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Giurisprudenza

La responsabilità dei soci di s.r.l. che autorizzano un illecito

7 Novembre 2025

Lara Archivolti, Dottore di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei, Università degli Studi di Trento

Cassazione Civile, sez. I, 01 agosto 2025, n. 22169 – Pres. Ferro, Rel. Pazzi

Di cosa si parla in questo articolo

Con ordinanza n. 22169 del 01 agosto 2025, la Cassazione (Pres. Ferro– Rel.  Pazzi) ha ribadito che la responsabilità prevista dall’art. 2476, c. 8, C.c. presuppone un’effettiva influenza da parte dei soci sull’attività gestoria (v. già Cass. n. 19191/2023).

La Cassazione ha ricordato che la norma di cui all’art. 2476, c. 8 C.c., nel porre un’eccezione alla regola generale prevista dall’art. 2462, c. 1, C.c., “correla la responsabilità dei soci al fatto che gli stessi abbiano ‘deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi’, prevedendo così che la responsabilità sussista in conseguenza di una condotta commissiva a cui abbia fatto seguito il compimento di un determinato atto indotto, avente ad oggetto la gestione della società, ad opera degli amministratori” e che “la condotta di decisione e/o autorizzazione … può desumersi tanto dal compimento di atti formali, quanto da manifestazioni di volontà dei soci che abbiano, anche in via di mero fatto, direttamente dato impulso o comunque influenzato l’attività degli amministratori, inducendoli a compiere atti di gestione dannosi per la compagine”.

I giudici hanno poi precisato, da un lato, che l’intenzionalità della decisione o autorizzazione “non può essere intesa come dolo di danno” e, d’altro lato, che la responsabilità deve essere attribuita a tutti coloro che abbiano aderito e contribuito a questa condotta “a prescindere dal ‘peso’ della loro partecipazione nell’ambito societario”.

Nel caso in esame, ai soci è stata contestata la prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante il verificarsi delle condizioni previste dall’art. 2482-ter c.c., nonché la scelta di rinviare l’adozione dei provvedimenti prescritti o la messa in liquidazione della società.

La condotta – come ha esplicitato la Corte – è stata valorizzata “nel suo complesso unitario, attribuendo rilievo alla decisione dei soci di mantenere la continuità gestionale mentre si ricercavano soluzioni al disequilibrio patrimoniale nell’ottica di cedere le quote prima che queste perdessero valore di mercato.

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