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Giurisprudenza

La Corte di Cassazione si pronuncia sulla responsabilità penale dell’amministratore che firma la delibera in assenza della riunione del c.d.a.

15 Luglio 2016

Edoardo Cossu

Cassazione Penale, Sez. V, 12 luglio 2016, n. 29172

Di cosa si parla in questo articolo

La quinta Sezione penale della Corte di Cassazione (Pres. Dott. Bruno e Rel. dott. Guardiano) si è espressa in materia di responsabilità penale dell’amministratore in materia di falsità di scrittura privata e di appropriazione indebita di risorse finanziarie.

La sentenza ha deciso sulla responsabilità penale di un amministratore che ha firmato una delibera del c.d.a., impegnando la società a richiedere un finanziamento ad una banca, senza che la relativa assemblea si sia effettivamente riunita, dirottando successivamente le risorse finanziarie ottenute per salvare una società del gruppo.

In particolare, da una parte la Corte ha specificato quale tipo di falsità contempla l’articolo 485 c.p. in relazione alla formazione di una scrittura privata, intesa, ai fini penali, come qualsiasi scrittura “formata dal privato per assolvere ad una funzione probatoria di situazioni dalle quali possano comunque derivare degli effetti giuridicamente rilevanti”. Dall’altra, ha chiarito il rapporto tra i reati di infedeltà patrimoniale (articolo 2634 c.c.) e appropriazione indebita (articolo 646 c.p.).

In merito al primo profilo, la Suprema Corte ha sostenuto che l’articolo 485 c.p. contempla solo la falsità materiale, che si contraddistingue per “la formazione di una scrittura contraffatte, ovvero nell’alterazione di una scrittura privata vera già formata” (cfr. Cass., Sez. V, 9300/2014), e non il falso ideologico, privo di rilievo penale, sussistente quando il documento è “genuino” ma il suo contenuto “non corrisponde al vero”. Nel caso di specie, la delibera del c.d.a., produttiva di effetti giuridicamente rilevanti, è materialmente falsa ai sensi dell’articolo 485 c.p. dato che, nonostante il documento sia stato prodotto e regolarmente firmato, il verbale si riferisce ad una seduta del consiglio di amministrazione che non si è mai tenuta.

In merito al secondo profilo, la Corte ha evidenziato la sussistenza di un rapporto di specialità reciproca tra l’infedeltà patrimoniale e l’appropriazione indebita. Entrambi i reati hanno come caratteri comuni la deminutio patrimonii e la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ma l’articolo 646 c.p. presenta un carattere di specialità in relazione all’oggetto (denaro e cosa mobile) e alla mancanza di un preesistente ed autonomo conflitto di interessi. Nel caso di specie, l’amministratore, essendosi appropriato di risorse finanziarie solo per un interesse personale o di terzi e in violazione di norme organizzative della società, in assenza di una preesistente situazione di conflitto d’interessi con questa, è perseguibile per il reato di appropriazione indebita, con conseguente inapplicabilità dell’articolo 2634 c.c. nella parte in cui l’ingiustizia del danno arrecato è esclusa “solo in caso di vantaggi compensativi dei quali la società apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza ad un più apio gruppo di società” (Cass., Sez. F, 40136/2011; Cass., Sez. II, 3397/2012; Cass., Sez. V, 49787/2013).

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