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Giurisprudenza

Deducibilità delle quote di ammortamento delle aziende in affitto o usufrutto

15 Febbraio 2021

Maria Cristina Latino, Avvocato presso EY

Cassazione Civile, Sez. V, 28 luglio 2020, n. 16180 – Pres. Cirillo, Rel. Crucitti

Di cosa si parla in questo articolo

In tema di determinazione del reddito d’impresa, le quote di ammortamento delle aziende date in affitto o in usufrutto sono deducibili dal reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario, e non da quello del concedente, e sono commisurate al costo originario dei beni risultante dalla contabilità di quest’ultimo.

Nel caso di specie, una società aveva stipulato un contratto di affitto di ramo d’azienda avente ad oggetto l’attività industriale di fabbricazione di materassi, comprensiva dell’immobile industriale, già oggetto di locazione a terzi antecedentemente l’operazione.

La società affittuaria aveva provveduto a riscuotere e fatturare i relativi fitti attivi dell’immobile ed a dedurre gli accantonamenti effettuati in relazione ai beni di terzi componenti il compendio aziendale.

Per quanto di interesse, dopo aver ricevuto un avviso di accertamento relativo a IRAP ed IRES, con il quale l’Amministrazione Finanziaria disconosceva la deduzione dei menzionati accantonamenti, la contribuente impugnava tale atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP), la quale riconosceva la legittimità del provvedimento quanto alla non deducibilità degli elementi passivi.

La società procedeva quindi con appello alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), che ribadiva quanto affermato dal giudice di prime cure in merito all’indeducibilità dell’accantonamento “ripristino beni terzi” e rilevava come tale accantonamento non fosse tra quelli espressamente deducibili come individuati dall’art. 107 TUIR.

La stessa aggiungeva, inoltre, che la fattispecie non rientrava neppure nell’ipotesi contemplata dall’art. 102 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), trattandosi di ammortamento in realtà effettuato da un soggetto diverso dall’effettivo affittuario dell’azienda.

La contribuente proponeva ricorso per la cassazione della pronuncia d’appello, dolendosi, per quanto di interesse, per violazione e falsa applicazione degli articoli 1571 cod. civ. e 1615 cod. civ. e, conseguentemente, degli articoli 88, 102, 107 e 109 TUIR, relativamente al recupero a tassazione del fondo accantonamento e dell’accantonamento ripristino beni dei terzi.

A parere della Suprema Corte la censura risulta fondata, laddove la stessa giurisprudenza di Legittimità (Cfr. Cass. 6836/2019; conformemente anche 18537/2010) ha statuito che “in tema di determinazione del reddito d’impresa, le quote di ammortamento delle aziende date in affitto o in usufrutto sono deducibili ai sensi degli artt. 67, comma 9, del D.P.R. 917 del 1986 e 14, comma 2, del D.P.R. n. 42 del 1988, dal reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario, e non da quello del concedente, e sono commisurate al costo originario dei beni risultante dalla contabilità del concedente”.

L’art. 102, comma 8 del TUIR, sul tema del trattamento fiscale delle quote di ammortamento delle aziende date in affitto (o in usufrutto) dispone che esse sono deducibili “nella determinazione del reddito dell’affittuario”; la disposizione stabilisce chiaramente che le quote debbano essere dedotte dall’utilizzatore e non dal proprietario dei beni aziendali.

La CTR non ha fatto quindi corretta applicazione della normativa, in quanto ha reputato che la società affittuaria avesse illegittimamente dedotto le quote d’ammortamento dei cespiti ammortizzabili.

Per l’effetto, la Corte, in accoglimento del motivo di ricorso formulato, ha cassato la pronuncia impugnata e rinviato alla CTR competente in diversa composizione.

 

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