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Giurisprudenza

Confisca dell’immobile e buona fede della banca ai fini del pagamento del credito ipotecario

30 Novembre 2018

Laura Colombo, Laghi Leo Spangaro e Associati

Cassazione Penale, Sez. I, 2 agosto 2018, n. 37558 – Pres. Novik, Rel. Tardio

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’ammissione al pagamento di un credito ipotecario relativamente ad un immobile di proprietà di un soggetto condannato per delitto di usura e sottoposto a confisca ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies, convertito dalla L. n. 356 del 1992.

Un istituto di credito, infatti, aveva chiesto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 199, l’ammissione al pagamento di un credito in virtù di un contratto di finanziamento fondiario, garantito da ipoteca trascritta sull’immobile confiscato in data antecedente alla esecuzione e trascrizione nei registri immobiliari del sequestro preventivo finalizzato alla confisca.

La Cassazione, in primo luogo, non ritenendo applicabile per ragioni temporali la normativa di cui alla L. n. 228 del 2012 (la confisca, infatti, era stata disposta con sentenza divenuta definitiva il 22

febbraio 2011, antecedentemente all’entrata in vigore della predetta legge), aderisce al principio già affermati dalla Corte con la sentenza n. 34106 del 9 aprile 2015. In base a tale pronuncia, “la devoluzione del bene alla mano pubblica non comporta di per sé la totale cancellazione della storia del bene medesimo e non comporta l’automatica estinzione dei diritti dei terzi gravanti sull’oggetto, a condizione che il terzo, pur se creditore garantito da ipoteca, dimostri in concreto la sua posizione di buona fede e di affidamento incolpevole nei momenti essenziali della intervenuta contrattazione civilistica”.

Con riferimento al requisito della buona fede, la Suprema Corte richiama poi l’orientamento già espresso dalla pronuncia n. 30326 del 29 aprile 2011: la nozione di colpevolezza o di volontà colpevole abbraccia sia il dolo che la colpa ed un comportamento può classificarsi come colpevole anche in dipendenza di un atteggiamento colposo dovuto ad imprudenza, negligenza ed imperizia. Non può peraltro parlarsi di comportamento incolpevole qualora il fatto, pur non essendo stato conosciuto, sia tuttavia conoscibile con l’uso della ordinaria diligenza e prudenza.

Nel caso di specie, il Tribunale di Siracusa aveva accolto la richiesta di ammissione del credito ipotecario, ravvisando la sussistenza del presupposto della buona fede da parte della banca nell’assenza di oggettivi elementi di allarme “ambientale” (formale incensuratezza del soggetto richiedente il finanziamento fondiario, assenza di sue conclamate relazioni con compagni criminali), ritenendo che, in assenza di tali elementi, dovesse valutarsi la diligenza del comportamento dell’istituto creditore in relazione al “mancato scostamento rispetto alle procedure standardizzate per la concessione dei mutui ipotecari”.

La Suprema Corte, tuttavia, annulla l’ordinanza del Tribunale di Siracusa, ritenendo che il giudizio positivo relativo alla buona fede della banca creditrice, fondato sul solo rispetto delle procedure tipizzate per la concessione dei finanziamenti, non fosse sufficiente: la banca infatti, tenuta ad attenersi alle specifiche direttive emanate dagli organi di vigilanza, è soggetta a particolari obblighi di diligenza professionale qualificata per la peculiare posizione rivestita per la gestione del credito nel sistema socio-economico. L’assolvimento dell’onere probatorio posto in capo all’Istituto avrebbe supposto la dimostrazione che la erogazione del mutuo era avvenuta in presenza di un reale controllo della capacità finanziaria e delle condizioni patrimoniali del richiedente e della famiglia e della sua affidabilità soggettiva, anche alla luce di rapporti pregressi ovvero pendenti con la banca stessa o con altri istituti.

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