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Attualità

I dubbi rapporti tra omessa SOS e dolo eventuale

8 Febbraio 2024

Marco Krogh, Notaio, Componente Commissione Antiriciclaggio del Consiglio Nazionale del Notariato

Alessandra Pesaresi, Avvocato, Componente Commissione Antiriciclaggio del Consiglio Nazionale del Notariato

Di cosa si parla in questo articolo

[*] Il presente contributo tratta il tema del rapporto tra omessa segnalazione di operazione sospetta (SOS) e dolo eventuale.


Il d. lgs. 231/2007 persegue finalità, espressamente previste dal primo comma dell’art. 2, di prevenzione e contrasto dell’uso del sistema economico e finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Per tali finalità il decreto offre, allo stesso art. 2, comma 4, una propria ampia definizione di riciclaggio, valevole, tra l’altro, al fine di individuare le operazioni per le quali grava l’obbligo di segnalazione in capo ai soggetti obbligati. Tale normativa nasce dalla consapevolezza sempre maggiore dell’insufficienza dei soli strumenti repressivi a contrastare un fenomeno criminale così complesso e articolato quale il riciclaggio, in grado di compromettere la stabilità del sistema finanziario, alterando i meccanismi dell’economia lecita basata sulla libera concorrenza. Detta esigenza ha reso necessario affiancare l’azione di contrasto con strumenti di carattere preventivo basati sulla collaborazione tra autorità pubbliche e specifiche categorie di operatori privati (cd. “collaborazione attiva”) che, per l’attività professionalmente esercitata, paiono idonei a consentire la tempestiva intercettazione di tali fenomeni. Ai soggetti obbligati, destinatari degli adempimenti la normativa richiede di conoscere la propria clientela e di conservare i dati e le informazioni acquisiti per consentire la tracciabilità delle operazioni e di segnalare alla UIF le eventuali operazioni sospette rilevate. L’obbligo di segnalazione di operazione sospetta sorge, infatti, quando il soggetto obbligato sappia, sospetti o abbia ragionevoli motivi per sospettare che siano in corso o che siano state compiute operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa.

L’omissione di segnalazione di operazione sospetta configura pertanto una violazione al citato obbligo dalla quale consegue l’applicazione delle misure sanzionatorie di cui all’art. 58 del d. lgs. 231/2007, salvo che il fatto costituisca reato. Peraltro, va sottolineato che l’inciso “salvo che il fatto costituisca reato”, contenuto nell’incipit dell’art. 58 del decreto antiriciclaggio, appare una sottolineatura pleonastica, tenuto conto che nel nostro ordinamento, in base ai principi generali, nessuno può essere punito per lo stesso fatto con una sanzione amministrativa e con una sanzione penale, sulla base del principio del ne bis in idem. Tale violazione, ove accertata, non comporta pertanto, di per sé, dirette e/o immediate ricadute penalistiche, ma immediate e dirette ricadute in termini di sanzioni amministrative previste dal d. lgs. 231/2007. Un reato, infatti, si compone di due elementi fondamentali: l’elemento oggettivo, costituito dalla condotta, dal nesso causale tra condotta ed evento e dall’evento lesivo illecito e l’elemento soggettivo, in cui entra in gioco la volontà del soggetto agente (dolo, colpa, preterintenzione). La giurisprudenza è orientata ad ammettere che l’elemento soggettivo del riciclaggio possa essere integrato anche da dolo eventuale, per il quale l’agente “si rappresenta come seriamente possibile (non come certa) l’esistenza dei presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare all’azione e ai vantaggi che se ne ripromette, accetta che il fatto possa verificarsi: il soggetto decide di agire costi quel che costi, mettendo cioè in conto la realizzazione del fatto” (cfr. Cass. Pen. Sez. Unite, 26//11/2009 n. 12433).

Le stesse sentenze maggiormente rappresentative in argomento (cfr. Cass. Pen. Sez. II n. 29452/2013 e Sez. III n. 9472/2016), ricostruiscono la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio in termini di dolo eventuale esclusivamente quando ricorrono dettagliati elementi sintomatici, che facciano ritenere con certezza che il soggetto agente, concorrente nel reato di riciclaggio “sappia e voglia” e, quindi che sia a conoscenza del reato presupposto e, con altrettanta certezza, che si sia rappresentato come seriamente e concretamente possibile la realizzazione dell’evento delittuoso (volizione). È da escludere che il “mero sospetto” e la mancata astensione – peraltro esclusa per i notai e per coloro che, come i notai, hanno un obbligo di legge di eseguire la prestazione -, possa essa sola integrare una condotta riconducibile al dolo eventuale. Non può, inoltre, trascurarsi che, in forza dell’art. 2 del decreto antiriciclaggio, i dati e le informazioni che il professionista deve acquisire sono quelli relativi allo svolgimento della prestazione da eseguire e, quindi, da rapportare alla peculiarità e specificità dell’attività da svolgere.

L’errata equivalenza, anche per eccesso, omessa SOS = dolo eventuale rischia di frustrare le specifiche finalità delle Direttive comunitarie e della normativa di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo e creare danni al sistema con l’inoltro di SOS prudenziali e “difensive” in controtendenza con gli obiettivi UIF che sollecitano compilazione ed inoltro di SOS non seriali, ma accurate e mirate a rendere efficiente il sistema.

 

[*] Le opinioni degli autori sono espresse a titolo personale e non impegnano il Consiglio Nazionale del Notariato

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