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Giurisprudenza

Sulla decorrenza del termine biennale per la richiesta di rimborso delle accise

17 Dicembre 2019

Avv. Daniele Stanzione, Ph.D. in Diritto pubblico dell’economia, “Sapienza” Università di Roma

Cassazione Civile, Sez. V, 30 settembre 2019, nn. 24259 – 24263 – Pres. Virgilio, Rel. Fuochi Tinarelli

Di cosa si parla in questo articolo

La Cassazione fa chiarezza sulla decorrenza del termine biennale per la richiesta di rimborso delle accise (stabilito dall’art. 14 del D. Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) attraverso cinque sentenze gemelle, dalla n. 24259 alla n. 24263, pubblicate il 30 settembre 2019.

La fattispecie sottoposta all’attenzione della Corte concerne l’istanza di rimborso di accise assolte per la fornitura di prodotti petroliferi alle Forze Armate nazionali: istanza rigettata dall’Agenzia delle Dogane in quanto presentata oltre il termine di due anni dalla fornitura.

La contribuente impugnava il diniego asserendo che il termine in questione dovesse decorrere, nel caso di specie, dal momento in cui era maturato il presupposto costitutivo del beneficio (coincidente con l’attestazione dell’ente militare circa l’effettiva destinazione dei prodotti agli usi esenti) e non dalla fornitura, con conseguente tempestività dell’istanza presentata.

La tesi della contribuente veniva accolta tanto in primo grado, quanto in appello, e l’Agenzia delle Dogane proponeva pertanto ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo.

Secondo la Suprema Corte il predetto motivo – con cui si denunciava la violazione, degli artt. 14, comma 2, 17 e 24 del D. Lgs. N. 504 del 1995 (c.d. Testo Unico sulle Accise – TUA), nonché la falsa applicazione dell’art. 21 del D. Lgs. N. 546 del 1992 – è infondato, ancorché la motivazione meriti di essere integrata.

Invero, muovendo da una articolata e puntuale ricostruzione del quadro normativo vigente ratione temporis, nonché dalle indicazioni provenienti dalla stessa Agenzia delle Dogane, la Cassazione ha chiarito come dal complesso delle pertinenti regole si ricavi il principio per cui «i prodotti petroliferi forniti alle Forze Armate nazionali fruiscono del regime di agevolazione unicamente ove essi siano destinati agli usi istituzionali, destinazione che deve risultare da apposita e necessaria attestazione del comando competente. Quest’ultima è usualmente contestuale all’acquisto (e dà luogo anche ad una fatturazione separata) quando esso sia stato operato presso i depositi petroliferi e determina l’immediata nascita del diritto di esenzione. Nel caso, invece, di acquisto effettuato nell’ambito di convenzioni con le società petrolifere, e in ispecie presso gli impianti di distribuzione stradale o con buoni carburante, è dal momento in cui è rilasciata l’attestazione dal Comando militare che è accordata, “a posteriori” l’esenzione» (così si legge in Cass., 30 settembre 2019, n. 24259).

Da tale ricostruzione la Suprema Corte fa discendere il logico corollario per cui l’attestazione che i carburanti siano stati “utilizzati esclusivamente per fini consentiti” ha natura costitutiva del diritto al beneficio poiché in sua assenza nessuna agevolazione potrebbe essere riconosciuta, non essendo ancora venuto ad esistenza il diritto né potendo essere quantificato l’ammontare del credito, che resta piuttosto commisurato all’effettiva entità dei prodotti destinata alle finalità istituzionali.

L’ipotesi di cui sopra pertanto, prosegue la Corte, andrebbe tenuta distinta da quella dell’indebito pagamento dell’accisa, a decorrere dal quale il contribuente ha due anni di tempo per richiedere il rimborso (come disposto dall’art. 14, comma 2 del TUA), poiché in tal caso “l’unica fonte del complesso dei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente va individuata nell’originaria operazione e, dunque, il momento del pagamento dell’imposta integra il fatto iniziale, da cui decorre la possibilità del contribuente di far valere […] eventuali indebiti od eventi modificativi, anche sopravvenuti” (Cass., 30 settembre 2019, n. 24259).

Nella fattispecie in giudizio, invece, «non viene in discussione […] l’originaria obbligazione, che è sorta con la “fabbricazione” ed è stata assolta al momento dell’immissione in consumo con il versamento dell’accise dovuta, ma una nuova e diversa obbligazione tributaria che ha ad oggetto il riconoscimento di un beneficio e si fonda su presupposti ulteriori rispetto alla prima. Il diritto all’esenzione o, comunque, ai benefici agevolativi, infatti, trova il suo fondamento nell’esistenza della pregressa obbligazione (che integra, in quanto tale, solo un presupposto in fatto del diritto), nonché nell’attestazione, rilasciata dall’Ente militare, che i prodotti energetici sono stati “utilizzati esclusivamente per fini consentiti”, sicché ha ad oggetto una autonoma (seppur collegata alla precedente) obbligazione e un distinto, e contrapposto al primo, rapporto giuridico» (Cass., 30 settembre 2019, n. 24259).

Ne deriva, secondo la Suprema Corte, che «lo stesso rinvio all’art. 14 TUA va inteso come limitato alla “procedura di accredito” ivi regolata senza che possa ritenersi esteso all’indicazione, per la decorrenza del termine, della “data del pagamento”, che costituisce il riferimento proprio solamente della precedente obbligazione e non della nuova. Quest’ultima ha ad oggetto il diritto di credito del contribuente, dalla cui nascita (ossia dal momento del rilascio dell’attestazione di utilizzazione per i fini consentiti) va fissato, corrispondentemente, il momento di decorrenza per la presentazione dell’istanza che, esclusa l’applicazione dell’art. 14 TUA, resta ancorato alla disciplina generale di cui all’art. 21, comma 2, d. lgs. N. 546 del 1992 che, per l’appunto, fonda la regola, residuale, secondo cui “La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”» (Cass., 30 settembre 2019, n. 24259).

Le conclusioni sopra esposte vengono peraltro ritenute dalla Cassazione come coerenti rispetto agli orientamenti della Corte di Giustizia in tema di esenzioni sui prodotti energetici e di effettività, potendo così ricondursi ad unità la disciplina delle restituzioni e dei rimborsi in materia di accise e imposta di consumo.

Alla luce delle argomentazioni sin qui sintetizzate la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto: «In tema di accise, il termine biennale per la presentazione dell’istanza di restituzione del credito per le agevolazioni decorre, ai sensi dell’art. 21, comma 2, d. lgs. N. 546 del 1992, dal momento in cui si è realizzato il presupposto costitutivo del beneficio, che non è assimilabile ad una causa di indebito dell’originaria obbligazione impositiva, sicché non rileva la data di pagamento dell’accise di cui all’art. 14, comma 2, TUA, nel testo anteriore alla modifica operata con l’art. 4 ter d.l. n. 193 del 2016, conv. dalla l. n. 225 del 2016, che regola la diversa ipotesi del rimborso del versamento indebito» (Cass., 30 settembre 2019, n. 24259).

 

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