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Giurisprudenza

Detraibilità IVA sui canoni di leasing: il contribuente deve provare l’inerenza del bene

4 Marzo 2021

Lorenzo Giannico

Cassazione Civile, Sez. V, 4 novembre 2020, n. 24535 – Pres. Virgilio, Rel. Nonno

Di cosa si parla in questo articolo

In tema di detraibilità IVA, in base alla disciplina dettata dall’art. 4, comma 2, n. 1, e art. 19, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, mentre le cessioni di beni da parte di società commerciali sono da considerare in ogni caso effettuate nell’esercizio dell’impresa, in ordine agli acquisti di beni da parte delle stesse società, l’inerenza all’esercizio dell’impresa di tali operazioni passive, ai fini della detraibilità dell’imposta, non può essere ritenuta in virtù della semplice qualità di imprenditore societario dell’acquirente, ma occorre accertare che le operazioni medesime siano effettivamente compiute nell’esercizio dell’impresa, cioè in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, con onere della prova a carico di chi invochi la detrazione.

In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione nella sentenza in oggetto, confermando la presa di posizione della Commissione Tributaria Regionale competente, favorevole all’Amministrazione Finanziaria.

La controversia traeva origine da un provvedimento di accertamento con il quale ad una società era stata negata la detrazione dell’IVA sui canoni di leasing relativi ad un fabbricato, che erano stati ritenuti dall’Agenzia delle Entrate estranei all’esercizio d’impresa e conseguentemente considerati indetraibili per il mancato rispetto di quanto disposto dall’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633.

L’iter giudiziale, promosso dalla contribuente, aveva infine visto quest’ultima soccombente dinanzi alla CTR competente che, in sede di rinvio disposto da una precedente pronuncia di Cassazione, accoglieva il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, giudicando rilevante il fatto che il fabbricato acquisito in leasing fosse stato locato a terzi, e che, conseguentemente, non potesse acquisire strumentalità per l’attività d’impresa della società.

Il giudice di appello, inoltre, rimarcava come l’oggetto sociale della contribuente non prevedesse, in origine, l’attività di compravendita immobiliare, e che in ogni caso non fosse stato addotto alcun elemento atto a dimostrare l’inerenza e la strumentalità del bene.

La società proponeva dunque ricorso per la cassazione della pronuncia della CTR, lamentando anzitutto la violazione del principio fissato dalla Corte di Legittimità in occasione del rinvio al giudice di appello, non avendo considerato il nesso tra l’acquisizione dell’immobile in leasing, quale operazione passiva, in quanto strumentale all’attività imprenditoriale della società, e le successive operazioni attive, quali la locazione a terzi e successiva rivendita dell’immobile acquisito.

Il mancato vaglio del rapporto tra operazioni passive e attive era censurato altresì sotto il diverso profilo della violazione e falsa applicazione degli articoli 1,4,17 e 19 del d.P.R. 633/1972 e dell’articolo 168 della direttiva n. 20016/112/CE.

Infine, si doleva la ricorrente del difetto di motivazione o comunque omesso esame della riconducibilità all’oggetto sociale delle attività in contestazione.

I giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso della contribuente, sostenendo come, in base alla Direttiva 77/388CEE ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e di Legittimità (Cfr. Cass. 11765/2008), essendo possibile per il compratore portare in detrazione l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore solo quando si tratti di acquisto effettuato nell’esercizio dell’impresa, risulti necessario, oltre al requisito della qualità d’imprenditore dell’acquirente, l’inerenza del bene acquistato all’attività imprenditoriale.

Quest’ultima caratteristica deve intendersi quale strumentalità del bene stesso rispetto alla specifica attività condotta.

Nondimeno, la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità permane in capo dell’interessato, in quanto non viene prevista una deroga ai comuni criteri in tema di onere della prova.

Difatti, in aderenza al disposto dell’art. 19 D.P.R. 633/1973, ai fini della detrazione dell’imposta sulle operazioni passive sono richiesti sia la qualità di imprenditore commerciale dell’acquirente sia l’inerenza, ovvero la strumentalità del bene acquistato rispetto all’attività imprenditoriale (Cass. 1421/2008).

Di talché, il riscontro di tali requisiti non può essere presunto in ragione della qualità di società commerciale dell’acquirente.

A giudizio della Corte, la pronuncia del giudice di merito è esente da censure, non avendo peraltro la contribuente fornito adeguati riscontri circa l’inerenza delle operazioni passive.

Da ultimo, la Corte di Cassazione, sollecitata dalla ricorrente in relazione ad altre pronunce passate in giudicato che avevano riconosciuto a proprio favore la deducibilità ai fini delle imposte dirette dei canoni di leasing immobiliare, ha rilevato in via generale come la formazione del giudicato esterno – relativamente ai giudizi di merito afferenti la medesima fattispecie su periodi d’imposta antecedenti, già passati in giudicato – spiega efficacia vincolante nel giudizio relativo a un successivo anno d’imposta quando siano rimasti immutati gli elementi fattuali rilevanti ai fini della verifica dell’inerenza stessa, come nel caso dei canoni di leasing relativi al medesimo immobile di cui sia chiesta la deducibilità per più annualità (Cass. 33572/2018).

Tuttavia, dato che, nel caso di specie, i giudizi concernevano tributi differenti, l’efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre.

 

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