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Approfondimenti

Governo societario delle banche: le novità introdotte nelle disposizioni di vigilanza

23 Luglio 2021

Fabio Civale, Studio Legale Civale Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: 1. La “qualità” del governo societario delle banche. 2. La classificazione delle banche. 3. Compiti e poteri degli organi sociali. 4. Composizione e nomina degli organi sociali. 5. Funzionamento degli organi e flussi informativi. 6. Integrazione della disciplina delle operazioni con soggetti collegati.

 

1. La “qualità” del governo societario delle banche

La visione strategica di medio e lungo periodo e l’adeguato presidio dei rischi, tanto più nella presente fase congiunturale, rappresentano momenti essenziali nell’attività degli organi aziendali di vertice delle banche.

L’adeguatezza è una dimensione che si misura, anche sotto il profilo patrimoniale, in rapporto alla capacità di individuare, misurare, valutare, gestire e mitigare i rischi a cui risulta esposta la banca in funzione delle scelte strategiche e gestorie assunte dall’organo amministrativo.

In tale prospettiva, la capacità di operare scelte ponderate, di natura strategica e gestoria, assume preminente rilievo.

Una inadeguata capacità di ponderare i rischi sottesi alle decisioni strategiche e gestorie riverbera effetti sotto il profilo di rilevanza per la disciplina prudenziale, stante le possibili ripercussioni sulla singola banca e sul sistema finanziario nel suo complesso.

La predetta capacità di operare scelte ponderate, peraltro, presuppone e può correttamente dispiegarsi solo in presenza di efficaci assetti di governo societario.

Da qui, quindi, l’esigenza avvertita da tempo di accrescere la “qualità” del governo societario delle banche, che rappresenta una priorità nell’azione di vigilanza delle Autorità nazionali ed europee.

Lungo un percorso che nell’ultimo ventennio si è dipanato con plurimi interventi[1], in misura sempre più stringente, dapprima sono state proposte indicazioni in termini di best practices sul tema del governo societario delle banche e, successivamente, percepita la valenza sistemico/prudenziale della tematica, sono stati adottati interventi vincolanti, con norme prescrittive e che oggi delineano (quantomeno) un regime speciale del governo societario delle banche.

In tale contesto si colloca l’intervento della Banca d’Italia che, a seguito della pubblica consultazione avviata a dicembre 2020, ha apportato modifiche ed integrazioni alle disposizioni di vigilanza in tema di governo societario contenute nella Circolare 285/2013, Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1[2].

Sebbene l’impianto di fondo delle disposizioni di vigilanza in tema di governo societario resti sostanzialmente confermato, gli interventi della Banca d’Italia sono destinati ad avere un rilevante impatto sul governo societario delle banche, sia per i profili che attengono ai compiti e poteri degli organi sociali, sia per i profili riferibili alla composizione e nomina dei medesimi organi.

I fattori che hanno determinato l’opportunità di un intervento (principalmente additivo) della Banca d’Italia sulle disposizioni di vigilanza in tema di governo societario delle banche sono molteplici.

Accanto alla necessità di recepire, in linea con la CRD V, gli indirizzi sovranazionali più recenti e di raccordare le disposizioni di vigilanza con la nuova disciplina in tema di idoneità degli esponenti aziendali[3], nonché alla conclusione di dover “positivizzare” e rendere vincolanti taluni inviti e raccomandazioni di vigilanza da tempo formulati al mercato e solo in parte recepiti dai soggetti vigilati, si avverte sullo sfondo la volontà di accrescere ulteriormente la “qualità” del governo societario delle banche e di assicurare che le stesse siano dotate delle adeguate misure necessarie per affrontare le nuove sfide a cui è chiamato il settore bancario, rafforzando il ruolo e la capacità strategico-decisionale dell’organo amministrativo.

2. La classificazione delle banche

Al fine di recepire le nuove soglie previste dalla disciplina CRR II[4] che fissa in 5 miliardi di euro la soglia di attivo al di sotto della quale si presume la collocazione tra gli enti di minori dimensioni o complessità operativa, nel documento posto in consultazione a dicembre 2020 la Banca d’Italia aveva proposto di modificare la definizione di banche di minori dimensioni ed espunto la definizione di banche intermedie.

Sebbene si potesse, ad un primo esame, desumere la volontà di introdurre una nuova classificazione delle banche basate (solo) su due categorie, ossia banche di maggiori dimensioni e banche di minori dimensioni, a ben vedere nello stesso documento posto in consultazione vi erano riferimenti che inducevano a ritenere persistente la classificazione su tre livelli, ossia banche minori, intermedie e di maggiori dimensioni o complessità operativa[5].

Opportunamente, nel documento definitivo pubblicato a giugno 2021, Banca d’Italia ha ripristinato nel testo delle disposizioni di vigilanza[6] la categoria delle banche “intermedie”, risolvendo così sul nascere possibili incertezze che avrebbero interessato sia le disposizioni di vigilanza di cui alla Circolare 285/2013, sia il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 novembre 2020, n. 169 in tema di requisiti e criteri di idoneità degli esponenti aziendali che rinvia, per quanto concerne la classificazione delle banche, alla citata Circolare 285/2013.

Pertanto, nelle nuove disposizioni di vigilanza si prevedono (espressamente) tre categorie di banche e sono modificate le soglie quantitative che individuano, in via presuntiva, le “banche di minori dimensioni o complessità operativa” (attivo pari o inferiore a 5 miliardi di euro) e le “banche intermedie” (attivo compreso tra i 5 miliardi ed i 30 miliardi di euro).

Raccogliendo gli inviti formulati in sede di consultazione, Banca d’Italia ha chiarito che le predette soglie quantitative sono calcolate come media dei quattro anni immediatamente precedenti l’esercizio finanziario corrente.

In continuità rispetto al passato, per le banche minori ed intermedie, qualora le soglie quantitative sopra indicate non siano sufficientemente significative, resta ferma la necessità di effettuare una specifica verifica della categoria rilevante, ciò in funzione della tipologia dell’attività svolta, della struttura proprietaria, dell’appartenenza ad un gruppo bancario o ad un network operativo.

3. Compiti e poteri degli organi sociali

La capacità di operare scelte ponderate, di natura strategica e gestoria, esige che nella definizione delle strategie aziendali si tengano in debito conto i particolari rischi a cui risulta esposta la banca ed, al tempo stesso, i mutamenti del contesto di mercato e le novità regolamentari.

In tale contesto si inserisce, ad avviso di chi scrive, una delle principali innovazioni contenute nelle disposizioni di vigilanza in tema di governo societario delle banche[7], che oggi prescrivono all’organo con funzione di supervisione strategica di considerare, nell’ambito della definizione delle strategie aziendali, assecondando una visione olistica dei rischi, specifici profili inerenti:

  • i crediti deteriorati, il monitoraggio e la loro gestione, sulla base di specifiche politiche approvate dallo stesso organo amministrativo[8];
  • il c.d. Fintech, ossia modelli, applicazioni, processi o prodotti ad alta intensità tecnologica, sviluppati in proprio o in partnership con soggetti terzi;
  • i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, la cui rilevanza è ormai centrale come testimoniato anche dai recenti novellati orientamenti EBA sulla internal governance[9]
  • il “mondo” ESG, ossia l’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance nei processi relativi alle decisioni aziendali[10];
  • le c.d. attività connesse e strumentali, che sempre con maggiore intensità e rilevanza sono prestate dalle banche e che richiedono un adeguato presidio dei rischi legali e reputazionali;
  • le politiche di funding, tenuto conto della normativa in materia di Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities (MREL).

La presente sede non consente di articolare ciascuno dei profili sopra indicati. Nondimeno può rilevarsi che ciascuno di essi include profili di “rischio” ma anche di “opportunità”. La capacità degli organi amministrativi delle banche di misurare, valutare, gestire e mitigare i “rischi”, ma al tempo stesso di cogliere le “opportunità”, se non altro in termini di ricercata efficienza, sarà decisiva per le sorti dei singoli intermediari e del sistema bancario nel suo complesso.

In tema di gestione della crisi, misure preparatorie e di intervento precoce, le nuove disposizioni di vigilanza sono state integrate per prevedere, in aderenza a quanto previsto dall’art. 69-quater, comma 5, del TUB, tra le attribuzioni non delegabili in capo all’organo con funzione di supervisione strategica, l’approvazione, il riesame e l’aggiornamento del piano di risanamento, nonché l’adozione delle misure di attuazione del piano stesso per rispondere alle richieste dell’Autorità di Vigilanza.

Sebbene da tempo le banche abbiano adottato codici etici o strumenti analoghi, le nuove disposizioni di vigilanza[11] prevedono oggi che l’organo con funzione di supervisione strategica debba stabilire regole di condotta per il personale della banca, monitorandone il rispetto. Nel codice etico, in linea con quanto previsto dagli Orientamenti EBA in tema di internal governance [12], dovranno essere indicati modalità e presidi per assicurare il rispetto delle regole di condotta da parte del personale, con espressa indicazione dei comportamenti non ammessi, tra cui assumono particolare rilievo l’utilizzo di informazioni false o inesatte, la commissione di illeciti nel settore finanziario o di reati fiscali. Gli standard etici e professionali, che devono peraltro assicurare l’assenza di discriminazione e l’applicazione di policy gender neutral, sono in grado di ridurre i rischi a cui risulta esposta la banca nella misura in cui gli stessi standard risultino utili a promuovere una effettiva cultura del rischio, diffusa ad ogni livello dell’organizzazione aziendale.

4. Composizione e nomina degli organi sociali

Gli organi sociali (nel sistema tradizionale consiglio di amministrazione e collegio sindacale) devono riflettere una opportuna diversificazione in termini di competenze, esperienze, età, genere, durata di permanenza dell’incarico e, per le banche con operatività internazionale, anche provenienza geografica degli esponenti aziendali.

La c.d. diversity (non solo di genere) è un criterio essenziale ai fini dell’adeguata composizione collettiva degli organi di amministrazione o controllo e risulta da tempo prevista nella CRD IV[13], nelle disposizioni di vigilanza in tema di governo societario delle banche, oltre che richiamata nell’art. 11 del Decreto MEF 169/2020 in tema di requisiti e criteri di idoneità degli esponenti aziendali di banche ed intermediari finanziari.

Al fine di promuovere il livello di diversificazione in termini di competenze, esperienze, età, genere, durata di permanenza dell’incarico, le nuove disposizioni di vigilanza richiedono oggi a tutte le banche di adottare un “regolamento interno” in cui dovranno essere indicate le “misure” che si ritengono utili ai fini del raggiungimento di un adeguato livello di diversity.

Sul profilo della diversificazione potranno evidentemente profilarsi diversi “livelli”, stante il carattere relativo del criterio da rapportare alle specifiche caratteristiche e peculiarità della banca. Vi è di certo, peraltro, che è lecito attendersi che l’Autorità di Vigilanza possa valutare l’adeguatezza del livello di diversificazione sia in termini di impianto ed analizzando il regolamento interno predisposto dalla banca, sia in sede di procedura di valutazione dell’idoneità degli esponenti aziendali[14].

Tra i profili che compongono la diversity vi è (anche) il genere, da tempo attenzionato dalle Autorità di Vigilanza, dalla dottrina specialistica, ma anche dagli investitori istituzionali[15].

Muovendo dalla rilevazione che sovente negli organi sociali delle banche il genere femminile è sotto-rappresentato, ci si è chiesti, in primo luogo, quale possa essere l’effetto di una maggiore diversità di genere negli organi sociali delle banche e, in secondo luogo, qualora si stimi un effetto utile di una maggiore diversity di genere, quale possa essere lo strumento più efficace per assicurare il predetto risultato.

Su entrambi i predetti profili non vi è consenso di vedute e, men che meno, evidenze univoche sotto il profilo scientifico.

Sebbene, ad oggi, non vi siano evidenze che possano indicare in modo univoco che l’accresciuta presenza femminile negli organi sociali delle banche possa avere un impatto sulle performance degli enti, stante anche la difficoltà di isolare gli effetti dell’introduzione della quota di genere sulle performance aziendale, vi è un maggiore consenso in letteratura sul contributo che possa fornire una accentuata diversità di genere nei processi e nei meccanismi decisionali, in termini di dialettica interna più costrittiva, più efficace monitoraggio degli organi esecutivi e del senior management, stante anche la maggiore capacità del genere femminile (o forse dei soggetti di “nuova nomina”) di non allinearsi alla c.d. posizione dominante (c.d. “groupthinking”)[16].

Le maggiori critiche alla previsione, per via normativa, di una quota “minima” di genere, oltre ad evidenziare l’assenza (allo stato) di un consenso scientifico sull’accrescimento delle performance degli enti, si appuntano sul possibile pregiudizio all’ottimale composizione degli organi sociali dovendosi privilegiare il genere rispetto al merito.

Avvertita è anche la preoccupazione che il combinato disposto della “quota di genere” e degli stringenti requisiti (specie di professionalità) richiesti dal D.M. 169/2020, possa rendere particolarmente difficoltoso l’individuazione di candidati che possano ricoprire il ruolo di consigliere delle banche intermedie o di minori dimensioni.

Ad oggi la disciplina nazionale, la c.d. Legge Golfo – Mosca, prevede le c.d. quote di genere per le società (e le banche) quotate[17] e per le società pubbliche.

La disciplina comunitaria[18] prevede che le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, avvalendosi dell’attività del comitato nomine, fissino un obiettivo (c.d. soglia minima o target di genere) per la rappresentanza del genere sotto-rappresentato nell’organo amministrativo da perseguire sulla base di una specifica policy per la promozione della diversità e della inclusività. L’obiettivo, la politica e la sua attuazione sono resi pubblici conformemente al Regolamento CRR[19]. In aderenza alla predetta disciplina comunitaria, le disposizioni di vigilanza per le banche in tema di governo societario prevedono (e prevedevano da tempo), per le banche di maggiori dimensioni e complessità operativa, che il comitato nomine debba fissare un obiettivo (target) in termini di quota di genere meno rappresentato e predisporre un piano per accrescere tale quota sino al target fissato[20].

Per le banche intermedie o di minori dimensioni, sino ad oggi gli interventi dell’Autorità di Vigilanza si erano estrinsecati in raccomandazioni ed inviti[21], privi del carattere della prescrittività normativa, ma non per questo meno importanti. Le rilevazioni effettuate[22] hanno peraltro mostrato che la presenza femminile negli organi amministrativi delle banche non quotate resta inferiore alle aspettative di vigilanza, oltre che inferiore alle medie europee.

Tali rilevazioni, unitamente alla convinzione che una quota di genere possa positivamente influenzare (quantomeno) i processi decisionali, sia nella elaborazione delle strategie che nella gestione dei rischi, nonché effetti di spillover nella ricomposizioni degli organi aziendali sotto il profilo degli altri indicatori di diversità (quali età, competenze ed esperienza, durata di permanenza in carica, provenienza geografica) hanno indotto Banca d’Italia ad introdurre nelle disposizioni di vigilanza per le banche una quota di genere minima pari al 33%.

In particolare, per tutte le banche si prevede che negli organi sociali (nel sistema tradizionale consiglio di amministrazione e collegio sindacale) dovranno essere presenti un numero di componenti del genere meno rappresentato pari almeno al 33% dei componenti dell’organo [23], ferme le soglie più elevate (40%) applicabili alle quotate.

L’intervento regolamentare di Banca d’Italia, introduttivo delle predette quote di genere, trova fondamento nell’art. 53, comma 1, lett. d) del TUB che, nell’ambito dei poteri di vigilanza prudenziale, attribuisce a Banca d’Italia il potere di emanare disposizioni in tema di governo societario ed organizzazione.

Le c.d. quote di genere diventeranno obbligatorie per tutte le banche, secondo il regime transitorio previsto da Banca d’Italia. In particolare, le banche (diverse dalle banche minori) dovranno adeguarsi al primo rinnovo integrale dell’organo effettuato dopo 1° gennaio 2022, ovvero ed in ogni caso entro il 30 giugno 2024.

Le banche di minori dimensioni o complessità operativa potranno adeguarsi secondo modalità più graduali, ossia:

  1. nella misura di almeno il 20% dei componenti degli organi entro il primo rinnovo integrale dell’organo effettuato dopo 1° gennaio 2022, ovvero ed in ogni caso entro il 30 giugno 2024;
  2. nella misura di almeno il 33% entro e non oltre il 30 giugno 2027.

Mentre per le banche quotate il mancato rispetto delle quote di genere previste dal TUF può condurre alla decadenza della carica di tutti i componenti dell’organo sociale[24], per le (altre) banche il difetto di adeguata composizione collettiva dell’organo, su cui insiste come detto anche il profilo della diversità di genere, non è sanzionato con la decadenza[25]. Si consideri altresì che l’art. 2401 c.c., in tema di collegio sindacale, prevede che in caso di morte, rinunzia o decadenza di un sindaco, subentrano i supplenti in ordine di età.

Al di là di possibili profili sanzionatori amministrativi collegati al mancato rispetto delle disposizioni di vigilanza in tema di governo societario, l’esigenza di assicurare il rispetto della predetta quota di genere pari al 33%, nel continuo ed in modo stringente da parte di tutte le banche, ha (forse) indotto Banca d’Italia a prevedere nelle disposizioni di vigilanza[26] la necessità per le banche di disciplinare nei rispettivi statuti gli aspetti rilevanti della disciplina delle quote di genere.

Si renderà pertanto necessaria una revisione degli Statuti e dei regolamenti interni al fine di assicurare, nel continuo, il rispetto della quota di genere. Dovranno essere previste modalità di formazione delle liste, criteri suppletivi di individuazione dei componenti degli organi e modalità di sostituzione dei componenti venuti a cessare in corso di mandato, che tengano conto del criterio di equilibrio tra generi. Tale modifica statutaria dovrà, al più tardi, essere apportata in occasione all’assemblea chiamata ad approvare il bilancio di esercizio 2021.

Se le previsioni in tema di quota di genere avranno quindi carattere prescrittivo, pur con le necessarie integrazioni statutarie, diverso valore hanno invece le due raccomandazioni formulate da Banca d’Italia in termini di “buone prassi”.

In particolare l’aspettativa di vigilanza è che nei comitati endoconsiliari, obbligatori o meno, almeno un componente dovrebbe essere del genere meno rappresentato. Tale prima raccomandazione, si ritiene, potrà essere più facilmente recepita in concomitanza all’incremento della quota di genere meno rappresentata.

La seconda raccomandazione è volta invece a prevedere una diversità di genere tra le cariche di vertice. In particolare, avendo a mente il sistema tradizionale, il Presidente del CDA, il Presidente del Collegio Sindacale, l’Amministratore Delegato o il Direttore Generale, sono cariche che non dovrebbero essere ricoperte da esponenti dello stesso genere. Ad esempio, qualora il Presidente del CDA e l’Amministratore Delegato o il Direttore Generale siano di genere maschile, l’aspettativa di vigilanza è che il Presidente del Collegio Sindacale sia di genere femminile.

Per entrambe le predette aspettative di vigilanza, trattandosi di buone prassi, non vi è un termine di adeguamento, né tantomeno un regime transitorio.

Nondimeno si evidenzia che nell’ambito delle novellate disposizioni di vigilanza in tema di governo societario, nell’ambito dei compiti dell’organo con funzione di supervisione strategica, tra le attribuzioni non delegabili, è stata introdotta per tutte le banche – quindi non solo, come in passato, per le banche di maggiori dimensioni – la necessità di procedere all’approvazione di una policy per la promozione della diversità e della inclusività intesa ad accrescere il numero dei membri del genere sottorappresentato negli organi sociali[27]. In tale policy dovranno essere declinati gli obiettivi ed i target di genere, le misure ed i tempi per il loro raggiungimento, nonché le modalità attraverso cui le banche intenderanno allinearsi o meno alle predette due raccomandazioni di vigilanza.

Al di là delle diverse, legittime, posizioni che le banche potranno assumere, ad avviso di chi scrive, sussistono rilevanti punti di contatto tra la necessità di integrare i fattori ESG nei processi relativi alle decisioni aziendali e la redazione ed applicazione della policy per la promozione della diversità e della inclusività.

Rinviando ad altra sede ulteriori riflessioni in merito alla tematica delle quote di genere, si ritiene opportuno segnalare ulteriori due integrazioni nelle disposizioni di vigilanza in tema di composizione e nomina degli organi sociali.

La prima integrazione attiene ai c.d. piani di successione, da tempo obbligatori per le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa e richiamati dal Codice di Corporate Governance, dagli Orientamenti EBA sull’internal governance[28] e dagli Orientamenti EBA/ESMA sulla idoneità degli esponenti aziendali e del personale che riveste ruoli chiave[29]. Nonostante quanto precede, anche le recenti rilevazioni mostrano che l’adozione dei piani di successione non è largamente diffusa, anche tra gli emittenti quotati[30]. Ferme le prescrizioni cogenti per le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, per le “altre banche” (ossia quelli minori ed intermedie) Banca d’Italia indica oggi quale buona prassi l’individuazione in anticipo del profilo ideale da ricercare per i candidati a ricoprire le posizione di vertice. Per le altre banche, quindi, non si richiede di strutturare un articolato piano di successione, ma quantomeno di evitare le ricadute economiche e reputazionali in caso di cessazione della carica negli organi di vertice individuando, per tempo, il profilo ideale da ricercare per la sostituzione. In tal modo si assicura, per tutte le banche, una gestione ordinata e programmata delle successioni, attraverso presidi che possano assicurare, da un lato, la continuità aziendale e, dall’altro lato, la valorizzazione dell’azienda stante la considerazione di tali presidi di continuità da parte degli investitori istituzionali. Le scelte operate dalle singole banche in tema di piani di successione o di individuazione dei profili ideali per la sostituzione, che evidentemente dovranno riflettere la struttura proprietaria e il relativo grado di apertura al mercato del capitale di rischio, andrebbero, ad avviso di chi scrive, essere esplicitati nel documento sul progetto di governo societario delle banche.

La seconda integrazione attiene ai comitati endo-consiliari. In aderenza a quanto già previsto per i comitati c.d. obbligatori per le banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, le nuove disposizioni di vigilanza prevedono che anche per le banche minori (tipicamente in caso di istituzione del comitato “rischi”), e per tutte le banche in caso di comitati diversi da quelli obbligatori, tutti i componenti devono essere amministratori non esecutivi. Si aggiunge altresì che il Presidente del comitato rischi non può coincidere con il Presidente del CDA o con il Presidente di altri comitati.

5. Funzionamento degli organi e flussi informativi

In tema di funzionamento degli organi sociali, le disposizioni di vigilanza hanno espressamente riconosciuto la rilevanza della “durata” delle riunioni, ciò in quanto occorre porre particolare attenzione tanti ai casi di durata ridotta, quanto ai casi (più frequenti) di durata protratta delle sedute consiliari ed anche delle riunioni del collegio sindacale.

Recenti rilevazioni indicano, per le banche quotate, una durata media di 270 minuti (4,5 ore) delle sedute consiliari[31]. Muovendo dall’assunto che, da un lato, la durata delle riunioni deve riflettere la complessità delle questioni trattate e la necessità di assicurare adeguato spazio all’esame ed alla discussione degli argomenti all’ordine del giorno, favorendo la partecipazione attiva di tutti i consiglieri, nondimeno è un dato di comune esperienza che una durata potratta può andare a scapito della “qualità” dei processi decisionali. Il profilo è centrale e, peraltro, mal si presta ad assunzioni di carattere generale, dovendosi tenere conto delle specificità di ciascuna banca. Ciò detto, la cadenza delle riunioni può certamente contribuire ad efficientare i lavori consiliari, anche in termini di adeguata durata.

Negli ultimi due anni numerose banche si sono avvalse delle facoltà previste dalla normativa emergenziale ed hanno svolto assemblee dei soci non in presenza, mediante mezzi di comunicazione a distanza ovvero “esclusivamente” mediante il c.d. rappresentante designato. Tali modalità, specie per le banche non quotate, hanno posto numerose problematiche in relazione ai diritti dei soci esercitabili “prima e fuori dall’assemblea”.

Per il futuro, al di là delle specifiche modalità con cui saranno tenute le assemblee dei soci delle banche, le nuove disposizioni di vigilanza richiamano l’attenzione sulla necessità di strutturare adeguati flussi informativi nei confronti degli azionisti che, in forma chiara, accessibile e con congruo anticipo, devono ricevere le informazioni necessarie per l’esercizio dei diritti sociali, ivi incluse le modalità ed ogni altro elemento utile per l’esercizio del diritto di voto, nonché le informazioni riguardanti gli esiti dell’assemblea. Non si tratta di una novità, quanto piuttosto di un richiamo di attenzione.

Rappresenta, di contro, una novità la previsione che impone alle banche di maggiori dimensione o complessità operativa di adottare una politica di dialogo con gli azionisti, novità che riflette peraltro la disciplina della c.d. SHRD II[32] in tema di politica di impegno (c.d. engagement) degli investitori istituzionali e dei gestori di attivi nei confronti delle partecipate.

Le banche di maggiori dimensione o complessità operativa devono definire nella predetta politica di dialogo con gli azionisti: i) le figure deputate a gestire tale dialogo, di norma rappresentate dal Presidente del CDA per i temi di governance e dall’AD o DG per i profili di business, nonché dal c.d. Lead Indipendent Director; ii) i tempi e le modalità di circolazione all’interno degli organi con funzione di supervisione strategica, gestione e controllo delle informazioni riguardanti gli incontri con gli azionisti e i relativi esiti; iii) i presidi per assicurare il rispetto della confidenzialità delle informazioni e delle regole in materia di informazioni privilegiate; iv) le differenze, ove opportune, tra le procedure relative al dialogo avviato su iniziativa della banca e quello avviato su iniziativa degli azionisti; v) le questioni rilevanti su cui instaurare il confronto con gli azionisti, ivi incluse quelle concernenti la strategia, i risultati finanziari e non finanziari nonché i rischi, la struttura del capitale, l’impatto sociale e ambientale e il governo societario.

Per le altre banche (intermedie o di minori dimensioni), ad avviso della Banca d’Italia, la strutturazione di una politica di dialogo con gli azionisti rappresenta una buona prassi qualora vi siano strutture proprietarie caratterizzate dalla presenza di rilevanti interessi di minoranza.

Sempre in tema di funzionamento, al fine di favorire il confronto tra amministratori indipendenti, accrescendo in tal modo l’efficacia della loro attività, le nuove disposizioni di vigilanza prevedono l’obbligo per le banche di dotarsi di un regolamento interno per definire le modalità di svolgimento delle attività degli amministratori indipendente, dovendosi peraltro prevedere momenti di confronto su tematiche di particolare rilevanza riservati ai soli indipendenti ed in assenza degli altri amministratori. L’opportunità di un regolamento degli indipendenti si è più volte posta nella prassi operativa delle banche, ciò al fine di disciplinare le modalità di convocazione, riunione, svolgimento delle attività e di relazione al consiglio, nonché di formulazione dei pareri previsti in capo agli stessi amministratori indipendenti dalla normativa di riferimento (ad esempio in tema di operazioni con soggetti collegati). Le nuove disposizioni di vigilanza, introducendo un obbligo di predisposizione di un regolamento sull’attività degli amministratori indipendenti che possa supportare gli stessi nello svolgimento di tali attività, mira in realtà anche a stimolare il confronto tra (soli) indipendenti sulle tematiche di particolare rilevanza.

6. Integrazione della disciplina delle operazioni con soggetti collegati

La c.d. CRD V ha introdotto specifici obblighi (di documentazione e messa a disposizione delle informazioni nei confronti delle Autorità di Vigilanza) per quanto concerne i crediti concessi agli esponenti aziendali ed alle relative parti correlate[33].

I recenti Orientamenti EBA sull’internal governance di luglio 2021 hanno declinato (in senso ampio) tali obblighi, inquadrabili nell’ambito della gestione dei conflitti di interesse[34].

Il quadro normativo nazionale non era (e non è tutt’ora) conforme alle prescrizioni (ed agli orientamenti) comunitari, essendo a tal fine necessaria la revisione delle disposizioni di vigilanza applicabile alle banche in tema di attività di rischio e conflitti di interesse nei confronti dei soggetti collegati.

Nondimeno, Banca d’Italia, considerato che gli obblighi imposti dalla CRD V sono sufficientemente circostanziati ed applicabili dal 28 dicembre 2020, ha ritenuto di introdurre l’obbligo per le banche di adeguarsi a quanto previsto dalla CRD V in materia di prestiti agli esponenti (ossia ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo) e alle loro parti correlate. I gruppi bancari possono valutare se applicare tali obblighi anche ai prestiti erogati: da una banca agli esponenti (e alle loro parti correlate) delle altre banche del gruppo e della società capogruppo; da altre componenti del gruppo (ad esempio, società finanziarie) agli esponenti (e alle loro parti correlate) delle banche del gruppo e della società capogruppo.

Le banche sono tenute ad adeguarsi a quanto previsto dalla CRD V in materia di prestiti agli esponenti e alle loro parti correlate entro 6 mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni di vigilanza, ossia entro gennaio 2022. In tema, presumibilmente nel 2022, saranno oggetto di modifica e revisione (anche per il necessario allineamento ai predetti obblighi imposti dalla CRD V), le disposizioni di vigilanza in tema di attività di rischio e conflitti di interesse applicabile alle banche.

 

 


[1] In particolare, si veda Basel Committee on Banking Supervision, Enhancing corporate governance, 1999 e 2006, www.bis.org/bcbs; Commissione Europea, Corporate Governance in Financial Institutions: Lessons to be drawn from the current financial crisis, best practices 2010, www.ec.europa.eu; Basel Committee on Banking Supervision, Principles for Enhancing corporate governance, 2010, www.bis.org/bcbs; Basel Committee on Banking Supervision, Corporate Governance Principles for Banks, 2015, www.bis.org/bcbs; EBA, Guidelines on Internal Governance, 2011, 2017, 2021 www.eba.europa.eu.

[2] Nella Gazzetta Ufficiale n. 168 del 15 luglio 2021 è stato pubblicato il Comunicato della Banca d’Italia con oggetto: “Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 «Disposizioni di Vigilanza per le banche» – 35° aggiornamento – Governo societario. Recepimento dell’articolo 88, paragrafo 1, capoversi 4 e 5, della direttiva (UE) 2013/36 (CRD), come modificata dalla direttiva (UE) 2019/878, in materia di prestiti agli esponenti e alle loro parti correlate”. Le nuove disposizioni entrano in vigore il 15° giorno successivo alla predetta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

[3] Cfr. Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 23 novembre 2020, n. 169. In tema, per un commento, sia consentito rinviare a Civale, Requisiti e criteri di idoneità̀ degli esponenti aziendali delle banche: prime riflessioni in margine al Decreto del MEF, dicembre 2020, www.dirittobancario.it; Lembo, Esponenti bancari: il “fit and proper” dopo il decreto di attuazione dell’art. 26 TUB, gennaio 2021, www.dirittobancario.it; Brogi – Andriolo, I nuovi requisiti degli esponenti aziendali delle banche ed altri intermediari finanziari, gennaio 2021, www.dirittobancario.it.

[4] Cfr. Regolamento (UE) 2019/876 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2019 che modifica il Regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda il coefficiente di leva finanziaria, il coefficiente netto di finanziamento stabile, i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, il rischio di controparte, il rischio di mercato, le esposizioni verso controparti centrali, le esposizioni verso organismi di investimento collettivo, le grandi esposizioni, gli obblighi di segnalazione e informativa e il regolamento (UE) n. 648/2012.

[5] In particolare, nel documento in consultazione pubblicato a dicembre 2020, la Banca d’Italia prevedeva che le “banche diverse” rispetto a quelle di maggiori o minori (ossia le c.d. “banche intermedie”), dovessero in ogni caso costituire il comitato rischi.

[6] Circolare 285/2013, Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione I, par. 3.

[7] Circolare 285/2013, Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione III, par. 2.2., lett. f).

[8] Cfr. EBA, Orientamenti in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti (EBA/GL/2020/06).

[9] Cfr. EBA, Guidelines on internal governance under Directive 2013/36/EU, 2021 (EBA/GL/2021/05).

[10] Ad avviso dell’EBA, “When setting, approving and overseeing the implementation of the aspects listed in Paragraph 22 the management body should aim at ensuring a business model, governance arrangements, including a risk management framework that take into account all risks. When taking into account all risks, institutions are exposed to, institutions should take into account all relevant risk factors, including environmental, social and governance risk factors. Institutions should consider that the latter may drive their prudential risks, including credit risks, e.g. via risk factors related to the transition to a sustainable economy or external physical climate-related events that may affect debtors, market, liquidity, operational risks and also reputational risks, e.g. via social and governance risk factors, e.g. in the context of outsourcing arrangements16. Such risks include, e.g. legal risks in the area of contractual or labour law, risks related to potential human rights violations or other ESG risk factors that may affect the country where a service provider is located and its ability to provide the agreed service levels (Cfr. EBA, Guidelines on internal governance under Directive 2013/36/EU, 2021 – EBA/GL/2021/05, par. 23).

[11] Circolare 285/2013, Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione III, par. 2.2., lett. g).

[12] Cfr. EBA, Guidelines on internal governance under Directive 2013/36/EU, 2021 (EBA/GL/2021/05), sezione 10.

[13] Cfr. art. 88, par. 2, della CRD IV. Il considerando n. 60 della CRD IV chiarisce che “La mancanza di controllo da parte degli organi di gestione sulle decisioni dei dirigenti è in parte dovuta al fenomeno della mentalità di gruppo. Questo fenomeno è dovuto, tra l’altro, alla mancanza di diversità nella composizione degli organi di gestione. Per favorire l’indipendenza delle opinioni e il senso critico, occorre che la composizione degli organi di gestione degli enti sia sufficientemente diversificata per quanto riguarda età, sesso, provenienza geografica e percorso formativo e professionale, in modo da rappresentare una varietà di punti di vista e di esperienze. L’equilibrio tra uomini e donne è particolarmente importante al fine di garantire una rappresentazione adeguata della popolazione. In particolare, gli enti che non raggiungono una soglia di rappresentanza del genere sottorappresentato dovrebbero adottare misure adeguate in via prioritaria. La rappresentanza dei lavoratori negli organi di gestione potrebbe inoltre essere considerata uno strumento positivo per rafforzare la diversità, dal momento che apporta una prospettiva essenziale e una reale conoscenza del funzionamento interno degli enti. Organi di gestione più diversificati dovrebbero controllare più efficacemente la dirigenza e contribuire pertanto a migliorare la supervisione del rischio e la resilienza degli enti. Pertanto, la diversità dovrebbe far parte dei criteri per la composizione degli organi di gestione. Tale criterio dovrebbe essere applicato più in generale anche nell’ambito della politica degli enti in materia di assunzioni. Detta politica dovrebbe, ad esempio, incoraggiare gli enti a selezionare i candidati a partire da elenchi ristretti comprendenti entrambi i generi”.

[14] Cfr. Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza in materia di procedura di valutazione dell’idoneità degli esponenti di banche, intermediari finanziari, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento e sistemi di garanzia dei depositanti, maggio 2021.

[15] Cfr. BlackRock, Investment Stewardship, march 2021, www.blackrock.com

[16] Per una prima idea della tematica, si veda Bianco M., Lotti F., Zizza R., Le donne e l’economia italiana, Questioni di Economia e Finanza, Occasional paper, 2013, n. 71; Adams R., Women on boards: The superheroes of tomorrow?, 2016, The Leadership Quarterly 27; Arnaboldi F., Casu B., Kalotychou E., Sarkisyan A., The Performance Effects of Board Heterogeneity: What Works for EU Banks?, 2018, The European Journal of Finance, forthcoming; Capone D., Diversità e inclusione nelle banche italiane: un’analisi empirica delle misure a sostegno della presenza femminile nei board, 2020, Questioni di Economia e Finanza, n. 552; Ciavarella A., Board diversity and firm performance across Europe, 2017, Quaderni di Finanza Consob, n. 85; Del Prete S., Papini G., Tonello M., Gender quotas, board diversity and spillover effects. Evidence from Italian banks, 2020.

[17] Cfr. artt. 147-ter, comma 1-ter, 147-quater, comma 1-bis, e 148, comma 1-bis, del TUF, introdotti dalla Legge 12 luglio 2011, n. 120 (Legge Golfo-Mosca), da ultimo modificata ed integrata attraverso la Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di Bilancio 2020).

[18] Cfr. art. 88, par. 2, della CRD IV

[19] L’art. 435, par. 2, del CRR (Regolamento 575/2013) prevede che “Gli enti pubblicano le seguenti informazioni in relazione ai sistemi di governance: (…) c) la politica di diversità adottata nella selezione dei membri dell’organo di gestione, i relativi obiettivi ed eventuali target stabiliti nel quadro di detta politica nonché la misura in cui tali obiettivi e target siano stati raggiunti”.

[20] Circolare 285/2013, Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione IV, par. 2.3.2..

[21] Cfr. Banca d’Italia, Benchmark di diversity per il sistema bancario italiano, 2015, www.bancaditalia.it.

[22] Cfr. Banca d’Italia, Analisi di impatto della regolamentazione pubblica unitamente al documento di consultazione di dicembre 2020 relative alle disposizioni di vigilanza in materia di governo societario; Osservatorio interistituzionale sulla partecipazione femminile negli organi di amministrazione e controllo delle società italiane, La partecipazione femminile negli organi di amministrazione e controllo delle società italiane, marzo 2021. In termini più generali e nei diversi ambiti, si veda anche Global Gender Gap Report, march 2021, www.weforum.org.

[23] Circolare 285/2013, Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione IV, par. 2.1., lett. b.

[24] Cfr. art. 147-ter, comma 1-ter del TUF.

[25] Cfr. art. 26 del TUB – art. 12, 23 e 24 del D.M. 169/2020.

[26] Circolare 285/2013, Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Sezione IV, par. 2.1., lett. b.

[27] L’EBA evidenzia che “Institutions should ensure that there is no discrimination of staff based on gender, race, colour, ethnic or social origin, genetic features, language, religion or belief, political or any other opinion, membership of a national minority, property, birth, disability, age or sexual orientation.

Institution’s policies should be gender neutral. This includes, but is not limited to remuneration, recruitment policies, career development and succession plans, access to training and ability to apply for internal vacancies. Institutions should ensure equal opportunities for all staff independent of their genders, including with regard to career perspectives and aim to improve the representation of the underrepresented gender in positions within the management body as well as in the group of staff that have managerial responsibilities as defined in the Commission’s Delegated Regulation (regulatory technical standards (RTS) on identified staff). Institutions should monitor the development of the gender pay gap separately for identified staff (excluding members of the management body), members of the management body in its management function, members of the management body in the supervisory function and other staff. Institutions should have policies that facilitate the reintegration of staff after maternity, paternity or parental leave” (Cfr. EBA, Guidelines on internal governance under Directive 2013/36/EU, 2021 – EBA/GL/2021/05 , par. 100 e 101).

[28] Cfr. EBA, Guidelines on internal governance under Directive 2013/36/EU, 2021 (EBA/GL/2021/05), par. 22 e 101.

[29] In data 2 luglio 2021, EBA ha pubblicato la versione finale del documento dal titolo “Final report on joint ESMA and EBA Guidelines on the assessment of the suitability of members of the management body and key function holders under Directive 2013/36/EU and Directive 2014/65/EU”. Si tratta del progetto finale di revisione degli “Orientamenti sulla valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione e del personale che riveste ruoli chiave”, elaborati inizialmente nel 2018 ai sensi della Direttiva 2013/36/UE (CRD IV) e della Direttiva 2014/65/UE (MiFID II) e che definiscono gli obblighi in merito all’idoneità dei membri dell’organo di gestione, nonché i requisiti in merito all’idoneità dei soggetti che rivestono ruoli chiave. Si attendono le traduzioni nelle lingue ufficiali dell’UE degli Orientamenti, la cui data di applicabilità è prevista per il 31 dicembre 2021.

[30] Assonime, La Corporate Governance in Italia: autodisciplina, remunerazioni e comply-or-explain, febbraio 2021

[31] Assonime, La Corporate Governance in Italia: autodisciplina, remunerazioni e comply-or-explain, febbraio 2021

[32] Direttiva (UE) 2017/828 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017.

[33] La c.d. CRD V ha aggiunto all’art. 88, par. 1 della CRD IV, il seguente comma: “Gli Stati membri assicurano che i dati relativi ai prestiti concessi ai membri dell’organo di gestione e alle loro parti correlate siano adeguatamente documentate e messe a disposizione delle autorità competenti su richiesta.

Ai fini del presente articolo, per “parte correlata” si intende:

a) il coniuge, partner registrato ai sensi del diritto nazionale, figlio o genitore di un membro dell’organo di gestione;

b) un’entità commerciale nella quale un membro dell’organo di gestione o il suo familiare stretto di cui alla lettera a) detiene una partecipazione qualificata uguale o superiore al 10 % del capitale o dei diritti di voto di tale entità, o sulla quale tali persone possono esercitare un’influenza significativa, o nelle quali tali persone occupano posti dirigenziali o sono membri dell’organo di gestione”.

[34] Cfr. EBA, Guidelines on internal governance under Directive 2013/36/EU, 2021 (EBA/GL/2021/05), Sezione 12.1.

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