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Giurisprudenza

Stabile organizzazione e limiti della responsabilità solidale del rappresentante fiscale IVA

7 Gennaio 2021

Alessandro Nota

Cassazione Civile, Sez. V, 29 settembre 2020, n. 20590 ― Pres. Manzon, Rel. Triscari

Di cosa si parla in questo articolo

La controversia in esame trae origine da un avviso di accertamento (per il periodo d’imposta 2001) emesso nei confronti del rappresentante fiscale di una società stabilita in Portogallo, con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione l’IVA a debito afferente ad operazioni effettuate in Italia dal soggetto non residente in favore di un committente francese, fatturate dalla società portoghese in luogo del rappresentante fiscale.

Soccombente in primo grado di giudizio, il contribuente ha adito la competente CTR, che ha accolto parzialmente l’appello.

In particolare, per quanto di interesse, il giudice di seconde cure ha ritenuto la pretesa erariale illegittima, limitatamente alle operazioni effettuate dalla società portoghese anteriormente alla nomina della ricorrente quale suo rappresentante fiscale in Italia.

 Tuttavia, il medesimo giudice ha confermato la tesi della CTP, e della controricorrente Agenzia delle Entrate, secondo la quale la qualità di rappresentante fiscale della ricorrente la legittimava a ricevere avvisi di accertamento emessi nei confronti del soggetto rappresentato, rispetto al quale doveva ritenersi solidalmente responsabile.

Infine, la tesi difensiva del ricorrente, secondo la quale il soggetto portoghese avrebbe disposto di una stabile organizzazione in Italia tale da escludere la propria responsabilità, non trovava a giudizio del Collegio d’appello riscontro documentale, né il soggetto non residente aveva provveduto a perfezionare gli adempimenti fiscali coerenti con la sua esistenza.

Il contribuente ha dunque adito la Corte Suprema, affidando il proprio ricorso a molteplici motivi.

Il rappresentante fiscale, in primo luogo, ha lamentato l’assenza di legittimazione a ricevere l’avviso di accertamento in esame, reputando violato o falsamente applicato il disposto dell’articolo 145, Cod. proc. civ nonché dell’art. 60 del D.P.R 29 settembre 1973 n. 600, atteso che l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificarlo presso la sede della società portoghese ed alla persona del suo rappresentante legale.

A giudizio della ricorrente, il mancato riferimento, all’interno del provvedimento, alla responsabilità solidale del rappresentante impediva la notifica successivamente alla revoca della nomina; appariva inoltre inconferente il riferimento all’articolo 60, primo comma, lettera e-bis del d.P.R. 600/1973, operato dal giudice di seconde cure, in quanto disposizione relativa alla rappresentanza fiscale ai fini delle imposte dirette.

In secondo luogo, il contribuente ha censurato la sentenza impugnata in relazione al mancato riconoscimento dell’esistenza in Italia di una stabile organizzazione della Società Portoghese, sia sotto il profilo della violazione dell’articolo 5 della Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra Italia e Portogallo, sia per difetto motivazionale circa la prova della configurazione della detta stabile organizzazione fornita dal ricorrente.

 Configurandosi la stabile organizzazione, la Corte di Appello sarebbe incorsa in una falsa applicazione dell’art. 17, comma secondo del D.P.R. n. 633/1972, avendo omesso di valutare che, sussistendo l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia della società portoghese, tale circostanza avrebbe sollevato il rappresentante fiscale dalla responsabilità solidale verso le pretese erariali dell’Agenzia delle Entrate.

In terzo ed ultimo luogo, la ricorrente ha lamentato l’omessa pronuncia sul motivo di gravame con il quale la stessa prospettava che la responsabilità del rappresentante fiscale, ai fini IVA, sia limitata alle sole operazioni veicolate attraverso il rappresentante stesso.

Con riferimento alla notifica dell’avviso di accertamento, la Suprema Corte conferma la pronuncia del giudice di secondo grado, in quanto la notifica sarebbe stata effettuata nei confronti della ricorrente al fine di far “valere nei suoi confronti, quale rappresentante fiscale, la responsabilità solidale nel pagamento di quanto contenuto nella pretesa”.

In merito alla falsa applicazione dell’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, gli Ermellini hanno richiamato il contenuto letterale dei commi 2 e 4, in applicazione dei quali gli obblighi e i diritti derivanti dal Decreto IVA possono essere adempiuti o esercitati da un soggetto non residente per il tramite di un rappresentante, a meno che tale soggetto abbia stabile organizzazione in Italia.

Il comma 4, in particolare, deve essere letto nel senso che l’esistenza di una stabile organizzazione esclude che l’Amministrazione Finanziaria possa far valere nei confronti del rappresentante fiscale qualsiasi pretesa scaturente dalle operazioni effettuate dal soggetto stabilito, sottolineando che “una volta che si sia accertata l’esistenza di una stabile organizzazione, quest’ultima, in quanto obbligata al pagamento ed alla rivalsa dell’imposta, oltre che al rispetto dei doveri formali di fatturazione delle operazioni attive e di registrazione delle fatture passive, costituisce l’unico centro di imputazione fiscale delle operazioni riferibili al soggetto non residente”.

La nomina del rappresentante fiscale è infatti funzionale alla individuazione di un interlocutore nazionale per il soggetto non residente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, in conformità alla funzione attribuitagli dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di giustizia, causa C-1/08, 19 febbraio 2009).

Il giudice di legittimità ha inoltre chiarito come, assunto che il comma quarto del menzionato articolo 17 non impedisca la nomina di una rappresentante fiscale pur in presenza di una stabile organizzazione, questi ― a differenza del rappresentante fiscale ai fini delle imposte sul reddito per il quale vige il criterio dell’intera tassabilità del reddito prodotto in Italia (cfr. Cass. civ., 15 giugno 2001, n. 8122) ― possieda una soggettività passiva parziale, limitata alle sole operazioni passive attribuitegli dal mandante non residente.

Conseguentemente non potrà essere fatta valere la responsabilità solidale del rappresentante, senza aver previamente stabilito che il rappresentante avesse l’incarico di adempiere obblighi o esercitare diritti legati alle operazioni dalle quali è scaturita la pretesa erariale.

La Corte Suprema, pertanto, ha accolto i menzionati motivi di impugnazione, cassando la sentenza impugnata e rinviandola alla CTR, in diversa composizione.

 

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