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Giurisprudenza

Dichiarazione di fallimento: soglie quantitative, onere della prova e obbligo di notifica

27 Febbraio 2023

Fabrizio Bonato

Cassazione Civile, sez. I, 24 ottobre 2022, n. 31353 – Pres. Cristiano, Rel. Abete

Di cosa si parla in questo articolo

Con il provvedimento in commento, la Corte di Cassazione ha occasione di ribadire il proprio orientamento in merito ad alcuni aspetti – sia di natura processuale sia di natura sostanziale – del procedimento per la dichiarazione di fallimento.

Sotto il profilo processuale, il ricorrente (fallito) sottolinea la mancata notifica dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento pervenuti successivamente all’instaurazione del procedimento medesimo, nonché la mancata notifica al contumace delle domande contenenti atti nuovi ai sensi dell’art. 292 c.p.c..

Sotto il primo aspetto, la Corte di Cassazione ha tuttavia ritenuto di confermare il proprio consolidato orientamento, secondo cui “nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, al debitore, cui sia stato regolarmente notificato il ricorso nel rispetto delle forme previste dalla legge, non devono essere necessariamente notificati i successivi ricorsi che si inseriscano nel medesimo procedimento, avendo egli l’onere di seguire l’ulteriore sviluppo della procedura regolarmente instaurata e di assumere ogni opportuna iniziativa in ordine ad essa”.

Con riferimento al secondo aspetto, invece, la Suprema Corte conferisce rilievo al fatto che il fallito – a seguito del deposito degli atti di intervento – è cionondimeno comparso all’udienza, reso dichiarazioni e formulato istanze e proposte transattive. Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione non ha ritenuto sussistente alcuna violazione del diritto di difesa dovuta al mancato rispetto del termine tra la notifica del decreto di convocazione e la data dell’udienza né alla manca abbreviazione del termine, non avendo in sede di udienza il fallito formulato alcuna riserva o rilievo in ordine alla ristrettezza del termine concessogli.

Infine, il fallito ha lamentato un’interpretazione sostanzialmente discrezionale, da parte del giudice di primo grado, dell’onere della prova gravante sul fallito medesimo in merito alla sussistenza dei requisiti di fallibilità: in sostanza, secondo la tesi del ricorrente, l’onere della prova sarebbe attenuato dal regime di contabilità semplificata cui lo stesso era sottoposto, nonché dall’essere lo stesso rimasto contumace non avendo quindi depositato alcuna documentazione contabile.

Di contro, la Corte di Cassazione conferma l’impostazione del giudice di merito, il quale ha rilevato come l’onere della prova in merito al non superamento delle soglie di fallibilità resta in capo al fallito anche sulla base della disciplina applicabile ratione temporis (i.e., D.Lgs. 5/2006), ed il mancato deposito della contabilità (anche ai sensi dell’art. 15, comma 4, l.fall.) e dell’ulteriore documentazione si risolve in ultima analisi in danno del fallito gravato dall’onere della prova.

Sotto il profilo sostanziale, invece, i motivi di doglianza del ricorrente si concentrano sulle modalità di calcolo dell’ammontare di debiti scaduti e non pagati rilevante ai fini della dichiarazione di fallimento; ammontare che, secondo la tesi del ricorrente, deve risultare superiore alla soglia fissata dalla legge per tutto il corso di svolgimento del procedimento prefallimentare.

Di contro, anche su tale punto la Corte di Cassazione fa propria la tesi esposta dal giudice di merito, rilevando che ai fini del computo del limite minimo di fallibilità ai sensi dell’art. 15, u.c., l.fall., “deve aversi riguardo al complesso dei debiti scaduti e non pagati accertati non già alla data della proposizione dell’istanza di fallimento, ma a quella in cui il tribunale decide sulla stessa”.

Nel caso di specie, pur avendo la desistenza di alcuni istanti ridotto temporaneamente l’ammontare al di sotto della soglia rilevante di Euro 30.000, l’intervento di ulteriori creditori aveva innalzato nuovamente tale importo al di sopra della soglia medesima prima della decisione del Tribunale: pertanto, secondo la Corte di Cassazione, il Tribunale ha correttamente ritenuto superato il limite di fallibilità di cui all’art. 15, u.c., l.fall..

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