Il Collegio di Milano dell’Arbitro Bancario Finanziario, con decisione n. 5190 del 28 maggio 2025 (Pres. A. Tina, Rel. F. Cesare), si è pronunciato sui profili di responsabilità della banca per violazione delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela contenute nel D. Lgs. n. 231/2007.
Più precisamente, la ricorrente, amministratrice di una società a responsabilità limitata, era stata indagata per truffa a seguito della denuncia sporta da un terzo, il quale sarebbe stato indotto ad inviare denaro ad un conto corrente intestato alla sua società.
La ricorrente, però, lamentava di non aver aperto tale conto e che, invece, quest’ultimo era stato aperto da un soggetto che non conosceva ed estraneo alla società (tale M.S.). Ricorreva, pertanto, contro la banca contestandole la violazione delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela e chiedendole il risarcimento dei danni subiti.
L’Arbitro ha rilevato che la banca aveva consentito l’apertura di un conto corrente on-line a nome della società amministrata dalla ricorrente, sulla base dei documenti presentati da M.S., che si era qualificata come amministratrice della società stessa, senza effettuare un’adeguata verifica dell’effettiva titolarità dei poteri di rappresentanza.
In particolare, la banca non aveva correttamente verificato la corrispondenza tra i dati della persona fisica che aveva richiesto l’apertura del conto e quelli risultanti dalla visura camerale della società, che indicava come amministratrice unica e rappresentante legale la ricorrente.
La banca, pertanto, non aveva assolto i doveri di adeguata verifica previsti dal d.lgs. n. 231/2007, non avendo identificato correttamente il cliente e l’esecutore, rispettivamente la società ed il suo rappresentante legale.
L’Arbitro, quindi, richiamando la pronuncia n. 11607 del 3 maggio 2019 della Corte di Cassazione, ha osservato come «la responsabilità della banca può sorgere nel caso in cui, con la diligenza esigibile dall’avveduto banchiere, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2, questa al momento dell’apertura del conto corrente avrebbe potuto avvedersi della falsità dei documenti esibiti».
Tuttavia, il Collegio milanese ha respinto il ricorso in quanto il danno patito dalla ricorrente non era stato sufficientemente provato. La ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in misura non inferiore a € 100.000,00, senza tuttavia fornire elementi probatori idonei a dimostrare la sussistenza e l’entità del pregiudizio concretamente subito. L’Arbitro, a riguardo, ha ricordato che «il potere di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, ma non può surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza».

