WEBINAR / 18 Giugno
Rischio geopolitico e gestione del credito, tra dazi e guerre commerciali


Strumenti di monitoraggio e mitigazione

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 30/05


WEBINAR / 18 Giugno
Rischio geopolitico e gestione del credito, tra dazi e guerre commerciali
www.dirittobancario.it
Giurisprudenza

Banche venete: subentro di Intesa nei rapporti controversi già estinti?

10 Giugno 2025

Cassazione Civile, Sez. I, 05 giugno 2025,  n. 15083 – Pres. Di Marzio, Rel. Campese

Di cosa si parla in questo articolo

La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con pronuncia n. 15083 del 05 giugno 2025 (Pres. Di marzio, Rel. Campese), si è pronunciata sul subentro ex lege della banca cessionaria Intesa, nei rapporti controversi già estinti al momento della cessione dei rami d’azienda delle c.d. “banche venete” (Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza).

In particolare, la Cassazione ha affrontato lo specifico problema se, nelle cause pendenti alla data (26 giugno 2017) del contratto di cessione, ai sensi dell’art. 3, c. 1, del D.L. 99/2017, ed aventi ad oggetto rapporti bancari già estinti in tale data, si sia verificato o no il subentro della cessionaria nella posizione sostanziale e processuale di tali banche.

In altri termini, la Cassazione, riassumendo il quesito posto, chiarisce che “occorre stabilire se quelle controversie rientrano nel cd. «Contenzioso pregresso» (cfr. parag. 3.1.2., sub lett. b], [vii] di detto contratto), in cui è sicuramente subentrata Intesa Sanpaolo s.p.a., oppure nel cd. «Contenzioso escluso» (cfr. parag. 3.1.4., sub lett. b], [vi] del medesimo contratto) in cui tanto non si è verificato“.

La soluzione della questione posta richiede per la Corte:

  • l’interpretazione della disciplina della cessione posta all’art. 3 del D.L. 99/2017 e lo spazio da essa riservato alla fonte autonoma costituita dal successivo contratto di cessione concluso dai commissari liquidatori delle banche venete con Intesa, come previsto dal decreto
  • l‘interpretazione, in particolare, del contratto di cessione stipulato fra Veneto Banca in l.c.a. e Intesa
  • la rilevanza giuridica del Secondo Accordo ricognitivo del gennaio 2018, stipulato dagli organi della procedura e la cessionaria dopo la cessione, ovvero se debba essere inteso come materiale interpretativo del contratto di cessione, oppure come un accordo modificativo, in quest’ultimo caso ponendosi l’ulteriore interrogativo della sua validità ed efficacia nei confronti di soggetti diversi dai contraenti

Con la pronuncia in esame la Cassazione non intende dare seguito alla precedente pronuncia della Cassazione n. 17824/2023 (con conclusioni confermate da Cass. 2785/2025).

In tali pronunce, sottolinea la Corte, è infatti mancato l’esame della disciplina del contratto di cessione intercorso tra i commissari liquidatori e la cessionaria, sotto il particolare profilo della inerenza e funzionalità all’esercizio dell’impresa bancaria dei rapporti in relazione ai quali si erano formati quei titoli esecutivi.

In tali pronunce la Corte aveva ritenuto infatti che il perimetro concreto della cessione fosse stato delineato direttamente dal legislatore con il D.L. 99/2017 in una previsione (art. 3, c. 1, lett. c), che, invece, in realtà, come confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 250/2022, svolgeva l’unica funzione di vietare la cessione di una determinata categoria di passività, lasciando, poi, all’autonomia delle parti contraenti la concreta determinazione del perimetro della cessione.

Sull’interpretazione della disciplina della cessione delle banche venete ex art. 3 D.L. 99/2017

Ora, nell’intrecciarsi del dato normativo con quello negoziale, la Cassazione ricorda che l’ambito della cessione, anche se per alcuni aspetti è definito già in sede di decreto-legge, è fissato in via esclusiva dal contratto.

Mentre, infatti, il decreto-legge afferma che sono escluse dalla cessione “le riserve e il capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché dagli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1” (art. 52, c. 1, lett. a, punto i, D. Lgs. n. 180/2015), a stabilire, invece, quale sia la sorte dei rapporti estinti alla data della collocazione delle due banche in liquidazione coatta amministrativa non basta il decreto-legge, ma occorre il contratto: ciò perché il decreto ha attribuito alle parti il potere di determinare l’ambito della cessione, entro limiti normativamente fissati.

Infatti, poiché il decreto riconosce che “il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione“, è da escludere, per la Cassazione, che la previsione di cui all’art. 3 del decreto, secondo cui sono escluse dalla cessione “le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività” possa essere intesa nel senso che, a contrario, siano viceversa incluse nella cessione le medesime controversie qualora sorte anteriormente ad essa.

L’interpretazione del contratto di cessione

Guardando dunque al contratto di cessione siglato fra i commissari liquidatori delle banche venete e Intesa, il suo art. 3 chiarisce che, per stabilire se i debiti derivanti rapporti cessati in data antecedente all’apertura (avvenuta il 25 giugno del 2017) della liquidazione coatta amministrativa delle banche venete, o meno, da intendersi ricompresi nel “Contenzioso pregresso” (ricompreso nelle Passività Incluse e quindi trasferite alla cessionaria) o nel “Contenzioso escluso” (facente parte delle Passività escluse, come tali non trasferite alla cessionaria), non è sufficiente il mero dato temporale della sola pendenza della corrispondente lite al momento (26 giugno 2017) della stipulazione del Contratto di cessione, essendo richiesto, altresì che si tratti di debiti che “derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria“.

Tale previsione contrattuale, ricorda la Cassazione, non va riferita alla sola attività bancaria e cioè a quella speciale attività tipologicamente integrata dalla raccolta di risparmio tra il pubblico e dall’esercizio del credito (art. 10 TUB), ma all’impresa bancaria, che si identifica, sul piano oggettivo, con l’azienda, o parte di essa, oggetto di cessione.

Tutti i rapporti che fanno capo all’impresa, indipendentemente dal fatto che siano riferibili alla tipica attività bancaria, risultano “inerenti e funzionali” ad essa, nel senso che rientrano nell’azienda, intesa come universitas comprendente beni materiali e immateriali, diritti, obblighi e rapporti giuridici unificati dalla destinazione al fine comune dell’esercizio dell’impresa: pertanto, per la Corte è priva di fondamento l’idea per cui un rapporto di conto corrente sia compreso nella cessione dell’azienda bancaria e un rapporto di fornitura di beni strumentali allo svolgimento dell’attività bancaria invece non lo sia; entrambi sono rapporti aziendali e, come tali, risultano essere inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria intesa nella sua tipicità.

Con tale locuzione, pertanto, le parti hanno inteso far riferimento a quei rapporti che, oltre ad essere inclusi nei rapporti aziendali, rilevano finalisticamente per lo svolgimento della specifica attività di impresa della cessionaria: ovvero, che le passività oggetto di trasferimento debbano essere riferite a quei rapporti che, per non essersi esauriti alla data della cessione, debbano per tale ragione reputarsi funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria di Intesa.

Secondo la Cassazione, in altri termini, la locuzione riferita a debiti che “derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria“, di cui all’art. 3 del contratto di cessione, va interpretato nella prospettiva dell’istituto di credito cessionario, privilegiando, cioè, non già un concetto astratto di inerenza e funzionalità del rapporto all’attività bancaria, bensì, una funzionalità all’effettivo e concreto svolgimento dell’attività bancaria da parte del cessionario medesimo; diversamente, del resto, non si spiegherebbe il motivo per cui dalla cessione sono stati esclusi i rapporti in sofferenza.

La rilevanza giuridica del Secondo Accordo ricognitivo del gennaio 2018

Da ultimo, per la Corte, la definitiva conferma del fatto che qualsiasi contenzioso avente ad oggetto rapporti estintiti deve ritenersi escluso dalla cessione si trae anche dal comportamento delle parti successivo al contratto di cessione: nel Secondo Accordo Ricognitivo stipulato in data 17 gennaio 2018, infatti, l’esclusione dalla cessione dei contenziosi relativi a rapporti estinti (sancita al punto 4 dell’Allegato 1.1) è stata ribadita dai commissari liquidatori e da Intesa con efficacia, appunto, meramente ricognitiva degli accordi già sanciti e desumibili dall’interpretazione del contratto di cessione considerata in questa sede dalla Cassazione conforme a legge.

In conclusione, ritiene la Corte che, correttamente applicando i principi di ermeneutica contrattuale, l’unica lettura possibile del contratto di cessione de quo è quella per cui la pendenza della lite non può ritenersi un criterio sufficiente, da solo, per reputare un rapporto incluso nel perimetro della cessione ad Intesa, in quanto una passività, benché oggetto di un contenzioso pendente al 26 giugno 2017, ben potrebbe non integrare il requisito della inerenza e funzionalità all’impresa bancaria della cessionaria.

Di cosa si parla in questo articolo

WEBINAR / 10 Luglio
La digitalizzazione dei contratti e delle firme


Problematiche attuali e casistiche rilevanti

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 20/06


WEBINAR / 26 Giugno
Gestione di informazioni privilegiate: il nuovo regime MAR


Le novità del Listing Act e i nuovi standard europei

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 06/06

Iscriviti alla nostra Newsletter