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Giurisprudenza

L’insolvenza cd. patrimoniale quale presupposto del fallimento di una società in liquidazione

17 Marzo 2021

Sara Addamo, Dottore di ricerca in diritto commerciale, Università di Trento; Incaricata alla ricerca, Libera Università di Bolzano; Avvocato

Cassazione Civile, Sez. I, 10 dicembre 2020, n. 28193 – Pres. De Chiara, Rel. Terrusi

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Nel caso in esame era stato dichiarato il fallimento di una società in liquidazione in considerazione del fatto che, sebbene gli elementi dell’attivo fossero in astratto sufficienti a consentire il soddisfacimento dei diritti dei creditori, il prevedibile periodo di tempo destinato alla liquidazione dei beni immobili che componevano le rimanenze non era idoneo a rendere concretamente apprezzabile il soddisfacimento stesso. La mancata alienazione degli immobili nel corso di tre anni, infatti, dimostrava l’incapacità della società di adempiere alle proprie obbligazioni e di liquidare gli elementi dell’attivo in tempi certi.

La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi su ricorso proposto dalla società fallita, ha premesso che sussistesse la legittimazione del creditore alla presentazione dell’istanza di fallimento ai sensi dell’art. 6 l. fall., nonostante il relativo credito non fosse stato definitivamente accertato in sede giudiziale, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice.

Nel merito, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso sostenendo che “quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò proprio perché — non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività, e alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci — non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte”.

Di conseguenza, l’entità e composizione dell’attivo, nonché i tempi della liquidazione possono essere tenuti in considerazione al fine di individuare il valore concreto ed effettivo delle rimanenze risultanti dalle scritture contabili dell’imprenditore, ma non consentono di applicare alla società in liquidazione i criteri di valutazione dello stato di insolvenza propri delle società operative.

In conclusione, “ove la società sia in liquidazione non è richiesto che essa disponga di liquidità (necessaria a soddisfare le obbligazioni) diversa da quella ottenibile dalla realizzazione dell’attivo; quel che è richiesto è che il patrimonio esprima un valore oggettivamente idoneo a soddisfare i debiti, così da risultare ragionevolmente liquidabile in tempi compatibili col fine della liquidazione”.

 

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