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Giurisprudenza

La mancata indicazione specifica del Mark to Market non comporta nullità del contratto derivato

25 Gennaio 2019

Avv. Domenico Gaudiello, Partner, Responsabile del Dipartimento di Finanza Pubblica, Avv. Sebastian Roberti, Associate, Dipartimento di Finanza Pubblica, CMS

Corte d’Appello di Milano, 27 dicembre 2018, n. 5788 – Pres. Formaggia, Rel. Croci

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza n. 5788 del 27 dicembre 2018 la Corte di Appello di Milano torna ad affrontare le questioni inerenti l’indicazione del valore del Mark to Market al momento della stipula di un contratto di Interest Rate Swap (IRS), giungendo a conclusioni di assoluto rilievo.

Questo provvedimento costituisce l’esito di un giudizio di appello promosso da un’impresa per ottenere la nullità di un contratto derivato del tipo IRS, stipulato con una banca, avente un leasing immobiliare come rapporto sottostante, per motivi inerenti l’indeterminabilità dell’oggetto del contratto derivato (non essendo stato indicato dalla banca al cliente, al momento della stipula, il Mark to Market del contratto derivato) e l’assenza della finalità copertura del rischio.

L’appello è stato respinto mediante argomentazioni sostanzialmente in linea con i più recenti orientamenti dalla Corte di Appello meneghina in materia di contratti finanziari derivati.

Ma vediamo più nel dettaglio le motivazioni che hanno portato a questa conclusione.

È necessario trattare separatamente il punto della indeterminabilità dell’oggetto del contratto derivato e quello della mancanza di causa del contratto derivato.

(i) Quanto al primo profilo, la Corte sottolinea chiaramente che il Mark to Market altro non è che il valore del contratto derivato che è posto a carico del cliente in caso di estinzione anticipata del contratto.

Fatta questa premessa, la Corte definisce quali sono i confini dell’oggetto del contratto di Interest Rate Swap, da ravvisarsi nello scambio di differenziali calcolati su un certo importo, detto nozionale, ad una determinata scadenza.

Ciò implica che l’oggetto contrattuale è sempre compiutamente esplicitato allorquando nel contratto vengano previsti i parametri (la misura del tasso di interesse in questo caso) per la determinazione di quanto dovuto dal cliente o dalla banca, a seconda dei casi.

Ad avviso della Corte di Appello quello del Mark to Market è un concetto del tutto diverso, che non attiene all’oggetto del contratto. Il Mark to Market consiste piuttosto nel valore di chiusura anticipata del contratto derivato, ossia nel costo che dovrà essere sostenuto, in caso di risoluzione anticipata del rapporto contrattuale, dalla parte sulla quale gravi l’onere di pagare detto importo.

Si badi bene: quanto sopra anche in ragione del fatto che il Mark to Market è un importo dovuto per la chiusura anticipata del contratto, e la parte obbligata a versare detto importo non sarà necessariamente quella che abbia legittimamente esercitato la risoluzione del contratto o quella che abbia causato la chiusura anticipata del rapporto.

Questa sentenza si pone in netta continuità con le precedenti pronunce della stessa Corte territoriale di Appello (tra tutte, la sentenza n. 2859 del 11/06/2018) e della Corte Cassazione (tra tutte, la sentenza n. 3710 del 24/09/2016) che hanno anch’esse posto in risalto come la mancata determinazione del Mark to Market al momento della stipula (o l’assenza di un accordo esplicito sul valore di chiusura anticipata) sia irrilevante ai fini della validità del contratto e come l’oggetto di un contratto IRS sia piuttosto da rinvenirsi nello scambio di due rischi da cui matureranno differenziali a favore o a carico rispettivamente dell’una o dell’altra parte.

Tema diverso rimane invece quello degli obblighi informativi riguardanti il valore del Mark to Market e le conseguenze dell’omessa informazione riguardo detto valore. Trattasi di violazioni che determineranno profili risarcitori in capo alla banca laddove l’omissione sia tale da aver indotto in errore il cliente. Errori ed omissioni che non sono state in ogni caso riscontrate nella vicenda in esame.

(ii) Con riguardo, invece, al secondo profilo, quello della carenza della causa in concreto, la Corte di Appello ravvisa la presenza di detta causa nella idoneità del contratto derivato a perseguire lo scopo di copertura del rischio inerente l’oscillazione dei tassi relativi al rapporto finanziario sottostante. Più in particolare, la Corte meneghina sancisce che la eventuale durata inferiore del contratto IRS rispetto al rapporto principale sottostante non può in alcun modo indurre a dubitare della sussistenza di causa concreta del contratto IRS de quo, né tantomeno compromettere la finalità di copertura di tale strumento finanziario. Questo perché a giudizio della Corte è indiscutibilmente evidente la volontà delle parti di delimitare la funzione di copertura stessa del contratto IRS entro un limite temprale antecedente la scadenza del rapporto di leasing sottostante. Al più, potrebbe invece costituire un indicatore della natura speculativa del contratto la decisione delle parti di affidare al contratto derivato una durata superiore rispetto a quella del proprio sottostante. In ogni caso la finalità di copertura resta assicurata dalla presenza di un rapporto sottostante di durata non inferiore a quella del contratto derivato prescelto.

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