Con il provvedimento in esame, la prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione (Pres. Ceccherini, Rel. De Chiara) si è espressa in merito alla decorrenza del termine per proporre una domanda di ammissione al passivo fallimentare cd. “ultratardiva”.
In particolare, la Suprema Corte, nell’affermare che il termine di dodici (o diciotto, in caso di proroga) mesi per la proposizione delle domande tardive decorre, come esplicitamente disposto dall’art. 101, comma 1, l. fall., dalla data del deposito del decreto di esecutività dello stato passivo e non già, come prospettato nella tesi della ricorrente, dalla data di ricevimento dell’avviso ai creditori di cui all’art. 92 l. fall., ha stabilito che, qualora vengano proposte domande di insinuazione cd. “ultratardive”, dal momento che l’art. 101, comma 4, l. fall., prevede espressamente che dette domande sono ammissibili solo qualora l’istante provi “che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile”, ne consegue che il termine di cui al comma 1 della disposizione in esame non sarebbe applicabile giacché “una volta che tale ignoranza [quella relativa all’apertura della fase di esame dello stato passivo, ndr.] sia venuta meno, grazie al ricevimento dell’avviso tardivo, l’ulteriore ritardo dovrà logicamente trovare giustificazione in altre ragioni”, per cui“pretendere che il creditore disponga comunque di un altro anno, o diverso periodo di tempo, per provvedervi, a prescindere da un effettivo impedimento a una più sollecita presentazione della domanda, significherebbe tradire la lettera e il senso della norma che richiede la giustificazione del ritardo”.
In ultimo, il Supremo Collegio ha stabilito che non si può in astratto indicare quale sia il termine necessario per la presentazione della domanda cd. “ultratardiva” una volta che al creditore sia stato inviato (“ultratardivamente”, appunto) l’avviso di cui all’art. 92 l. fall., giacché detto apprezzamento “non può effettuarsi se non in concreto […] secondo un criterio di ragionevolezza la cui applicazione è rimessa al giudice”.