Il presente contributo analizza il tema del ruolo del Presidente del Consiglio di Amministrazione che, sullo sfondo della disciplina di diritto comune, trova nella disciplina bancaria e nel Codice di Corporate Governance una sua peculiare declinazione per intermediari bancari ed emittenti quotati.
1. Introduzione
È anzitutto nell’ambito della disciplina codicistica che il legislatore ha inteso enfatizzare – mediante l’introduzione di un catalogo espresso di attribuzioni – la centralità della figura del Presidente del Consiglio di Amministrazione quale “garante del buon funzionamento dell’azione collegiale dell’organo gestorio”[1].
La centralità della figura del Presidente emerge anche dall’esame delle raccomandazioni indirizzate agli emittenti quotati che hanno conosciuto, negli anni recenti, un’evoluzione frutto della prassi aziendale, che riflette la crescente esigenza di equilibrio tra efficienza decisionale, trasparenza e tutela degli interessi degli azionisti. Ci si riferisce, in modo particolare, ai nuovi input sulla governance delle società quotate provenienti dal Codice di Corporate Governance – approvato dal Comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana nel gennaio 2020, sostituendo la precedente edizione del Codice di Autodisciplina del 2018 – nonché alle raccomandazioni contenute nelle Lettere che il Presidente del predetto Comitato rivolge, ogni anno, alle società italiane quotate, unitamente alle osservazioni contenute nel “Rapporto sulla corporate governance di società quotate italiane” pubblicato annualmente dalla Consob.
Anche la disciplina bancaria contiene specifiche previsioni dedicate alla figura del Presidente, tenuto conto della natura dell’attività svolta da tali intermediari che richiede particolari presidi di correttezza, trasparenza e tutela dei terzi. Tale disciplina di settore (Testo Unico Bancario, Circolare 285/2013 nonché le altre raccomandazioni emanate dalle autorità di vigilanza) si aggiunge a quella applicabile alla generalità degli emittenti.
2. Il Presidente del CdA tra legge, prassi e “soft law”
La disciplina generale del Presidente del Consiglio di Amministrazione si fonda sulle norme del codice civile e, in particolare, come anticipato, sull’art. 2381 che riconosce a tale figura un ruolo di coordinamento dell’organo di amministrazione al fine di assicurare il suo corretto funzionamento e favorire un processo decisionale efficace, trasparente e conforme alla legge e allo statuto. In questa prospettiva, il legislatore attribuisce al Presidente quattro distinte prerogative (ossia i poteri concernenti la convocazione, la fissazione dell’ordine del giorno, il coordinamento dei lavori consiliari e l’adeguatezza dei flussi informativi), salvo “diversa previsione dello statuto”, così ammettendo la possibilità che la materia sia oggetto di autonoma disciplina statutaria.
Nelle società quotate la figura del Presidente è investita di una funzione, si può dire, rafforzata, che trascende la mera direzione dei lavori consiliari[2]. Ciò deriva dalle raccomandazioni del Codice di Corporate Governance che, pur prive di carattere cogente[3], sono generalmente applicate dagli emittenti quotati anche in considerazione delle aspettative degli investitori in termini di adesione delle società alla best practice[4].
I. Occorre anzitutto porre l’attenzione sul ruolo di rilevanza chiave nel funzionamento del CdA svolto dal Presidente nel garantire l’adeguatezza dei flussi informativi e il coordinamento dei diversi soggetti che operano nel (e con) il Consiglio, anche in termini di relazioni con le funzioni aziendali. Tale tematica è oggetto di particolare interesse nella recente prassi societaria e nelle raccomandazioni del Codice di Corporate Governance, che attribuisce al Presidente un importante ruolo nell’assicurare (i) l’idoneità dell’informativa pre-consiliare e dell’informativa complementare fornita nel corso delle riunioni; (ii) il coordinamento e raccordo tra amministratori esecutivi e non esecutivi, nonché tra CdA e comitati endoconsiliari; (iii) l’intervento alle riunioni del CdA di dirigenti, responsabili delle funzioni aziendali ai fini del migliore approfondimento delle materie trattate (cfr. Art. 3, Principio X e Raccomandazione 12).
Inoltre, il Codice di Corporate Governance assegna al Presidente l’onere di curare che “tutti i componenti degli organi di amministrazione e controllo possano partecipare, successivamente alla nomina e durante il mandato, a iniziative finalizzate a fornire loro un’adeguata conoscenza dei settori di attività in cui opera la società, delle dinamiche aziendali e della loro evoluzione anche nell’ottica del successo sostenibile della società stessa nonché dei princìpi di corretta gestione dei rischi e del quadro normativo e autoregolamentare di riferimento” (cfr. Raccomandazione 12, lett. d).
Con particolare riguardo alla idoneità dell’informativa pre-consiliare, al Presidente è rimesso un ruolo specifico che deriva dal (e si spiega alla luce del) carattere collegiale dell’organo di amministrazione della società per azioni; non si tratta di un’attribuzione di carattere meramente organizzativo, ma di vero e proprio coordinamento tra le diverse componenti del CdA, esecutiva e non esecutiva. Da un lato, infatti, la disponibilità di un completo ed esaustivo set informativo è essenziale e imprescindibile per il corretto esercizio della funzione di amministratore; dall’altro lato, tale apparato informativo non può essere reperito dai singoli amministratori autonomamente (con conseguenti rischi di asimmetria informativa), ma deve essere oggetto di un flusso proveniente da chi ha le informazioni (funzioni aziendali, organi delegati) e diretto alla generalità degli amministratori in maniera omogenea. In tale contesto si dispiega la funzione del Presidente, quale soggetto che opera al fine di consentire un raccordo “informativo” tra la fonte delle informazioni e il destinatario delle stesse, ossia il Consiglio di Amministrazione nel suo complesso.
Nella prassi, i regolamenti del Consiglio di Amministrazione disciplinano nel dettaglio le modalità e i tempi di messa a disposizione dei consiglieri della documentazione informativa utile ai fini di ciascuna riunione e dei relativi argomenti all’ordine del giorno. A tale riguardo, la Lettera del Presidente del Comitato per la Corporate Governance ha in passato invitato i Consigli di Amministrazione a curare la predisposizione di tali regolamenti avendo cura di determinare in maniera esplicita i termini ritenuti “congrui” per l’invio della documentazione nonché di non giustificare sulla base di generiche esigenze di riservatezza il mancato rispetto di tali termini[5].
I profili evidenziati assumono rilevanza anche nel contesto della disciplina di diritto bancario. La Circolare 285/2013 assegna infatti al Presidente il ruolo di garantire l’efficacia del dibattito consiliare, affinché le deliberazioni alle quali giunge il consiglio siano il risultato di un’adeguata dialettica e del contributo consapevole e ragionato di tutti i suoi componenti. A questi fini, il Presidente provvede affinché: i) ai consiglieri sia trasmessa con congruo anticipo la documentazione a supporto delle deliberazioni del consiglio o, almeno, una prima informativa sulle materie che verranno discusse; ii) la documentazione a supporto delle deliberazioni, in particolare quella resa ai componenti non esecutivi, sia adeguata in termini quantitativi e qualitativi rispetto alle materie iscritte all’ordine del giorno. Inoltre, il Presidente svolge una funzione di garanzia circa lo svolgimento e l’efficacia del processo di autovalutazione periodico (cfr. Circolare 285/2013, Parte I, Titolo IV, Capitolo I, Sezione V, par. 2.2).
Accanto alla funzione di garantire l’adeguatezza e completezza dell’informativa pre-consiliare, il Codice di Corporate Governance attribuisce al Presidente anche la funzione di assicurare che le “informazioni complementari fornite durante le riunioni siano idonee a consentire agli amministratori di agire in modo informato”. In tale contesto si colloca la previsione del medesimo Codice che assegna al Presidente (d’intesa con il chief executive officer) l’onere di curare che “i dirigenti della società e quelli delle società del gruppo che ad essa fa capo, responsabili delle funzioni aziendali competenti secondo la materia, intervengano alle riunioni consiliari, anche su richiesta di singoli amministratori, per fornire gli opportuni approfondimenti sugli argomenti posti all’ordine del giorno” (cfr. Raccomandazione 12, lett. c).
II. Quanto alla funzione di garantire l’equilibrio dei rapporti tra la componente esecutiva e non esecutiva dell’organo di amministrazione, il Codice di Corporate Governance formula il principio secondo cui “il presidente dell’organo di amministrazione riveste un ruolo di raccordo tra gli amministratori esecutivi e gli amministratori non esecutivi e cura l’efficace funzionamento dei lavori consiliari” (Cfr. Art. 3, Principio X).
Tali poteri di bilanciamento si legano inscindibilmente al ruolo del Presidente nel garantire il corretto e completo flusso di informazioni tra le diverse anime dell’organo consiliare. In un contesto di chiara divisione delle competenze, gli adeguati flussi informativi sono, infatti, elemento essenziale per favorire il corretto funzionamento dell’organo e per consentire alla componente non esecutiva di poter assolvere alla relativa funzione di monitoraggio.
In ambito bancario, a tale riguardo, è stato precisato che il Presidente è tenuto a favorire “in modo neutrale” la dialettica tra componenti esecutivi e non esecutivi (cfr. Circolare 285/2013, Parte I, Titolo IV, Capitolo I, Sezione V, par. 2), così sottolineandone il ruolo istituzionale.
Tali funzioni hanno un impatto anche sul piano delle responsabilità del Presidente. Nella funzionalità asimmetrica tipica dell’organo di amministrazione delle società di più grandi dimensioni e, in particolar modo, delle quotate (ove la componente esecutiva – in virtù dell’attività svolta – ha a disposizione un set di informazioni più ampio ed aggiornato rispetto a quella non esecutiva), il Presidente, come anticipato, funge da filtro tra la fonte ove le informazioni vengono prodotte e la componente consiliare non esecutiva chiamata ad adottare decisioni strategiche e a monitorarne l’attuazione. Ne consegue che al Presidente non compete il mero ruolo di ricettore e distributore delle informazioni ricevute dagli organi delegati, ma gli si deve piuttosto assegnare una responsabilità di verifica dell’attendibilità ed esaustività delle informazioni ai fini del decidere collegiale; ciò non significa che il Presidente debba esercitare poteri ispettivi, ma allo stesso compete piuttosto il dovere di porre in essere i presidi di verifica ragionevolmente attendibili (es. sollecitazione di chiarimenti e documentazione, assistenza nella verifica tecnica delle informazioni ricevute e partecipazione dei dirigenti e dei responsabili delle funzioni aziendali alle riunioni consiliari)[6].
III. Il Codice di Corporate Governance non manca, inoltre, di formulare una specifica raccomandazione per l’ipotesi in cui il medesimo Presidente sia titolare di deleghe: “Nel caso in cui al presidente sia attribuita la carica di chief executive officer o gli siano attribuite rilevanti deleghe gestionali, l’organo di amministrazione spiega le ragioni di questa scelta” (cfr. Art. 2, Raccomandazione 4)[7].
Tale raccomandazione, come sottolineato anche dal Presidente del Comitato per la Corporate Governance (cfr. Lettera del 17 dicembre 2024), riveste una importanza fondamentale per assicurare la trasparenza dell’articolazione delle funzioni tra amministratori esecutivi e non esecutivi all’interno dell’organo di amministrazione, ma anche per assicurare un efficace svolgimento dei compiti del Presidente. Il Codice, infatti, pur non raccomandando la “non esecutività” del Presidente, gli attribuisce il ruolo di curare l’efficace funzionamento dei lavori consiliari e una funzione di raccordo tra gli amministratori esecutivi e gli amministratori non esecutivi. Nel caso in cui il Presidente assuma incarichi esecutivi – sia qualora svolga la funzione di CEO sia qualora gli siano attribuite rilevanti poteri gestionali – è quindi necessario che questa situazione sia chiaramente indicata e che vengano fornite adeguate motivazioni di tale scelta.
A fronte della dichiarata rilevanza della Raccomandazione in esame, l’attenzione è stata recentemente posta sulla qualità delle motivazioni circa la scelta di attribuire deleghe gestorie al Presidente.
Nella Lettera trasmessa il 25 gennaio 2023 alle società quotate italiane, il Presidente del Comitato per la Corporate Governance ha raccomandato alle “società nelle quali al presidente siano attribuite rilevanti deleghe gestionali [di] fornire, nella Relazione di Corporate Governance, adeguate motivazioni di tale scelta, anche qualora il presidente non sia qualificato come CEO”. Ciò sulla base del fatto che “l’attribuzione al presidente di deleghe gestionali, tali da far assumere al presidente stesso lo status di membro esecutivo, è presente circa nel 60% delle società. (…) Nei casi di presidente-CEO, circa la metà delle società fornisce una motivazione di tale scelta; questa informazione appare più rara nei casi di presidente esecutivo cui non è stata espressamente attribuita la carica di CEO. Si ricorda che il Codice richiede di fornire un’esplicita motivazione in tutti i casi in cui le deleghe gestionali attribuite al presidente siano considerate “rilevanti”, e non solo nel caso di coincidenza presidente-CEO.”
Sotto questo profilo, se nel 2023 era stato rilevato un miglioramento dell’informativa in questione – cfr. Lettera del 14 dicembre 2023, p. 7: “Rispetto alla prima rilevazione condotta lo scorso anno, appare in miglioramento l’informativa che le società forniscono nei casi in cui il presidente è il CEO della società o gli sono comunque attribuite rilevati deleghe gestionali” – nel 2024 la Lettera del Presidente del Comitato ha rilevato un trend negativo, osservando che, mentre l’attribuzione al Presidente della funzione di CEO o di rilevanti deleghe gestionali riguarda una quota significativa delle società che aderiscono al Codice (55%), nel 40% di questi casi la relazione sul governo societario non fornisce una motivazione della scelta di attribuire funzioni esecutive al Presidente e, ove fornita, la motivazione è in taluni casi non argomentata, limitandosi a una descrizione delle deleghe attribuite; inoltre, nei casi in cui non viene fornita una adeguata disclosure, tale circostanza non viene qualificata quale disapplicazione del Codice di Corporate Governance.
Sulla base di tale rilievo, la Lettera del 17 ottobre 2024 ha ribadito i principi già espressi raccomandando alle società di fornire adeguata trasparenza, ragguagliando i destinatari che “la mancanza di una spiegazione adeguatamente argomentata della scelta di attribuire al Presidente rilevanti deleghe gestionali (sia esso il CEO o meno) può configurare una disapplicazione della Raccomandazione 4 del Codice” e come tale, da indicare chiaramente secondo il principio del “comply or explain”.
Se, dunque, nella società quotata, pur con le descritte cautele, non è impedito al Presidente del CdA di assumere ruoli esecutivi, nelle banche (anche non quotate) la situazione è differente, considerato che, in tali enti il Presidente “deve avere un ruolo non esecutivo e non svolgere, neppure di fatto, funzioni gestionali”. Per espressa previsione della medesima Circolare 285/2013 tale divieto è stabilito al fine di consentire al Presidente di “svolgere efficacemente la propria funzione”, tra cui rientra quello di garantire “l’equilibrio di poteri rispetto all’amministratore delegato e agli altri amministratori esecutivi” (cfr. Circolare 285/2013, Parte I, Titolo IV, Capitolo I, Sezione V, par. 2; di v. anche “Orientamenti della Banca d’Italia sulla composizione e sul funzionamento dei consigli di amministrazione delle LSI” del 29 novembre 2022).
IV. All’ambito della composizione dell’organo è riconducibile una ulteriore tematica di interesse, ossia la questione dell’indipendenza del Presidente del Consiglio di Amministrazione. Rispetto alla precedente edizione del Codice di Autodisciplina, il Codice di Corporate Governance ha esplicitato la possibilità di qualificare il Presidente quale “amministratore indipendente”, pur con alcune ulteriori indicazioni: (i) l’organo comprende almeno due amministratori indipendenti, diversi dal Presidente (cfr. Art. 2, Raccomandazione 5) – con la precisazione che tale previsione dovrà essere coordinata con quanto previsto dalla norma primaria dell’art.147-ter, comma 4, Testo Unico della Finanza in tema di indipendenza[8]; (ii) anche il Presidente è soggetto alla valutazione di indipendenza alla stregua dei criteri previsti per gli altri amministratori previsti dal medesimo Codice di Corporate Governance (cfr. Art. 2, Raccomandazione 7); (iii) se il Presidente indipendente partecipa ai comitati raccomandati dal Codice, la maggioranza dei componenti del comitato medesimo è rappresentata da altri amministratori indipendenti e il Presidente del CdA non presiede i comitati remunerazioni e controllo e rischi (cfr. Art. 2, Raccomandazione 7).
Con riguardo al punto (ii), la Lettera del Presidente del Comitato per la Corporate Governance del 3 dicembre 2021 ha raccomandato agli emittenti “di voler fornire nella relazione sul governo societario i criteri utilizzati per la valutazione della significatività delle relazioni professionali, commerciali o finanziarie e delle remunerazioni aggiuntive, anche con riferimento al Presidente del consiglio di amministrazione, qualora quest’ultimo sia stato valutato come indipendente ai sensi del Codice”.
V. A corredo delle funzioni sopra elencate, al Presidente è rimesso altresì un ruolo di garanzia circa l’adeguatezza e la trasparenza del periodico processo di autovalutazione dell’organo di amministrazione, attività attraverso la quale i citati profili, tra gli altri, sono sottoposti alla (auto)valutazione dell’organo stesso.
Nell’ambito di tale processo, le funzioni del Presidente sono oggetto di specifico esame. Pertanto, le modalità di svolgimento di tali funzioni ha un diretto impatto sulla valutazione della sua attività.
VI. Il Presidente esercita le proprie funzioni anche nell’ambito della gestione del dialogo con azionisti. È, infatti, su proposta del Presidente che l’organo di amministrazione adotta una “politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti” (cfr. Art. 1, Raccomandazione 3 del Codice di Corporate Governance). Al Presidente viene altresì raccomandato di assicurare che l’organo di amministrazione sia informato, entro la prima riunione utile, sullo sviluppo e sui contenuti significativi del dialogo intervenuto con gli azionisti (cfr. Art. 1, Raccomandazione 3 del Codice di Corporate Governance). Nella prassi e, più precisamente, nell’ambito delle procedure e policy adottate dagli emittenti, al Presidente è poi normalmente rimessa una funzione operativa, quale primario interlocutore delle istanze provenienti dall’esterno della società, da parte della generalità degli stakeholders, in coerenza con i poteri di rappresentanza allo stesso riconosciuti.
3. Responsabilità del Presidente
Il Presidente del CdA è sottoposto – al pari degli altri amministratori – al regime di responsabilità delineato dall’art. 2392 c.c.[9] Nell’ambito delle società quotate, tuttavia, il regime della responsabilità del Presidente si intensifica, tenuto conto delle prerogative derivanti dalla disciplina di settore e dall’autodisciplina (ove la società vi aderisca).
Inoltre, come si è detto, nella prassi è frequente che il Presidente sia anche CEO o sia comunque titolare di deleghe gestorie: in tal caso il regime di responsabilità del Presidente non potrà che essere quello tipico degli amministratori esecutivi.
4. Conclusioni
La figura del Presidente del Consiglio di Amministrazione si configura come punto di equilibrio tra indirizzo strategico, gestione e controllo, assumendo nelle società quotate una specifica connotazione giuridica e istituzionale, volta a garantire la trasparenza e l’efficacia del sistema di governance.
Il progressivo rafforzamento del suo ruolo, soprattutto – nelle società quotate – ad opera dell’autodisciplina, riflette la tendenza a concepire la governance non più soltanto come un meccanismo di governo e organizzazione interni, ma come uno strumento di trasparenza e garanzia nei confronti del mercato e degli stakeholders. In tale prospettiva, il Presidente si afferma quale garante della buona amministrazione, chiamato a coniugare le esigenze di efficienza decisionale e adeguatezza informativa, nel rispetto dei principi di correttezza e trasparenza.
[1] Cfr. in dottrina F. Barachini, sub art. 2381 c.c., in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa, G.B. Portale, Milano, 2016, p. 1181 e ss. L’art. 2381, comma 1, c.c., in particolare, prevede quanto segue “Salvo diversa previsione dello statuto, il presidente convoca il Consiglio di Amministrazione, ne fissa l’ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all’ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri”.
[2] Si è parlato, a tale riguardo, di “specificazione del ruolo del presidente dell’organo rispetto alla funzione di mero coordinamento organizzativo e legale rappresentanza che di norma gli si attribuisce nel diritto societario generale”, utilizzando l’evocativa espressione di “direttore dell’orchestra collegiale”. In tal senso G. Meo, L’amministrazione di società quotate, in M. Cera, G. Presti (diretto da), Il Testo Unico finanziario, vol. II, 2020, p. 1863 e ss.
[3] È il medesimo Codice di Corporate Governance (cfr. Introduzione) a prevedere che “l’adesione al … Codice è volontaria ed è esplicitata nella relazione sul governo societario e gli assetti proprietari” nonché, con riguardo all’applicazione dello stesso che “Le società adottano il Codice con prevalenza della sostanza sulla forma e applicano le sue raccomandazioni secondo il criterio del “comply or explain”.
[4] Secondo quanto indicato nella più recente “Relazione sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate” pubblicata nel dicembre 2024 dal Comitato per la Corporate Governance, le società italiane quotate sul mercato principale (Euronext Milan gestito da Borsa Italiana) che dichiarano di aderire al Codice di Corporate Governance “rappresentano il 97% del totale delle società italiane con azioni quotate su Euronext Milan con un peso pari al 99% della capitalizzazione complessiva delle società italiane quotate”.
[5] Si fa riferimento alla Lettera del Presidente del Comitato per la Corporate Governance del 3 dicembre 2021, p. 9.
[6] Su tale argomento si v. G. Meo, L’amministrazione di società quotate, cit., pag. 1867.
[7] La previsione fa riferimento all’attribuzione al Presidente, frequente nella prassi, di deleghe gestorie e, in taluni casi, della carica di CEO. Secondo quanto riportato nella più recente “Relazione sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate” pubblicata nel dicembre 2024 dal Comitato per la Corporate Governance (cfr. pp. 16 e ss), infatti, “La presenza di un presidente esecutivo è molto frequente (53% del totale delle società censite): nel 28% dei casi si tratta di società con un presidente del consiglio che è espressamente identificato quale principale responsabile della gestione (presidente-CEO), nel 23% delle società il presidente, pur non essendo un CEO, è titolare di rilevanti deleghe gestionali, mentre in un residuale 2% delle società il presidente del consiglio di amministrazione è esecutivo senza ulteriori specificazioni”. La medesima Relazione osserva quanto segue: “La decisione di attribuire funzioni gestorie al presidente è motivata dall’esigenza di valorizzare le sue caratteristiche manageriali, illustrandosi come la concentrazione delle funzioni istituzionali (proprie della carica del presidente) e le funzioni gestorie (proprie della carica di CEO) risulti opportuna per assicurare una efficace e snella gestione organizzativa e operativa del consiglio di amministrazione; la necessità di assicurare la snellezza organizzativa del consiglio è frequentemente indicata nelle società di minori dimensioni e complessità operativa. In alcuni casi, sia tra le società grandi che tra quelle di minori dimensioni, la decisione di attribuire deleghe gestorie al presidente è giustificata dal fatto che il soggetto, essendo anche fondatore della società, possiede una profonda conoscenza della stessa; il suo ruolo, quindi, non è circoscritto a funzioni istituzionali e di rappresentanza, ma pienamente operativo”.
[8] L’art. 147-ter, comma 4, del Testo Unico della Finanza stabilisce, infatti, il numero di amministratori indipendenti a seconda della dimensione dell’organo: “almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione, ovvero due se il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette componenti, devono possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, (…)”
[9] Ai sensi dell’art. 2392 c.c. “gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori. In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell’articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale”.

 
							
 
						