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Giurisprudenza

Direzione e coordinamento societario: presunzione di ascrivibilità della disciplina codicistica e criteri di determinazione della responsabilità

5 Settembre 2017

Manfredi Sclopis, Trainee presso Linklaters LLP

Tribunale di Milano, 14 dicembre 2016, n. 13636 – Pres. Rel. Perroziello

Di cosa si parla in questo articolo

La sentenza in parola esamina la complessa disciplina codicistica relativa alle norme in materia di direzione e coordinamento societario, con particolare riferimento al rapporto che intercorre tra l’articolo 2497 del codice civile in tema di responsabilità della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento e l’articolo 2497-sexies in tema di presunzione di ascrivibilità delle norme in oggetto.

Nel caso di specie, la società attrice agiva nei confronti delle due società convenute sul presupposto che queste, avendo esercitato congiuntamente attività di direzione e coordinamento di Maflow fin dalla sua costituzione, avrebbero portato la medesima al progressivo dissesto mediante una serie di operazioni di acquisizione di partecipazioni societarie e di finanziamenti ad esse collegati che, sempre a detta della società attrice, sarebbero state realizzate nell’esclusivo interesse delle convenute e in totale pregiudizio della società attrice, integrando dunque una evidente fattispecie di responsabilità di cui all’articolo 2497 del codice civile.

Orbene, per determinare se il suddetto articolo 2497 del codice civile trovi applicazione nel caso concreto, occorre anzitutto valutare se esistano i presupposti di applicazione della disciplina, ed in particolare se sussistano gli elementi che facciano presumere la presenza dei requisiti di direzione e coordinamento in capo alle due società convenute. Al riguardo, il testo dell’articolo 2497-sexies del codice civile sottolinea che si presume salvo prova contraria che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque la controlla ai sensi dell’articolo 2359. In questo senso, ad una prima analisi, non rientrando le due convenute nella nozione di società esercente attività di direzione e coordinamento di cui al suddetto articolo 2497-sexies, sembrerebbe invero doversi escludersi ab origine il fondamento della domanda attorea. E’ tuttavia pur vero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che “anche qualora non ricorra una situazione in cui l’esercizio di attività di direzione e coordinamento in capo alla dirigente possa presumersi, non è escluso che si realizzi di fatto una situazione di direzione e coordinamento che si manifesta nell’esercizio della relativa attività e che trovi la propria fonte in ragioni diverse dal controllo a base partecipativa e contrattuale di cui all’articolo 2359, nn. 2 e 3 c.c., anche se, in tal caso, l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento non potrà essere presunto ma dovrà essere provato” e inoltre, prosegue la Corte, “potrà essere sufficiente che siano forniti indizi gravi, precisi e concordanti circa l’oggettiva coerenza dell’atto o dell’attività dannosa per la società diretta, che si assume compiuta per effetto dell’influenza della dirigente, con un disegno di gruppo, tale per cui l’evento dannoso ha determinato un corrispondente vantaggio per l’ente dirigente (o per altra società del gruppo), se tale atto non è sorretto da una giustificazione economicamente razionale nella prospettiva della controllata o il vantaggio evidenzia anomalie nella corretta gestione imprenditoriale e societaria della società eterodiretta danneggiata”.

Ed ecco che la Corte fa salva l’eventualità che una società, pur non potendo considerarsi propriamente alla stregua di società esercente attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’articolo 2359, comma primo, numeri 2 e 3, debba comunque considerarsi tale allorquando vengano forniti in sede di giudizio gli elementi necessari e sufficienti per ritenere che l’attività di direzione e coordinamento venga esercitata de facto, fermo restando che l’onere probatorio grava in questo caso su chi intende far valere la situazione giuridica in essere e, dunque, sulla società attrice. In questo senso, sottolinea la Corte, non sussiste alcuno dei presupposti necessari per ritenere che le due società convenute abbiano effettivamente esercitato l’attività di direzione e siano, dunque, responsabili per il dissesto del patrimonio della società attrice, essendo mancanti tutti gli elementi probatori che dimostrino una situazione di effettivo controllo esterno ovvero interno da parte della convenute. La Corte prosegue nel sottolineare come manchi altresì il disegno di frode che, secondo l’attrice, sarebbe stato congiuntamente perseguito dalle due convenute e che, se fosse stato presente, avrebbe potuto fondare in assenza delle prove dirette di una specifica attività di direzione e coordinamento svolta dai convenuti in ordine alle singole scelte gestorie della Maflow una presunzione ragionevole di eterodirezione da parte dei convenuti e il carattere abusivo della relativa condotta. E proprio l’assenza di tali requisiti conferma oltremodo la posizione della Corte che, pronunciandosi sulla questione, dichiara in definitiva infondata la questione rigettando la domanda attorea, e condannando l’attrice al pagamento delle relative spese processuali.

In conclusione, la Corte si esprime su una questione cruciale legata al rapporto che lega le società appartenenti ad uno stesso gruppo, sottolineando come la presunzione di cui all’articolo 2497-sexies, pur essendo relativa e dunque passibile di prova contraria, debba essere comunque superata della società attrice, su cui graverà conseguentemente l’onere di fornire gli elementi probatori necessari per dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti ai fini dell’ascrivibilità delle norme in materia di direzione e coordinamento in assenza dei presupposti di cui al più volte citato articolo 2497-sexies del codice civile.

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