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Giurisprudenza

Onere della prova nelle fatture soggettivamente inesistenti

31 Ottobre 2025

Giorgio Antonio Autuori, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario, Università degli Studi di Brescia

Cassazione Civile, Sez. V, 09 settembre 2025, n. 24905 – Pres. Perrino, Rel. Luciotti

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’ordinanza n. 24905 del 09 settembre 2025, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sul tema delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, con particolare riferimento al riparto dell’onere probatorio tra contribuente ed Amministrazione finanziaria in ordine all’asserita inesistenza delle fatture.

In specie, sebbene ricada inizialmente sulla seconda il compito di provare che l’operazione documentata sia stata realizzata da soggetto diverso rispetto all’emittente (e che l’altra parte ne avesse contezza), laddove tale onere venga assolto è il contribuente a dover fornire la prova contraria, dimostrando l’effettiva realizzazione dell’operazione tra i soggetti risultanti la fattura, ovvero la mancata consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale.

Nella fattispecie, la CTP aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società contribuente; tale esito veniva impugnato dall’Agenzia di fronte alla CTR Liguria, che respingeva l’appello proposto, richiamando per relationem la decisione resa da altra CTR in una vicenda collegata, avente ad oggetto un avviso fondato sul medesimo accertamento.

Sul ricorso proposto dall’Agenzia avverso tale sfavorevole decisione si è pronunciata la Cassazione che, pur rigettando il motivo relativo al difetto di motivazione, ha accolto i motivi legati alla mancata valutazione, da parte dei giudici di seconde cure, di elementi indiziari che deponevano proprio nel senso dell’inesistenza delle fatture contestate: tra questi, la complessiva antieconomicità delle operazioni, oltre che “la totale evasione d’imposta dei fornitori”, “le ingentissime spese di trasporto sostenute”, “l’improduttività dell’azienda interposta”, “il mancato trasferimento fisico delle autovetture compravendute”.

In ciò, la Corte ha richiamato innanzitutto la nozione di fatture soggettivamente inesistenti, che richiede, da un lato, l’effettivo realizzazione dell’operazione descritta nella fattura considerata; dall’altro, la simulazione soggettiva, e cioè la mancata corrispondenza tra i soggetti indicati nella fattura medesima e quelli che abbiano effettivamente posto in essere l’operazione.

Tale circostanza deve essere provata dall’Amministrazione finanziaria, che ha l’onere di dimostrare, seppur attraverso elementi presuntivi o anche solo indiziari, che l’operazione sia stata posta compiuta da soggetto diverso da quello indicato.

Correlativamente, è suo onere provare anche che il destinatario dell’operazione fosse consapevole della natura frodatoria della stessa, nel senso che “sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale”.

A tal punto, spetterà al contribuente dover fornire la relativa controprova, sotto un duplice profilo: in primo luogo, in ordine all’effettiva realizzazione delle operazioni tra i soggetti risultanti dalla fattura, non essendo certo sufficiente a tal fine la mera regolarità formale delle scritture o dei pagamenti (che, anzi, vengono spesso strumentalizzati proprio per far apparire genuina un’operazione fittizia); in secondo luogo, in relazione alla mancanza di consapevolezza, da parte sua, di stare partecipando ad un’operazione evasiva; circostanza, questa, da provare “dimostrando di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto”.

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