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Le prossime novità della normativa antiriciclaggio

19 Giugno 2013

Avv. Maurizio Arena

Di cosa si parla in questo articolo
AML

Con il presente contributo si intende dare conto delle principali proposte normative che di recente hanno riguardato la materia del contrasto al riciclaggio di proventi illeciti.

Si tratta di interessanti sviluppi sia in tema di fattispecie penali sia in tema di normativa amministrativa di prevenzione.

1. La IV Direttiva Antiriciclaggio

La proposta di IV Direttiva, avanzata dalla Commissione europea il 5 febbraio scorso, obbliga gli Stati membri ad introdurre un regime di responsabilità a carico delle persone giuridiche, in relazione ad alcuni illeciti amministrativi commessi a loro vantaggio.

In particolare, secondo l’art 56, in caso di inadempienze sistematiche”1 in relazione agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di segnalazione di operazioni sospette, di conservazione dei documenti e sui controlli interni, gli Stati membri dovranno assicurare che le sanzioni amministrative applicabili comprendano almeno:

a) una dichiarazione pubblica indicante la persona fisica o giuridica e la natura della violazione;

b) un ordine che impone alla persona fisica o giuridica di porre termine al comportamento in questione e di astenersi dal ripeterlo;

c) nel caso di un ente obbligato soggetto ad autorizzazione, la revoca dell’autorizzazione;

d) per tutti i membri dell’organo di gestione dell’ente obbligato considerati responsabili, l’interdizione temporanea dall’esercizio di funzioni in seno a enti;

e) nel caso di una persona giuridica, sanzioni amministrative pecuniarie fino al 10% del suo fatturato complessivo annuo nell’esercizio finanziario precedente2;

f) nel caso di una persona fisica, sanzioni amministrative pecuniarie fino a 5 milioni di euro o, negli Stati membri la cui moneta non è l’euro, il corrispondente valore in valuta nazionale alla data di entrata in vigore della direttiva;

g) sanzioni amministrative pecuniarie fino al doppio dell’importo dei profitti ricavati o delle perdite evitate grazie alla violazione, quando questi possono essere determinati.

Si noti, in particolare, il riferimento, del tutto inedito in questa materia, all’importo della sanzione pecuniaria a carico delle persone giuridiche, commisurato al fatturato dell’esercizio finanziario precedente (analogamente alla materia antitrust).

Interessa in questa sede il disposto dell’art 57 comma 4, il quale recita:

4. Nel caso delle persone giuridiche, gli Stati membri assicurano che esse possano essere considerate responsabili delle violazioni di cui allarticolo 56, paragrafo 1, commesse in loro favore, individualmente o in qualità di componenti di un loro organo, da soggetti che vi esercitino un ruolo direttivo e che abbiano il potere di:

a) rappresentare le persone giuridiche;

b) prendere decisioni a nome delle persone giuridiche, oppure

c) esercitare controlli in seno alle persone giuridiche.

5. In aggiunta ai casi di cui al paragrafo 4, gli Stati membri assicurano che le persone giuridiche possano essere considerate responsabili nei casi in cui il mancato esercizio di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 4 abbia reso possibile la commissione delle violazioni di cui allarticolo 56, paragrafo 1, a favore di una persona giuridica, ad opera di una persona soggetta alla sua autorità.

Tali disposizioni prefigurano un sistema sanzionatorio che va oltre il regime di responsabilità solidale della persona giuridica – sancito dall’art 59 d.lg. 231/2007 (“Legge Antiriciclaggio”)3 – mediante l’introduzione di una (cor)responsabilità dell’ente nell’illecito amministrativo commesso nel suo interesse.

Come è noto, il regime della responsabilità solidale della persona giuridica per gli illeciti amministrativi dei suoi esponenti trova la sua fonte originaria nell’art 6 comma 3 della legge n. 689/1981:

Se la violazione e commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nellesercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica lente limprenditore e obbligato in solido con lautore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.

In questo caso chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.

Ad ogni modo, la IV Direttiva non introdurrebbe una novità assoluta, potendosi rinvenire due ipotesi analoghe – tuttavia con alcune rilevanti differenze – nella normativa sugli abusi di mercato (legge n. 62/2005) e nel Codice delle assicurazioniprivate (d.lg. n. 209/2005).

1.Lart 187-quinquies T.U.F.

Ai sensi art 187-quinquies T.U.F. (introdotto dalla legge n. 62/2005), l’ente

è responsabile del pagamento di una somma pari allimporto della sanzione amministrativa irrogata per gli illeciti di cui al presente capo commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: 

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dellente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria o funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

Si tratta della responsabilità dell’ente relativa agli illeciti amministrativi previsti dall’art 187-bis (Abuso di informazioni privilegiate) e 187-ter (Manipolazione del mercato).

Secondo la disposizione de qua, l’ente non è responsabile se dimostra che le persone sopra indicate hanno agito “esclusivamente nell’interesse proprio o di terzi”.

Il comma 4 prevede poi che, in relazione agli illeciti menzionati, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 6, 7, 8 e 12 del d.lg. n. 231/2001 (sulla responsabilità da reato degli enti collettivi).

Tale ultimo rinvio al d.lg. n. 231 consente di:

  • dare rilievo esimente all’adozione dei c.d. compliance programs (i modelli di organizzazione, gestione e controllo: artt 6 e 7);
  • affermare l’autonoma responsabilità dell’ente anche nei casi di autore non identificato (art 8);
  • configurare casi di riduzione della pena in seguito a condotte riparatorie4 (art 12).

In definitiva, quella prevista dall’art 187-quinquies è una responsabilità civile da illecito amministrativo: l’ente, infatti, non è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa, ma di una “somma pari all’importo” di quest’ultima.

1.Il Codice delle assicurazioni private

Secondo l’art 325 del Codice (Destinatari delle sanzioni pecuniarie):

1. Ad eccezione delle sanzioni di cui al capo V, irrogate nei confronti delle persone fisiche responsabili della violazione5, le sanzioni pecuniarie sono applicate nei confronti delle imprese e degli intermediari, compresi i produttori diretti, responsabili della violazione.

2. Qualora i soggetti di cui al comma 1 dimostrino che la violazione è stata commessa da propri dipendenti o collaboratori, con abuso dei doveri di ufficio e per trarne personale vantaggio, la sanzione è comminata al dipendente o al collaboratore alla cui azione o omissione è imputabile linfrazione. Limpresa e lintermediario ne rispondono come responsabili civili, salvo rivalsa”.

In breve: se vuole evitare l’imposizione diretta della sanzione amministrativa, la società dovrà dimostrare che l’infrazione è stata commessa dal dipendente con abuso dei doveri d’ufficio e – si badi bene: si tratta di requisiti cumulativi – per trarne personale vantaggio.

1.3 Il problema del cumulo dei titoli di responsabilità

Con la IV Direttiva Antiriciclaggio si riproporrà una questione di non poco momento: il cumulo di diversi titoli di responsabilità della persona giuridica.

La giurisprudenza ha già avuto modo di sancire la possibilità di cumulo tra diversi titoli di responsabilità in capo alla persona giuridica, in relazione al Market Abuse6.

L’ente può infatti rispondere in relazione ad un reato di market abuse (ex art 25-sexies d.lg. n. 231); in aggiunta, al corrispondente illecito amministrativo (ex art 187-quinquies T.U.F.: dinanzi alla Consob).

Non basta: è anche ipotizzabile un terzo titolo concorrente di responsabilità, ai sensi del menzionato art 6 comma 3 della legge n. 689 del 1981.

Secondo la Corte d’appello di Torino, per quanto riguarda il rapporto tra l’articolo 187-quinquies T.U.F. e l’articolo 6 legge n. 689,

la sussistenza di un rapporto di specialità, ovvero di assorbimento, deve escludersi in radice sullassunto che, mentre la prima disposizione concreta unipotesi di responsabilità amministrativa della persona giuridica per fatto proprio e, dunque, sulla base di un criterio di imputazione soggettiva direttamente ascrivibile alla colpevolezza dellente (colpa in organizzazione), la seconda norma configura invece unipotesi di responsabilità solidale per fatto altrui, individuabile nella violazione commessa dal rappresentante o dal dipendente nellambito dellesercizio delle sue funzioni o incombenze.

In altri termini, nel sistema della legge n.689, alla persona giuridica viene accollata non già una responsabilità per l’illecito commesso dalla persona fisica, bensì soltanto una responsabilità per il pagamento della sanzione pecuniaria.

Continua la Corte:

Daltra parte, la circostanza che la persona giuridica non risponda, in tal caso, per il fatto proprio è insita nello stesso meccanismo di solidarietà volto, da un lato, a rafforzare il credito dello Stato al pagamento della sanzione pecuniaria – in ordine al quale alla persona giuridica viene in sostanza richiesto di fungere da cassiere (adiectus solutionis causa) a mera garanzia del buon esito del procedimento impositivo – e, dallaltro, a tenere indenne la stessa persona giuridica, in forza del diritto di regresso spettantele secondo i principi generali di cui agli articoli 1292 e seguenti del codice civile, dal sacrificio economico sopportato.

Va del resto considerato che listituto della responsabilità della persona giuridica per la sanzione pecuniaria di cui alla legge 689/81 (rappresentante, come è noto, un vero e proprio statuto della responsabilità amministrativa) costituisce, sul piano storico e della evoluzione normativa, nullaltro che lestensione al campo dellillecito amministrativo di un principio già ben radicato con riguardo allillecito penale, ex articolo 197 del codice penale; norma, questultima, a sua volta fondante una obbligazione civile della persona giuridica – in funzione puramente satisfattiva della pretesa punitiva – per il pagamento di pene pecuniarie, al di fuori di qualsiasi coinvolgimento dellente nella commissione del reato.

Rileva poi che la normativa speciale di tutela del mercato finanziario, lungi dal derogare a tale regime di responsabilità per fatto altrui, lha addirittura rafforzato prevedendo non soltanto che: "le società e gli enti ai quali appartengono gli autori delle violazioni rispondono, in solido con questi, del pagamento della sanzione ( … )", ma anche che le società e gli enti che abbiano così anticipato il pagamento, "sono tenuti ad esercitare il diritto di regresso verso i responsabili" (articolo 195, comma 9, TUF); il che abbina allesigenza dello Stato di recuperare limporto della sanzione irrogata, quella di rendere il più possibile effettiva, con il regresso obbligatorio, la sanzione in capo alla persona fisica-responsabile dellillecito.

Proprio perché l’ente risponde, in tali casi, non per il fatto proprio ma per il fatto altrui (così da restare indenne, in forza del regresso, anche dalle conseguenze puramente economiche dell’illecito), non può sostenersi – secondo la Corte – che la responsabilità ai sensi dell’articolo 6 non avrebbe ragione di operare allorché la persona giuridica fosse tenuta a rispondere anche in proprio per il medesimo fatto.

Tale ultima disposizione – imponendo in sostanza alla persona giuridica un ruolo assimilabile a quello del ‘sostituto d’impostà’ – finisce con il risultare del tutto neutrale in ordine alla responsabilità dell’ente per l’illecito commesso dalla persona fisica (altro è la responsabilità per il pagamento della sanzione, altro è quella per la violazione sanzionata); lasciando così intatta l’eventuale responsabilità dell’ente per un diverso titolo.

Conclude la Corte:

Questa affermazione si attaglia appieno al caso di specie, posto che il "diverso titolo" di responsabilità della società opponente va ascritto ad una ipotesi di colpa in organizzazione e, dunque, ad un fatto proprio in ordine al quale lillecito amministrativo posto in essere dalla persona fisica funge unicamente (ex articolo 187 quinquies cit., recettivo sul punto dei principi di cui al d. lvo 231/01) quale pre-requisito di imputazione; il che esclude qualsiasi interferenza o cumulo sanzionatorio con lart. 6 cit.

Sulla base di questo ragionamento, anche in materia antiriciclaggio potrebbe essere ravvisato il cumulo tra la (nuova) responsabilità per l’illecito amministrativo e la responsabilità solidale ex art 59 Legge Antiriciclaggio.

Chi scrive auspica una riconsiderazione attenta della quaestio iuris alla luce della natura punitiva della responsabilità da illecito amministrativo, pure considerando il conflitto di posizioni soggettive tra persona fisica e persona giuridica.

In breve: se la persona giuridica riesce a dimostrare l’insussistenza del requisito ascrittivo dell’interesse (id est: l’illecito è stato commesso dal dipendente nel proprio esclusivo interesse) e, quindi ad ottenere l’esclusione di responsabilità, non si vede perché dovrebbe poi rispondere a titolo solidale con l’autore esclusivo della violazione.

Entrambe le tesi hanno ragioni a sostegno, tuttavia si ha la sensazione che la violazione del ne bis in idem sia dietro l’angolo …

2. Il D.D.L. Grasso (Atto Senaton. 19)

Il d.d.l. propone l’accorpamento delle fattispecie di riciclaggio e c.d. reimpiego, oggi previste e punite, rispettivamente, dagli artt. 648-bis e 648-ter c.p., in un’unica disposizione, l’art 518-bis c.p.

La fattispecie vede mutata pure la sua collocazione sistematica: non più tra i reati contro il patrimonio, ma, integrando il Titolo VIII del Libro II del codice penale (“Delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio”), in un nuovo Capo IV (“Dei delitti contro l’ordine economico e finanziario”).

La nuova fattispecie renderebbe punibile pure l’autoriciclaggio, mediante l’eliminazione della nota clausola di riserva oggi prevista a favore del soggetto autore (anche) del reato da cui derivano i proventi riciclati.

Il testo dell’art 518-bis c.p. (Impiego e riciclaggio di denaro, beni ed altre utilità) sarebbe il seguente:

E punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da 2500 a 25000 euro:

a) chiunque impiega in attività economiche e finanziarie denaro beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo;

b) chiunque sostituisce, trasferisce, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo;

c) chiunque compie altre operazioni in modo da ostacolare lidentificazione della provenienza di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo.

Se il denaro, i beni e le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni le condotte di cui al comma che precede sono punite con la pena della reclusione da uno a sei anni e con la multa da 1000 a 10000 euro.

La pena è aumentata da un terzo alla metà quando il fatto è commesso nellesercizio di unattività professionale, nellesercizio di attività bancaria, di cambia valuta ovvero di altra attività soggetta ad autorizzazione, licenza, iscrizione in appositi albi o registri o ad altro titolo abilitante, nellesercizio dellufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza dellimprenditore.

La pena previste dai commi che precedono sono diminuite dalla metà ai due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o lidentificazione dei beni, del denaro e delle utilità oggetto, profitto, prezzo o prodotto del delitto.

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista nel comma che precede e dagli art. 61 n.6, 98 e 114 del codice penale, concorrenti con laggravante di cui al comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e la diminuzione di pena si operano sulla quantità di pena risultante dallaumento conseguente alla predetta aggravante.

Il d.d.l. prevede l’inserimento nel codice penale dell’art 518-quinquies (Responsabilità amministrativa da reato), secondo questa formulazione:

Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dellart. 444 del codice di procedura penale, per il reato di impiego e riciclaggio di denaro, beni ed utilità provenienti da delitto si applica allente la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote. Se il denaro, i beni e le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni si applica allente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote.

Trattasi, tuttavia, di disposizione collocata al di fuori dalla sedes materiae della responsabilità dell’ente: si dovrebbe, più semplicemente, modificare l’art 25-octies del d.lg. 231/2001, eliminando il riferimento ai delitti di cui agli artt 648-bis e 648-ter e richiamando la nuova fattispecie.

Ad ogni modo la sanzione pecuniaria che si propone è più elevata rispetto a quella oggi prevista dall’art 25-octies (da 200 a 800 quote e, solo nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale e’ stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni, da 400 a 1000 quote).

Appare infine singolare la mancanza delle sanzioni interdittive, previste invece dall’attuale versione (quelle ex art 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni).

3. Le proposte della Commissione Greco per lo studio sullautoriciclaggio (relazione del 23 aprile 2013)

3.1 Le proposte legislative (art 517-sexies c.p. – Riciclaggio)

La Commissione ha proposto due testi per la nuova disposizione sul delitto di riciclaggio.

Una prima proposta, che elimina la nota clausola di riserva oggi prevista nell’art 648-bis c.p., è la seguente:

1. E punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro chiunque impiega in attività economiche e finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo.

2. Alla stessa pena soggiace chiunque sostituisce, trasferisce, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero ostacola lidentificazione della loro provenienza delittuosa.

3. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita le pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica lultimo comma dellarticolo 648.

4. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nellesercizio di una attività professionale.

5. La pena è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per evitare che lattività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente lautorità giudiziaria e di polizia nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nellindividuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato.

6. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dellart. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto e profitto

7. Nei casi previsti dal presente articolo non è punibile lautore del reato presupposto che impiega il denaro, i beni e le altre utilità provento del medesimo per finalità di godimento personale e se non ha compiuto il fatto su incarico o nellinteresse altrui.

Una seconda proposta prevede, invece, il mantenimento della clausola di riserva per il reato di riciclaggio e l’introduzione di un’autonoma fattispecie di autoriciclaggio, soggetta alla stessa pena prevista per il riciclaggio, unitamente all’inserimento, tra l’altro, di una clausola di esclusione della punibilità per il caso in cui il fatto consiste nel mero godimento dei beni, o nell’utilizzo del denaro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non speculative, economiche o finanziarie.

La formulazione è la seguente:

1. Fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da reato doloso ovvero compie, in relazione ad essi e fuori dai casi previsti dallart. 648, altre operazioni in modo da ostacolare lidentificazione della loro provenienza criminosa, ovvero li impiega in attività economiche o finanziarie è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da Euro 10.000 a Euro 100.000.

2. Si applica lultimo comma dellart. 648.

3. La stessa pena prevista dal primo comma si applica nei confronti di chi ha commesso o ha concorso nel reatopresupposto, il quale sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità, provenienti da reato doloso, per finalità speculative, economiche o finanziarie, ovvero li impiega nelle medesime attività.

4. La disposizione di cui al comma precedente non si applica se il fatto consiste nel mero godimento dei beni, o nellutilizzo del denaro o delle altre utilità provento del reato, con finalità non speculative, economiche o finanziarie.

5. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nellesercizio di una attività professionale.

6. La pena della reclusione è diminuita fino a due terzi per chi si adopera per evitare che lattività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente lautorità di polizia e giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei reati e nellindividuazione di denaro, beni e altre utilità provento di reato.

7. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dellart. 444 del codice di proceduta penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate alla commissione del reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto e il profitto salvo che non appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto e profitto.

In particolare, quindi, la Commissione vuole consentire la punibilità della condotta di autoriciclaggio, nonostante alcune obiezioni teoriche, che, correttamente, vengono riportate nella Relazione.

Tali obiezioni possono così riassumersi:

  • le ulteriori operazioni poste in essere dall’autore del reato presupposto per ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni e del denaro rappresenterebbero la naturale prosecuzione degli stessi reati presupposto (si tratterebbe di un post factum assorbito nel disvalore del reato presupposto);
  • la punibilità dell’autoriciclaggio costringerebbe l’autore del reato presupposto ad astenersi dal compiere operazioni volte a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, esponendolo per questa via a un maggior rischio di essere scoperto (la fattispecie di autoriciclaggio risulterebbein contrasto con il principio generale del nemo tenetur se detegere, in virtù del quale nessuno può essere tenuto ad auto incriminarsi);
  • la punibilità dell’autoriciclaggio potrebbe assoggettare l’autore del reato presupposto all’irrogazione di una pena non correlata alla gravità di quest’ultimo (sia perché la pena per il riciclaggio può essere molto più grave di quella per il reato presupposto, sia perché, per effetto dell’istituto della continuazione, la pena per il riciclaggio potrebbe essere aumentata fino al triplo).

3.Le proposte di modifica alla Legge Antiriciclaggio (d.lg. 231/2007)

Come è noto, la normativa italiana commina sanzioni penali per la violazione degli obblighi di identificazione e per l’omessa o tardiva registrazione; sanzioni amministrative per le altre violazioni, inclusa l’omessa istituzione dell’Archivio unico informatico e l’omessa segnalazione di operazioni sospette.

In particolare, con riguardo alle fattispecie penali, il reato di violazione degli obblighi di identificazione è individuato in modo generico e non include gli altri obblighi di adeguata verifica, per i quali non è prevista, allo stato, alcuna sanzione (arg. ex art 55 comma 1).

Con riferimento, invece, agli illeciti amministrativi, la fattispecie di omessa segnalazione di operazioni sospette può risultare di difficile applicazione, non essendo prestabiliti con certezza i criteri in base ai quali verificare se un’operazione sia “sospetta” e se una segnalazione effettuata a distanza di tempo sia da considerarsi “omessa”.

Per quanto riguarda la quantificazione della sanzione, va rilevato che quest’ultima – compresa tra l’1 e il 40% del valore dell’operazione non segnalata – potrebbe risultare sproporzionata rispetto alla gravità della violazione e alla condizione patrimoniale della persona fisica sanzionata.

Secondo la Commissione sarebbe pertanto auspicabile una rivisitazione dell’apparato sanzionatorio in materia antiriciclaggio secondo le seguenti linee direttrici:

  1. limitare la previsione di sanzioni penali a talune rilevanti violazioni degli obblighi di adeguata verifica e di registrazione in quanto connotate, sul piano oggettivo, dallutilizzo di dati o documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti;
  2. prevedere sanzioni amministrative per le altre violazioni degli obblighi oggetto di depenalizzazione;
  3. prevedere sanzioni di importo proporzionato e dissuasivo per le violazioni amministrative;
  4. rivedere e snellire il procedimento sanzionatorio;
  5. stabilire che le omesse segnalazioni di operazioni sospette siano contestate alla persona giuridica, con diritto di regresso verso il responsabile effettivo, e che il massimo e il minimo edittale della sanzione siano determinati in misura fissa e non in relazione al valore delle operazioni non segnalate.

Di conseguenza, l’art 55 (sanzioni penali) sarebbe sostituito dal seguente:

Chiunque, essendovi obbligato ai sensi del presente decreto, fornisce informazioni o dati falsi circa il cliente, il titolare effettivo, lesecutore delloperazione, lo scopo e la natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di ostacolare lindividuazione delle informazioni o dati medesimi ovvero omette di fornirli sistematicamente o per operazioni, rapporti o prestazioni dimporto rilevante.

Chiunque esegue ladeguata verifica prevista dal presente decreto acquisendo o utilizzando consapevolmente informazioni o dati falsi circa il cliente, il titolare effettivo, lesecutore delloperazione, lo scopo e la natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di ostacolare lindividuazione delle informazioni o dati medesimi.

Chiunque effettua le registrazioni previste dal presente decreto indicando dati falsi circa il cliente, il titolare effettivo, lesecutore delloperazione o loperazione è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. La stessa pena si applica a chiunque si avvale di mezzi fraudolenti al fine di alterare la registrazione dei dati ovvero omette la registrazione dei dati sistematicamente o per operazioni di importo rilevante.

Chiunque viola i divieti di comunicazione previsti dagli articoli 46, commi 1 e 3, e 48, comma 4, del presente decreto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro.

Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o allacquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 5.000 a 50.000 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o allacquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.

L’intervento di razionalizzazione sull’art 55 si accompagna, indubitabilmente, con un deciso inasprimento sanzionatorio, il quale deve essere, ad avviso di chi scrive, attentamente ponderato.

Per quanto riguarda gli illeciti amministrativi, l’articolo 57 (Violazione degli obblighi di adeguata verifica e registrazione) sarebbe sostituito dal seguente:

La violazione delle disposizioni in materia di adeguata verifica di cui agli articoli 15, 16, 17, 18, 19, 22, 23, 24, 25, 28, 30 e 34 del presente decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

Il cliente che non fornisce le informazioni previste dallarticolo 21 del presente decreto ai fini dellesecuzione delladeguata verifica è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

Lomessa istituzione dellarchivio unico informatico di cui allart. 37 del presente decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 500.000 euro.

Lomessa istituzione del registro della clientela di cui allart. 38 ovvero la mancata adozione delle modalità di registrazione di cui allart. 39 del presente decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.

Linosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 36, 37, 38 e 39 del presente decreto, in materia di tenuta degli archivi, registri o sistemi informatici, di modalità e termini di registrazione delle informazioni e dei dati e di conservazione dei documenti è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.

Ai soggetti di cui allarticolo 11, comma 3, che omettono di eseguire la comunicazione prevista dallarticolo 36, comma 4, o la eseguono tardivamente o in maniera errata o incompleta, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e del comportamento del soggetto, la sanzione di cui ai commi precedenti può essere triplicata nellimporto minimo e massimo. Con il provvedimento di irrogazione della sanzione è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del sanzionato.

Infine, molto interessante la distinzione del quadro sanzionatorio dell’omessa segnalazione, a seconda che il destinatario dell’obbligo sia una persona fisica o giuridica.

Nel primo caso l’art. 57–bis (Violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette da parte di persone fisiche), così reciterebbe:

Lomessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei soggetti destinatari del relativo obbligo non aventi natura di persona giuridica, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.

I soggetti indicati allarticolo 11, comma 3, che non adempiono allobbligo previsto dallart. 42, comma 3, del presente decreto sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza della violazione e del comportamento tenuto dal soggetto, la sanzione di cui ai commi 1 e 2 può essere triplicata nellimporto minimo e massimo. Con il provvedimento di irrogazione della sanzione è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del sanzionato.

Nella seconda ipotesi, entrerebbe in gioco il nuovo art. 57–ter (Violazione dell’obbligo di segnalazione di operazioni sospette da parte di persone giuridiche):

Lomessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei soggetti destinatari del relativo obbligo aventi natura di persona giuridica è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 a 200.000 di euro.

In deroga al comma 1, lomessa segnalazione di operazioni sospette da parte dei soggetti indicati dagli articoli 10, comma 2, lett. e) e 14, comma 1, lett. a), b), c) ed f) aventi natura di persona giuridica, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 100.000 euro.

Nei casi più gravi, tenuto conto della rilevanza delloperazione non segnalata e del comportamento tenuto dal soggetto, la sanzione di cui ai commi 1 e 2 può essere triplicata nellimporto minimo e massimo. Con il provvedimento di irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del soggetto sanzionato.

Come si vede, si propone l’eliminazione della quantificazione percentuale della sanzione pecuniaria.

Va, in conclusione, evidenziata pure la proposta di depenalizzazione degli obblighi di comunicazione degli organi di controllo societario ex art 52 comma 2.

La rilevante disposizione prevede, in sostanza, che il collegio sindacale e l’Organismo di vigilanza ex d.lg. 231/2001:

a) comunicano, senza ritardo, alle autorità di vigilanza di settore tutti gli atti fatti di cui vengono a conoscenza nellesercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dellarticolo 7, comma 2;

b) comunicano, senza ritardo, al titolare dellattività o al legale rappresentante un suo delegato, le infrazioni alle disposizioni di cui allarticolo 41 di cui hanno notizia;

c) comunicano, entro trenta giorni, al Ministero delleconomia e delle finanze le infrazioni alle disposizioni di cui allarticolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12,13 e 14 e allarticolo 50 di cui hanno notizia;

d) comunicano, entro trenta giorni, alla autorità di vigilanza di settore le infrazioni alle disposizioni contenute nellarticolo 36 di cui hanno notizia.

Ad oggi l’inadempimento di questi obblighi integra reato (art 55 comma 5: reclusione fino ad un anno e multa da 100 a 1000 euro).

La sanzione amministrativa pecuniaria che si propone è compresa tra 10 mila e 100 mila euro.

 

1

Bisognerà verificare in quali termini verrà definito il requisito della “sistematicità” delle violazioni, anche se l’avverbio “almeno”, utilizzato nella Direttiva, lascia la possibilità di un intervento più severo degli Stati membri, i quali potrebbero sanzionare gli enti anche in caso di violazioni non sistematiche.


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2

Se la persona giuridica è una filiazione di un’impresa madre, il fatturato complessivo annuo pertinente è il fatturato complessivo annuo risultante nel conto consolidato dell’impresa capogruppo nell’esercizio finanziario precedente.


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3

Ai sensi del quale:

Per le violazioni indicate agli articoli 57 e 58, la responsabilita' solidale dei soggetti di cui all'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sussiste anche quando l'autore della violazione non e' stato identificato ovvero quando lo stesso non e' piu' perseguibile ai sensi della legge medesima.

L’art 57 punisce, tra l’altro, l’omessa istituzione dell’archivio unico informatico e l’omessa segnalazione di operazioni sospette; l’art 58 punisce la violazione delle limitazioni alla circolazione del contante e dei titoli al portatore.


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4

Va tuttavia rilevato che tale possibilità è in contrasto con il presupposto della coincidenza tra l’importo della sanzione amministrativa alla persona fisica e la somma al cui pagamento è tenuta la persona giuridica.


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5

Trattasi degli illeciti attinenti alla violazione di alcuni obblighi di comunicazioneposti a carico del collegio sindacale, dei revisori e dell’attuario.


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6

Corte d’Appello di Torino, I civile, 23 Gennaio 2008 (c.c. 5 dicembre 2007).


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