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Attualità

VBER: il nuovo Regolamento UE sugli accordi verticali

2 Novembre 2022

Alessandro Boso Caretta, Partner DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

Il 1° giugno 2022 è entrato in vigore il Regolamento (UE) n. 2022/720 della Commissione relativo all’applicazione dell’articolo 101 (3) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) agli accordi verticali, noto anche con l’acronimo di VBER (Vertical Block Exemption Regulation).

L’adozione del Regolamento è stata accompagnata dalla pubblicazione da parte della Commissione di nuove Linee Guida (Comunicazione 2022/C 248/01).

Il nuovo VBER sostituisce il precedente VBER del 2010 (Regolamento UE n. 330/2010) ed è destinato a rimanere in vigore fino al 31 maggio 2034.

È previsto un regime transitorio di un anno (dal 1° giugno 2022 al 31 maggio 2023) per l’adeguamento degli accordi già in vigore al 31 maggio 2022 che soddisfano le condizioni stabilite dal precedente VBER ma non le nuove. A partire dal 1° giugno 2023 anche questi accordi dovranno conformarsi al nuovo regime. Per gli accordi entrati in vigore dopo il 31 maggio 2022 il nuovo VBER si applica immediatamente.

Il VBER stabilisce le condizioni in presenza delle quali gli accordi verticali beneficiano di un’esenzione di categoria (block exemption) ai sensi dell’Articolo 101(3) TFUE, sì da essere considerati in via automatica compatibili con il divieto di intese restrittive della concorrenza posto dall’Articolo 101(1) TFUE senza necessità di valutazioni individuali, presumendosi che detti accordi determinino incrementi di efficienza nella produzione o nella distribuzione idonei a controbilanciare gli eventuali effetti anticompetitivi. In questo modo viene istituita una “zona di sicurezza” (safe harbour) per gli accordi verticali che rispettano le predette condizioni.

Se le condizioni per la block exemption non sono soddisfatte, ciò non significa che l’accordo sia vietato ma solo che esso non ricade nel safe harbour e dovrà pertanto essere valutato individualmente secondo i criteri indicati dall’Articolo 101 TFUE.

Sono “accordi verticali” quelli conclusi tra imprese che operano a diversi livelli della catena di produzione o di distribuzione di un bene o di un servizio e che regolano le condizioni alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere i beni o i servizi oggetto del contratto. Tipicamente vi rientrano gli accordi di fornitura e gli accordi di distribuzione.

L’esenzione di categoria non si applica agli accordi verticali conclusi tra imprese concorrenti, fatta eccezione per il caso in cui le parti operino in uno scenario di dual distribution, che si realizza quando il fornitore (sia esso un produttore, un importatore o un wholesaler) oltre ad avvalersi di distributori indipendenti distribuisce i prodotti attraverso canali diretti, fisici od online. In tal caso l’esenzione si applica purché l’accordo di fornitura non sia reciproco e il fornitore non competa con l’acquirente nel mercato a monte.

Gli accordi verticali molto spesso contengono una o più clausole restrittive della concorrenza, quali ad esempio obblighi di non concorrenza (tra cui esclusive), limitazioni alla facoltà di acquisto o di rivendita (come quelle che caratterizzano i sistemi di distribuzione esclusiva o selettiva), restrizioni riguardanti i prezzi o le modalità di vendita e di pubblicità, obblighi di qualità dei negozi fisici o dei negozi online o di assortimento dei prodotti, imposizione di quantitativi minimi di acquisto, ecc.

Inoltre, i sistemi di distribuzione e gli accordi verticali in generale implicano tipicamente uno scambio di informazioni tra le parti, che pure può configurare una restrizione della concorrenza, ammessa o non ammessa dalle nuove regole, a seconda dei casi.

È confermata nel nuovo regime l’applicazione della block exemption agli accordi verticali tra imprese aventi ciascuna una quota inferiore al 30% nel mercato rilevante (della vendita del bene oggetto dell’accordo per il fornitore; dell’acquisto del bene oggetto dell’accordo per l’acquirente), purché tali accordi non contengano “restrizioni fondamentali” (hardcore restrictions), ossia gravi restrizioni corrispondenti ai tipi indicati dall’art. 4 del VBER.

Anche nel nuovo VBER sono poi elencate nell’art. 5 una serie di “restrizioni escluse”, ovverosia clausole restrittive alle quali non si applica il beneficio dell’esenzione di categoria, ma che tuttavia – a differenza delle restrizioni fondamentali – non precludono l’applicazione del beneficio alla parte restante dell’accordo in cui sono contenute.

Sono stati tuttavia introdotti importanti cambiamenti che riguardano in particolare l’ambito di applicazione del VBER, la tipologia delle restrizioni “fondamentali” e delle restrizioni “escluse”, nonché i criteri per la loro valutazione e per la valutazione delle esenzioni individuali.

Queste in sintesi le principali novità.

Sistemi di “dual distribution” e scambio di informazioni

Il nuovo VBER prevede che nell’ambito dei sistemi di dual distribution possano beneficiare dell’esenzione di categoria non solo gli accordi verticali tra produttore e distributore, ma anche a quelli tra importatore o wholesaler e distributore. Tuttavia l’esenzione non vale per gli accordi verticali per la fornitura di servizi di intermediazione online quando il fornitore è una piattaforma ibrida che vende beni o servizi in concorrenza con le imprese alle quali fornisce i propri servizi di intermediazione online. Altra novità è che, nei sistemi di dual distribution, il safe harbour si applica allo scambio di informazioni tra fornitore e distributore solo se lo scambio è direttamente connesso all’esecuzione dell’accordo ed è necessario per migliorare la produzione o la distribuzione dei beni oggetto del contratto. Nelle nuove Linee Guida sono indicati esempi pratici di flussi informativi generalmente ammessi (white list) e flussi informativi che si presumono non necessari (black list) e che pertanto di regola non beneficeranno della block exemption.

Servizi di intermediazione online

Il nuovo VBER attribuisce alle piattaforme che erogano servizi di intermediazione online la qualifica di “fornitori” di servizi di intermediazione online, mentre le imprese che offrono e vendono beni e servizi attraverso tali piattaforme sono qualificate come acquirenti dei servizi di intermediazione. Ciò ha implicazioni pratiche rilevanti, soprattutto perché la quota di mercato della piattaforma online (ai fini del rispetto della soglia del 30%) dovrà essere calcolata avendo riguardo al mercato dei servizi di intermediazione online e non ai mercati della vendita dei beni o dei servizi intermediati e perché le restrizioni applicate dalle piattaforme online dovranno essere considerate alla stregua di restrizioni imposte dal fornitore ai fini della loro eventuale qualificazione come restrizioni “fondamentali” ai sensi dell’art. 4 o come restrizioni “escluse” ai sensi dell’art. 5.

Resale price maintenance

In continuità con la disciplina previgente anche nel nuovo regime l’imposizione dei prezzi di rivendita (resale price maintenance o RPM) è considerata una restrizione “fondamentale”. Ad essa è ora espressamente equiparata l’imposizione di vincoli di prezzo minimo pubblicizzato (minimum advertised prices o MAP). Sebbene i MAP lascino al distributore la libertà di vendere ad un prezzo inferiore rispetto a quello pubblicizzato, vincoli di questo tipo sono considerati strumenti indiretti di imposizione di prezzi di rivendita in quanto disincentivano il distributore dal fissare un prezzo di vendita più basso, limitando la sua capacità di informare i clienti sugli sconti disponibili.

Innovando rispetto al passato le nuove Linee Guida esemplificano una serie di casi in cui le pratiche di RPM possono tuttavia determinare incrementi di efficienza tali da giustificare l’esenzione individuale ex art. 101(3) TFUE.

Distruzione esclusiva e distribuzione selettiva

Si prevede ora che i fornitori: (i) possano riservare a favore di un massimo di 5 distributori (e non più di uno solo, come in precedenza), oltre che a sé stessi, specifici territori o gruppi di clienti; (ii) possano obbligare il distributore a «trasferire» (pass-on) il vincolo anche all’acquirente diretto (sub-distributore); (iii) possano vietare ai distributori (anche se non membri di un sistema di distribuzione selettiva) di vendere prodotti o servizi a rivenditori non autorizzati nei territori in cui opera un sistema di distribuzione selettiva.

Vendite attive e vendite passive

Il VBER introduce definizioni normative di “vendite attive” e “vendite passive”, tenendo conto delle nuove modalità di vendita proprie del commercio online. Le predette definizioni hanno notevole rilevanza, in quanto le restrizioni riguardanti le vendite passive sono di regola considerate hardcore (salvo eccezioni per i sistemi di distribuzione selettiva) mentre per quelle relative alle vendite attive si applica una disciplina più flessibile. Costituiscono ora “vendite attive”, tra le altre, anche le vendite realizzate attraverso un sito internet che offre tra le opzioni linguistiche una lingua diversa da quelle comunemente parlate nel territorio (con l’eccezione della lingua inglese, considerata una sorta di lingua universale del commercio).

Vendite online

Nell’elenco delle hardcore restriction figura ora espressamente anche la pratica di «impedire l’uso efficace di internet» da parte dell’acquirente o dei suoi clienti per vendere o pubblicizzare i beni o servizi oggetto del contratto (cd. internet ban), fatta salva la possibilità di imporre “altre restrizioni” delle vendite online.

Le Linee Guida chiariscono la portata della norma indicando categorie di restrizioni che si presumono hardcore e altre che si presumono che non lo siano. In buona sostanza vengono considerate restrizioni fondamentali quelle che precludono all’acquirente l’uso di interi canali di vendita online o di interi canali di pubblicità online, mentre rientrano tra le restrizioni ammesse al beneficio della block exemption quelle che riguardano le modalità attraverso le quali possono essere realizzate le vendite online o le attività di pubblicità online (compreso il divieto di utilizzare marketplaces).

Diversamente dal passato, i fornitori possono ora imporre criteri qualitativi diversi per i canali di vendita online e i negozi fisici.

Dual pricing

Non costituisce più una restrizione fondamentale la pratica della doppia tariffazione wholesale (dual pricing), ovverosia dell’applicazione di un prezzo all’ingrosso diverso a seconda che i prodotti siano destinati ad essere venduti in un negozio fisico o su internet. Tale pratica può ora beneficiare dell’esenzione di categoria in quanto si riconosce che essa è idonea a incentivare investimenti adeguati nei canali di distribuzione, purché il suo obiettivo non sia quello di impedire all’acquirente di utilizzare efficacemente internet ai fini della vendita dei beni o servizi oggetto del contratto in territori o a clienti particolari.

Obblighi di non concorrenza

Le nuove regole ampliano il novero degli obblighi di non concorrenza che possono beneficiare del safe harbour. In particolare, oltre agli obblighi di non concorrenza di durata determinata non superiore ai 5 anni, anche le clausole di non concorrenza tacitamente rinnovabili sono ora esentate, a condizione che il distributore possa effettivamente cambiare fornitore dopo 5 anni rinegoziando o risolvendo l’accordo verticale con un ragionevole periodo di preavviso e a un costo ragionevole.

Obblighi di parità

Per obblighi di parità, conosciuti anche come most favoured nation (MFN) clauses, si intendono gli obblighi che impongono a un venditore di offrire beni o servizi a condizioni non meno favorevoli di quelle offerte a determinate altre parti o tramite determinati altri canali di vendita. Nell’elenco delle “restrizioni escluse”, che non beneficiano dell’esenzione di categoria, figurano ora le cd. retail across-platform parity obligations. Si tratta degli obblighi che impediscono agli acquirenti di servizi di intermediazione online di offrire, vendere o rivendere beni o servizi agli utenti finali a condizioni più favorevoli attraverso servizi di intermediazione online concorrenti. Gli altri tipi di obblighi di parità continuano a poter beneficiare della block exemption.

Accordi di agenzia

Anche nel nuovo regime non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 101 TFUE gli accordi di agenzia commerciale purché “genuini” ai sensi del diritto della concorrenza (a prescindere dalla loro qualificazione civilistica), nel presupposto che in tal caso l’agente non opera come operatore economico indipendente rispetto al preponente. Tuttavia, mentre le vecchie Linee Guida indicavano come unico fattore rilevante ai fini della qualificazione come genuine agent la circostanza che l’agente non assumesse rischi commerciali o finanziari in relazione ai contratti conclusi o negoziati per conto del preponente, le nuove Linee Guida aggiungono che «è meno probabile» che un contratto di agenzia sfugga all’applicazione dell’art. 101 TFUE quando l’agente negozi o concluda contratti per conto di un «gran numero di preponenti». Si prevede, inoltre, la possibilità per lo stesso soggetto di operare come agente per alcuni beni e come distributore indipendente per altri (cd. dual role agent). Questi sarà considerato un genuine agent ai fini del VBER se è possibile delineare e tenere separati effettivamente le attività e i rischi oggetto dell’accordo di agenzia da quelli oggetto dell’accordo di distribuzione.

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