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Giurisprudenza

Significativo approdo della Cassazione in materia di autoriciclaggio

19 Settembre 2016

Cassazione Penale, Sez. II, 14 luglio 2016 (dep. 28 luglio 2016), n. 33074

Di cosa si parla in questo articolo

La Suprema Corte, prendendo spunto da una tipica fattispecie di micro criminalità quotidiana – furto di una carta bancomat, con successivo prelievo tramite la stessa e conseguente versamento del relativo importo su carta prepagata – nel respingere il ricorso avanzato dal Procuratore della Repubblica, che chiedeva l’annullamento con rinvio dell’ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà, in ordine alla errata qualificazione dei fatti (quali reati di furto ed utilizzo abusivo di carta bancomat), costituenti invece, a suo avviso, il delitto di autoriciclaggio in quanto tipica attività economica o finanziaria, precisato che:

1) In assenza di una precisa nozione contenuta nel codice penale ovvero in quello civile, la nozione di attività finanziaria di rilievo per la punibilità ai sensi della norma di cui all’art. 648 c.p.p., comma 1 ter, può ricavarsi dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (art. 106), che individua quali tipiche attività finanziarie l’assunzione di partecipazioni (acquisizione e gestione di titoli su capitale di imprese), la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, la prestazione di servizi di pagamento (incasso e trasferimento di fondi, esecuzione di ordini di pagamento, emissione di carte di credito o debito) l’attività di cambiovalute, con la conseguenza che, poichè la condotta degli indagati non rientra neppure in nessuna della suddette attività, va esclusa la ricorrenza dell’elemento oggettivo anche sotto tale profilo.

2) La norma sull’autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica specifica di essere idonee ad “ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. Il legislatore richiede pertanto che la condotta sia dotata di particolare capacità dissimulatoria, sia cioè idonea a fare ritenere che l’autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto effettuare un impiego di qualsiasi tipo ma sempre finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, ipotesi questa non ravvisabile nel versamento di una somma in una carta prepagata intestata alla stessa autrice del fatto illecito.

3) La norma sull’autoriciclaggio nasce dalla necessità di evitare le operazioni di sostituzione ad opera dell’autore del delitto presupposto e che tuttavia il legislatore raccogliendo le sollecitazioni provenienti dalla dottrina, secondo cui le attività dirette all’investimento dei profitti operate dall’autore del delitto contro il patrimonio costituiscono post factum non punibili, ha limitato la rilevanza penale delle condotte ai soli casi di sostituzione che avvengano attraverso la re-immissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita finalizzate appunto ad ottenere un concreto effetto dissimulatorio che costituisce quel quid pluris che differenzia la semplice condotta di godimento personale (non punibile) da quella di nascondimento del profitto illecito (e perciò punibile), con la conseguenza che, poichè tale effetto dissimulatorio e di concreto nascondimento non è ravvisabile nella contestata condotta, deve escludersi la fondatezza dell’impugnazione.

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