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Giurisprudenza

Giudicato esterno e contraddittorio nei redditi da partecipazione

21 Luglio 2025

 Enrico Matano, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Corte di Cassazione, Sez. V, 26 giugno 2025, n. 17193 – Pres. Lenoci, Rel. Crivelli

Di cosa si parla in questo articolo

La Sezione V della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17193 del 26 giugno 2025 è tornata sulla vincolatività, per i giudizi tributari successivi, del giudicato esterno, relativo ad elementi di fatto riferiti a diverse annualità d’imposta, rispetto a quella dedotta in giudizio. 

Ha quindi affermato, più precisamente, che, nel caso di accertamento IRPEF per utili imputati per trasparenza a socio di società personale, se tra le parti si è formato un giudicato su elementi di fatto rilevanti anche per annualità diverse, esso vincola il giudizio successivo, purché la questione attenga a un elemento stabile della fattispecie e si riferisca alla stessa imposta.

Tale principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, è stato applicato alla deducibilità dei canoni di leasing relativi a un’area destinata a parcheggio a servizio di un impianto di distribuzione carburanti, avendo la Corte ritenuto che tale deducibilità dipenda da un elemento costitutivo tendenzialmente permanente e non da fatti contingenti.

La decisione della Cassazione è intervenuta in un giudizio promosso dalla socia di una società personale, destinataria di un avviso di accertamento per IRPEF 2010 fondato sull’attribuzione per trasparenza di maggiori utili, derivanti dal disconoscimento in capo alla società della deducibilità dei suddetti canoni.

La contribuente ha eccepito preliminarmente l’intervenuto giudicato esterno, formatosi per altra annualità (segnatamente, per l’anno 2012) tra le medesime parti, nel quale la Commissione tributaria regionale aveva riconosciuto la piena deducibilità delle stesse voci, annullando il recupero IRPEF per trasparenza in capo alla socia. 

La Cassazione ha accolto l’eccezione di giudicato, ritenendo che il giudicato riguardasse un elemento strutturale – la natura del bene e la sua funzione rispetto all’attività d’impresa – e che, trattandosi della stessa imposta, esso producesse effetti anche per l’annualità precedente (il 2010, appunto). 

Parallelamente, la Corte ha affrontato il tema della mancata evocazione in giudizio della società e dell’altro socio, rilevando che, pur versandosi in ipotesi di accertamento per trasparenza (per il quale, di regola, si richiede il litisconsorzio necessario con tutti i soci e la società di persone) non era necessario disporre l’annullamento della sentenza per violazione del contraddittorio.

La ragione risiede nel fatto che la sentenza già passata in giudicato aveva escluso l’esistenza dell’utile aggiuntivo, con la conseguenza che un nuovo esame della vicenda sarebbe stato inutile e contrario al principio di ragionevole durata del processo.

La Corte ha dunque cassato la sentenza di merito e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso introduttivo della socia contribuente.

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