legittimario preterito non è neanche chiamato all’eredità (Cass. n. 19527/2005). Quindi si deve nello stesso tempo escludere che egli possa avanzare la richiesta nella qualità di amministratore ai sensi dell’art. 460 c.c. Il legittimario preterito, anche se ha il possesso dei beni ereditari, non ha infatti i poteri che la norma riconosce al chiamato in quanto tale». Conforme Trib. Pordenone, 14 maggio 2018, n. 384, cit.

[15] Sempre nella motivazione si legge: «Al fine di verificare la fondatezza di quanto dedotto dalle parti sono state accolte le istanze d’ordine d’esibizione ex art. 210 c.p.c. (certamente non esplorative ma funzionali alla prova delle allegazioni attoree), rivolte agli istituti bancari, aventi ad oggetto l’esibizione della documentazione relativa ai rapporti bancari del de cuius e ai trasferimenti di denaro intervenuti fra quest’ultimo e la nipote».

[16] Oltre a quelli di esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari (comma I) e di farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio (comma II, seconda parte). Per un primo orientamento si rinvia a: G.Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., pp. 100-102; G. Di Lorenzo, L’amministrazione del patrimonio ereditario prima dell’acquisto. I poteri del chiamato, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, dir. da G.Bonilini, cit., Vol. I, pp. 1168 ss.; G.Capozzi, Successioni e donazioni, cit., pp. 119 ss.; P.Giuliano, Il chiamato e la gestione dell’eredità prima dell’acquisto, in P.Fava (a cura di), Successioni e donazioni, cit., pp. 231 ss. (in particolare pp. 252 ss.).

[17] Cass., 23 luglio 2020, n. 15688, cit.

[18] Vedi Cass., 28 ottobre 2020, n. 23737; Cass., 6 giugno 2018, n. 14499; Cass., 24 aprile 2018, n. 10060; Cass., 8 gennaio 2013, n. 263; Cass., 27 giugno 2005, n. 13738.

[19] M.Girolami, Chiamato all’eredità e accesso alle operazioni bancarie del de cuius, cit., p. 6.

[20] In senso concorde, E.Minervini, Note sull’art. 119 t.u.b., in Dir. banca e merc. fin., 2020, p. 177; M.Girolami, Chiamato all’eredità e accesso alle operazioni bancarie del de cuius, cit., pp. 6-7. La natura dei poteri del chiamato all’eredità è stata oggetto di ampio dibattito sia con riguardo alla legittimazione ad esercitare le azioni possessorie in forza del primo comma dell’art. 460 c.c., sia con riguardo alla sua possibile assimilazione al curatore dell’eredità giacente in ordine ai poteri riconosciutigli dal secondo comma (per un primo orientamento si rinvia a: L.Ferri, Disposizioni generali sulle successioni, in Comm. cod. civ., a cura di A.Scialoja-G.Branca, Bologna-Roma, 1997, artt. 456-511, pp. 125 ss.; M.P. Calogero, Disposizioni generali sulle successioni, in Comm. cod. civ., diretto da P.Schlesinger, F.D. Busnelli, Milano 2006, pp. 179 ss.; G.Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., pp. 100 ss.).

[21] Così la pronuncia n. 23 del 3 gennaio 2023 del Collegio di Milano, oltre a quelle citate nella nota 6.

[22] Collegio di Roma, decisione n. 15096 del 23 novembre 2022, cit.; vedi anche Collegio di Bari n. 7015 del 15 marzo 2021, cit.

[23] «In effetti per l’esercizio di tutta una serie di azioni, diritti e facoltà in capo al chiamato all’eredità, come per esempio la scelta se accettare, rifiutare o accettare con beneficio di inventario, nonché al fine di valutare e accertare la lesione della quota di riserva, è necessario poter accedere alla documentazione bancaria del defunto così da ricostruirne la situazione patrimoniale». Esplicito anche il Collegio di Torino nella decisione n. 7066 del 5 maggio 2022, cit.

[24] Collegio di Palermo, decisione n. 8646 del 3 giugno 2022, cit. Per un primo orientamento sull’art. 551 c.c. si rinvia a: G.Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, cit., pp. 195-198; M.Ferrario Hercolani, Il legato in sostituzione di legittima, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni, dir. da G.Bonilini, cit., Vol. III, pp. 325 ss.; G.Capozzi, Successioni e donazioni, cit., Vol. I, pp. 486 ss.; N.Virgilio, La successione riservata, in P.Fava (a cura di), Successioni e donazioni, cit., pp. 860 ss.; V.E.Cantelmo, I legittimari, in Tratt. breve delle successioni e donazioni, diretto da P.Rescigno, cit., Vol. I, pp. 591 ss.

[25] Cass., 7 agosto 2023, n. 24032, cit.; Cass., 29 novembre 2022, n. 35039, cit.; Cass., 13 settembre 2021, n. 24641, cit.; Cass., 22 giugno 2020, n. 12178, in Giur. it., 2021, pp. 1325 ss., con nota di E.Minervini, Sull’ambito di applicazione dell’art. 119, 4° comma, T.U.B.; Cass., 13 luglio 2007, n. 15669, cit.; Cass., 27 settembre 2001, n. 12093; Cass., 19 ottobre 1999, n. 11733, cit..

[26] Nuovamente Cass., 29 novembre 2022, n. 35039, cit.; vedi anche App. Palermo, 27 aprile 2023, n. 837. Nello stesso senso si esprime il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario nelle decisioni n. 15404 del 22 giugno 2021, cit., e n. 6887 del 3 maggio 2022, in www.arbitrobancariofinanziario.it. Sul termine decennale, E.Minervini, Note sull’art. 119 t.u.b., cit., p. 179; G.Liace, Art. 119, cit., pp. 742-744.

[27] Chiarissima soprattutto la decisione n. 778 del 26 gennaio 2023 del Collegio di Bari: «Quanto al dies a quo del termine decennale previsto dall’art. 119, comma quarto, TUB – che l’intermediario pretende di far decorrere a ritroso dalla data del decesso – il Collegio richiama l’orientamento dei Collegi territoriali secondo cui occorre aver riguardo alla data della richiesta documentale e non alla data del decesso» (ma vedi anche quella n. 23 del 3 gennaio 2023 del collegio di Milano). L’orientamento pare consolidato: Collegio di Bari, decisioni n. 17802 del 28 luglio 2021 e n. 21397 del 30 novembre 2020; Collegio di Torino, decisione n. 7066 del 5 maggio 2022, cit., tutte in www.arbitrobancariofinanziario.it

[28] Si rinvia su questi aspetti a E.Minervini, Sull’ambito di applicazione dell’art. 119, 4° comma, T.U.B., cit., p. 1327 (in nota a Cass., 22 giugno 2020, n. 12178, che tuttavia, in relazione al caso concretamente deciso, non appare completamente in termini). Ritengono che la consegna del contratto non subisca i limiti temporali dell’art. 119 TUB le seguenti decisioni dell’Arbitro Bancario e Finanziario: Collegio di Milano, decisione n. 2866 del 19 febbraio 2020; Collegio di Roma, decisione n. 3444 del 28 febbraio 2020; Collegio di Milano, decisione n. 20220 del 13 novembre 2020; Collegio di Milano, decisione n. 1588 del 20 gennaio 2021, tutte in www.arbitrobancariofinanziario.it. Vedi anche Trib. Roma, 11 maggio 2021, in onelegale.wolterskluwer.it. In dottrina, Dolmetta, Trasparenza, cit., p. 108; M.Presutti, Art. 119, cit., p. 1598; G.Mucciarone, La trasparenza bancaria, cit., p. 711; M.Porzio, Art. 119, cit., p. 1004. Per lo stesso E.Minervini, Note sull’art. 119 t.u.b., cit., p. 177, «il diritto ad ottenere copia della documentazione nasce dall’obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà» (vedi anche a pag. 182).

[29] In particolare l’art. 2-terdecies Cod. Privacy è stato introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. f), del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, recante Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati).

[30] Come dichiarato expressis verbis dal Considerando 27: «Il presente regolamento non si applica ai dati personali delle persone decedute. Gli Stati membri possono prevedere norme riguardanti il trattamento dei dati personali delle persone decedute». In dottrina, G.Di Ciollo, Il trattamento dei dati personali delle persone decedute. Note in ambito personalistico, in Ciberspazio e diritto, 2020, p. 316. Più in generale, su tutti questi aspetti, mi sia permesso un rinvio a F.De Francesco, La successione mortis causa nei rapporti contrattuali: spunti interpretativi sull’art.2-terdecies Codice Privacy e sull’eredità “digitale”, in Contr. impresa, 2022, pp. 640 ss.

[31] Il quale così stabiliva: «I diritti di cui all’articolo 7 riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione»; vedi G.Di Ciollo, Il trattamento dei dati personali delle persone decedute. Note in ambito personalistico, cit., p. 317.

[32] La dottrina sul GDPR, malgrado i pochi anni di applicazione, è già sterminata. Ci si limita pertanto ad alcuni riferimenti bibliografici essenziali: Il nuovo Regolamento europeo sulla privacy e sulla protezione dei dati personali, diretto da G.Finocchiaro, Bologna, 2019; Privacy digitale, riservatezza e protezione dati personali tra GDPR e nuovo Codice Privacy, a cura di Tosi, Milano, 2019; E.Lucchini Guastalla, Il nuovo regolamento europeo sul trattamento dei dati personali: i principi ispiratori, in Contr. impresa, 2018, pp. 106 ss.; L.Califano, Principi e contenuti del Regolamento UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali, in I ‘profili’ del diritto. Regole, rischi e opportunità nell’era digitale, a cura di L.Scaffardi, Torino, 2018; G.Finocchiaro, Introduzione al Regolamento europeo sulla protezione dei dati, in Nuove leggi civ., 2017, pp. 1 ss.; Innovazione tecnologica e valore della persona. Il diritto alla protezione dei dati personali nel Regolamento UE 2016/679, a cura di L.Califano e C.Colapietro, Napoli, 2017; A.Murray, Information Technology Law, cit., pp. 565 ss.; A.C.Amato Mangiameli, Intelligenza artificiale, big data e nuovi diritti, cit., pp. 98 ss.; A.Ortalda-S.Leucci, Identità digitale e protezione dei dati personali: punti di incontro e rischi nelle discipline eIDAS e RGPD, cit., pp. 145 ss. Sul nuovo assetto normativo si è correttamente rilevato «il differente substrato culturale su cui il GDPR è andato insediandosi rispetto alla normativa di circa 20 anni prima, elaborata quando la diffusione di Internet era agli albori e il c.d. ‘web 2.0’ era ancora lontano, i computer non erano laptop, in quanto tali portatili, gli smart phone e i social network non esistevano, quando, in sintesi, il piano della tutela dei dati personali si sviluppava lungo la direttrice del rapporto titolare/interessato, senza che vi fosse alcuna deviazione o intersecazione di altre fonti, di altri strumenti, di altri soggetti» (A.Spangaro, La tutela postmortale dei dati personali del defunto, cit., p. 574)

[33] Vedi Trib. Milano, ord. 10 febbraio 2021, in Corriere giur., 2021, pp. 658 ss., con nota di A.Maniàci-A.D’Arminio Monforte, La prima decisione italiana in tema di ‘eredità digitale’: quale tutela post mortem del dati personali?; Giur. it., 2021, pp. 1600 ss., con nota di I.Maspes, Morte ‘digitale’ e persistenza dei diritti oltre la vita della persona fisica; Fam. dir., 2021, pp. 622 ss., con nota di F.Mastroberardino, L’accesso agli account informatici degli utenti defunti: una prima, parziale, tutela; Nuova giur. civ., 2021, pp. 557 ss., con nota di S.Bonetti, Dati e tutela post mortem nel novellato Codice privacy: prime applicazioni; Trib. Bologna, ord. 25 novembre 2021, in Fam. dir., 2022, pp. 710 ss., con nota di A.Vignotto, La successione digitale alla luce delle prime pronunce giurisprudenziali italiane, cit., pp. 713 ss.; Trib. Roma, ord. 10 febbraio 2022 (leggibile in onelegale.wolterskluwer.it). In generale rinvio nuovamente al mio La successione mortis causa nei rapporti contrattuali: spunti interpretativi sull’art.2-terdecies Codice Privacy e sull’eredità “digitale”, cit., pp. 670 ss.

[34] Si veda in particolare la decisione di TAR Lombardia-Milano, 31 maggio 2022, n. 1284: «Ai fini del riconoscimento del diritto di accesso non è richiesta la qualità di erede, ma la titolarità in capo ai richiedenti di un interesse “diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” secondo quanto previsto dall’art. 22, comma 1, lett. b) citato, sussumibile, sul versante del cd. Codice della Privacy, nella previsione dell’art. 2-terdecies, laddove si fa riferimento all’”interesse proprio” ovvero, di chi agisce “per ragioni familiari meritevoli di protezione”».

[35] Pubblicate in G.U. n. 273 del 23 novembre 2007 e tuttora vigenti (e leggibili al link: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1457247 – consultato il 2 novembre 2023).

[36] Lo rileva opportunamente E.Minervini, Note sull’art. 119 t.u.b., cit., p. 184.

[37] Ad esempio, continuano testualmente le Linee Guida: «Non è conoscibile in base alle norme appena richiamate il nominativo del percettore del saldo di deposito, pur intestato al de cuius, in quanto tale informazione riguarda non il cliente deceduto, ma un terzo; ciò, salvo che ricorra un’ipotesi di cointestazione con il defunto. In base, poi, a tale disciplina non può essere accolta la differente richiesta di accesso a dati personali trattati da una banca e riferiti ad una persona deceduta, se volta a conoscere specificamente e direttamente l’identità della persona delegata dal defunto ad effettuare determinate operazioni bancarie». Per un’applicazione da parte del Garante per la protezione dei dati personali si veda il provvedimento n. 160 del 18 maggio 2012 (pubblicato in www.garanteprivacy.it).

[38] In particolare, il secondo comma dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy precisa che l’esercizio dei diritti riconosciuti dal primo comma non è ammesso – oltre che nei casi previsti dalla legge – quando l’interessato «lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata», seppur «limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione»: tale divieto, come detto, a mente del comma 3 può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti e può essere revocato o modificato in ogni momento (comma 4). Quanto alla forma ed alle modalità di manifestazione, sempre secondo il comma 3 la volontà dell’interessato di esprimere un siffatto divieto «deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata». In dottrina si è parlato a tal proposito, ma con un’espressone a cui non può essere riconosciuto un significato tecnico, di «testamento digitale»  (vedi F. Cristiani, Riflessioni a proposito di “testamento digitale”, in Nuova giur. civ., 2013, pp. 495 ss.; A.Maniàci-A.D’Arminio Monforte, L’eredità digitale tra silenzio della legge ed esigenze di pianificazione negoziale, in Corriere giur., 2020, p. 1369).

[39] In questo senso A.Maniàci-A.D’Arminio Monforte, La prima decisione italiana in tema di ‘eredità digitale’: quale tutela post mortem del dati personali?, cit., p. 668; G.Resta, La successione nei rapporti digitali e la tutela post-mortale dei dati personali, in Contr. impresa, 2019, pp. 103-104; C.Camardi, L’eredità digitale tra reale e virtuale, in Dir. inform., 2018, pp. 78-79; L.Di Lorenzo, L’eredità digitale, in Notariato, 2021, p. 147; G.Di Ciollo, Il trattamento dei dati personali delle persone decedute. Note in ambito successorio, in Ciberspazio e diritto, 2020, pp. 533-535.

[40] Analoghe considerazioni nella decisione del Collegio di Milano n. 2362 del 10 marzo 2023 («L’art. 2-terdecies, comma 5, d.lgs. n. 196/2003 puntualizza che il divieto di trattamento dei dati del defunto “non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi”, effetti pregiudizievoli che sarebbero inevitabilmente generati dall’oscuramento dei dati relativi a terzi»).

[41] In questo senso Trib. Pordenone, 14 maggio 2018, n. 384, cit., e Trib. Monza, 1° settembre 2020, n. 1073, in www.expartecreditoris.it

[42] Anche con lo strumento monitorio: Trib. Monza, 1° settembre 2020, n. 1073, cit.; vedi anche G.Liace, Ordine di consegna documenti contrattuali con decreto ingiuntivo, in Contratti, 2003, pp. 805-807.

[43] Ai sensi del quale, per consentire l’esercizio del diritto di accesso: «Il titolare del trattamento fornisce una copia dei dati personali oggetto di trattamento. In caso di ulteriori copie richieste dall’interessato, il titolare del trattamento può addebitare un contributo spese ragionevole basato sui costi amministrativi. Se l’interessato presenta la richiesta mediante mezzi elettronici, e salvo indicazione diversa dell’interessato, le informazioni sono fornite in un formato elettronico di uso comune».

[44] Nell’interpretazione del Garante per la protezione dei dati personali sul previgente art. 9, comma 3, Cod. Privacy la legittimazione anche al di fuori della cerchia degli eredi è affermata dal citato provvedimento n. 160 del 18 maggio 2012: «Ai sensi dell’art. 9, comma 3, del Codice, il diritto di accesso ai dati personali riferiti a persone decedute può essere esercitato “da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione” e che, nel caso di specie, deve ritenersi che la ricorrente, in qualità di unica figlia del de cuius (pretermessa nel testamento paterno e pertanto nella necessità di ricostruire il cespite ereditario al fine di valutare se esercitare l’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie ) ha legittimamente esercitato il suddetto diritto».

[45] G.Di Ciollo, Il trattamento dei dati personali delle persone decedute. Note in ambito personalistico, in Ciberspazio e diritto, 2020, pp. 322-323. E’ stato opportunamente notato che il riferimento esplicito contenuto nell’art. 2-terdecies Cod. Privacy – e non presente nel previgente art. 9, comma 3 – toglie ogni dubbio sull’ammissibilità del mandato post mortem exequendum per l’esercizio di diritti a carattere non patrimoniale, nel solco di quanto già affermato da Cass., 15 maggio 2018, n. 11763. Sul punto si rinvia a: G.Resta, La successione nei rapporti digitali e la tutela post-mortale dei dati personali, cit., p. 101; A.Spangaro, La tutela postmortale dei dati personali del defunto, in Contr. impresa, 2021, p. 585 e p. 594. In generale, sul mandato post mortem exequendum: V.Putortì, Mandato post mortem e divieto dei patti successori, in Obbl. contr., 2012, pp. 737 ss.; Di Staso, Il mandato post mortem exequendum, in Fam. pers. succ., 2011, pp. 685 ss.; G.Bonilini, Una valida ipotesi di mandato post mortem, in Contratti, 2000, pp. 1102 ss.; A.Palazzo, Testamento e istituti alternativi, Padova, 2008, pp. 57 ss.; Id., Le successioni, in Tratt. dir. priv., a cura di G.Iudica e P.Zatti, Milano, 2000, Vol. I, p. 53; F.Venturini, Il divieto dei patti successori e gli strumenti alternativi al testamento, in P.Fava (a cura di), Successioni e donazioni, cit., pp. 1148 ss.; F.A.Moncalvo, I negozi connessi alla morte, Il mandato post mortem, in Tratt. dir. delle successioni e donazioni, diretto da G.Bonilini, cit., Vol. I, pp. 225 ss.; G.Capozzi, Successioni e donazioni, cit., I, pp. 62 ss.; G.Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Napoli, 2010 (rist.), pp. 120 ss.; M.Ieva, I fenomeni a rilevanza successoria, Napoli, 2008, pp. 19 ss.; Id., Altre forme di trasmissione della ricchezza, in Tratt. breve delle successioni e donazioni, diretto da P.Rescigno, cit., Vol. I, pp. 93 ss.; A.Luminoso, Mandato, commissione, spedizione, cit., pp. 360 ss.; M.V.De Giorgi, I patti sulle successioni future, Napoli, 1976, p. 138; G.Minervini, Il mandato. La commissione. La spedizione, in Tratt. dir. civ. it., diretto da F.Vassalli, Torino, 1952, p. 168; G.Di Ciollo, Il trattamento dei dati personali delle persone decedute. Note in ambito personalistico, cit., pp. 324-325. In giurisprudenza, si rinvia anche a Cass., 23 maggio 2006, n. 12143, in Nuova giur. civ., 2007, pp. 496 ss., con nota di A.Ansaldo, In tema di mandato post mortem; Cass., 21 novembre 2017, n. 27624, commentata da G.Sicchiero, Contratti post mortem, patti successori ed art. 28 L.N., in Vita not., 2018, pp. 557 ss.

[46] G.Resta, La successione nei rapporti digitali e la tutela post-mortale dei dati personali, cit., p. 99; vedi anche G.Di Ciollo, Il trattamento dei dati personali delle persone decedute. Note in ambito personalistico, cit., pp. 320-321.

[47] Vedi supra, nota 33.

[48] Trib. Roma, ord. 10 febbraio 2022, cit.

[49] Trib. Milano, ord. 10 febbraio 2021, cit.

[50] Si tratta di una soluzione sul piano rimediale che non soddisfa su quello sistematico ma che, allo stato, appare l’unica plausibile, e possibile, soprattutto in relazione all’estrema eterogeneità dei soggetti contemplati dal primo comma dell’art. 2-terdecies. Sull’approccio “rimediale”, richiamato ed avallato dalla citata decisione del Tribunale di Milano, si rinvia a: G.Alpa, Il diritto fondamentale ad un rimedio effettivo e il ruolo costituzionale dell’avvocato, in Contr. impresa, 2018, p. 612; V.Scalisi, Lineamenti di una teoria assiologica dei rimedi giuridici, in Riv. dir. civ., 2018, p. 1047;  S.Mazzamuto, La nozione di rimedio nel diritto continentale, in Eur. dir. priv., 2007, p. 593; P.Sirena-Y.Adar, La prospettiva dei rimedi nel diritto privato europeo, in Riv. dir. civ., 2012, pp. 359 ss.; G.Smorto, Sul significato di “rimedi”, ivi, 2014, pp. 159 ss.; A.Di Majo, Il linguaggio dei rimedi, in Eur. dir. priv., 2005, p. 342; Id., Forme e tecniche di tutela, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, a cura di S.Mazzamuto, Napoli, 1989, pp. 19 ss., 23 ss.; Id., La responsabilità civile nella prospettiva dei rimedi: la funzione deterrente, in Eur. dir. priv., 2008, pp. 301 ss.; A.Navarretta, La complessità del rapporto fra interessi e rimedi nel diritto europeo dei contratti, in Nuova giur. civ., 2007, pp. 415 ss.; U.Mattei, I rimedi, in G.Alpa-M.Graziadei-A.Guarneri-U.Mattei-P.G.Monateri-R.Sacco, La parte generale del diritto civile, 2. Il diritto soggettivo, in Tratt. dir. civ., diretto da R.Sacco, Torino 2001, pp. 107 ss.; S.Mazzamuto-A.Plaia, I rimedi nel diritto privato europeo, Torino, 2012, pp. 1 ss.. D’obbligo inoltre il riferimento a F.H.Lawson, Remedies of English Law, London (UK), 1980, pp. 1 ss. (nota la sua sintesi compendiata nel brocardo: ubi remedium ibi ius).

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