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Attualità

Sull’ammissibilità della domanda di concordato preventivo successiva all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti

14 Ottobre 2019

Filippo Andrea Chiaves, Partner, Hogan Lovells

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

La recente sentenza n. 10106/2019 della Corte di Cassazione[1] ha affermato che la domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 1, L. Fall., successiva all’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, non può essere in limine considerata inammissibile.

La nuova richiesta di ammissione a concordato preventivo deve essere valutata in concreto e occorre apprezzarne l’ammissibilità verificando se sia stata posta al fine di regolare lo stato di crisi dell’impresa ovvero al solo scopo di procrastinare la dichiarazione di fallimento.

2. La vicenda alla base della pronunzia della Suprema Corte

Al fine di inquadrare la portata della sentenza in commento è necessario prendere in considerazione la vicenda da cui essa origina.

Una società domandava l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti e dopo averla ottenuta depositava un nuovo ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo dal momento che nuovi elementi dovevano essere presi in considerazione al fine della composizione della crisi e per porre rimedio all’inattuabilità dell’originario accordo di ristrutturazione.

Il Tribunale di Macerata rigettava la domanda di ammissione al concordato preventivo e con sentenza dichiarava il fallimento della società. Il Tribunale di prime cure riteneva, infatti, che la società non potesse essere ammessa al concordato preventivo in considerazione della precedente omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti. E ciò in applicazione del principio di alternatività, da interpretarsi, secondo i Giudici di primo grado, nel senso che il debitore deve effettuare una scelta tra le due procedure concorsuali volontarie.[2]

La società impugnava la sentenza. La Corte d’Appello di Ancona,[3] in accoglimento del reclamo, rilevava che il Tribunale avrebbe dovuto valutare in concreto se la nuova proposta fosse stata depositata per regolare la crisi dell’impresa ovvero al solo scopo di differire la dichiarazione di fallimento. Secondo i Giudici anconetani soltanto la seconda ipotesi avrebbe potuto costituire un palese abuso dello strumento processuale e implicare di conseguenza la dichiarazione di inammissibilità della domanda di ammissione al concordato preventivo. Avverso la pronunzia della Corte d’Appello proponeva poi ricorso per Cassazione la curatela del fallimento.

3. Inquadramento dei principi di diritto espressi dai Giudici di legittimità

Nel caso che ci occupa la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto che il Tribunale avrebbe potuto potenzialmente ammettere la società in crisi al concordato preventivo anche se successivamente all’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti; e ciò sulla base dei seguenti argomenti:

  1. il principio di alternatività ex art. 161, comma 6, L. Fall. non si applica al caso concreto;
  2. la limitazione di cui all’art. 161, comma 9, L. Fall. relativamente alla consecuzione di procedure concorsuali non rileva nel caso di specie.

La Corte di Cassazione adottando tale posizione ha voluto riconoscere la possibilità per l’imprenditore in crisi di evitare il fallimento tentando di ridurre la propria esposizione debitoria attraverso l’adozione di tutte le procedure concorsuali messe a disposizione dall’ordinamento. In questo modo la Corte ha inteso tutelare non solo l’interesse dell’imprenditore alla continuità dell’attività produttiva e al risanamento dell’impresa, ma anche quello dei creditori a essere soddisfatti in una percentuale maggiore rispetto a quella che essi avrebbero potuto ottenere successivamente all’apertura della procedura fallimentare.

Relativamente al primo argomento, inerente al principio di alternatività, i Giudici di legittimità hanno considerato che il caso di una domanda di ammissione a concordato preventivo "pieno" successiva all’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti è escluso dal campo di applicazione del comma 6 dell’art. 161 L. Fall. Ritiene la Corte che l’obbligo di alternatività tra l’accordo di ristrutturazione e il concordato preventivo attiene unicamente all’ipotesi in cui l’imprenditore abbia depositato la domanda di ammissione al concordato preventivo cd. "in bianco" o prenotativa (circostanza prevista dall’art. 161, comma 6, L. Fall.)[4]. Ne discende, dunque, che le due procedure concorsuali, quali nel caso di specie l’accordo di ristrutturazione dei debiti e il concordato preventivo, possono potenzialmente succedersi.

Riguardo al secondo argomento, concernente la consecuzione delle procedure concorsuali, i Giudici della Cassazione hanno affermato che non è applicabile al caso di specie l’inammissibilità ex lege prevista dall’art. 161, comma 9, L. Fall. poiché tale disposizione impedisce solamente al debitore che non è stato ammesso al concordato preventivo "in bianco" o all’accordo di ristrutturazione dei debiti (in considerazione dell’alternatività tra le due procedure di cui al comma 6), di riproporre nei due anni successivi una nuova domanda di concordato con riserva.

Al fine di poter analizzare nel dettaglio tale argomento occorre fare riferimento al ragionamento seguito dalla Corte d’Appello[5], la cui pronunzia è confermata dalla Corte di Cassazione, i quali, per dirimere la problematica riguardante la possibilità di consecuzione tra l’accordo di ristrutturazione e il concordato preventivo, hanno fatto riferimento all’istituto dell’abuso del processo.

La Corte d’Appello afferma, infatti, che è possibile respingere in limine la richiesta di ammissione ad una nuova procedura concorsuale, se questa è di concordato preventivo "in bianco", al ricorrere delle condizioni di cui al comma 9 dell’art. 161 L. Fall. (inammissibilità ex lege) ovvero nel caso in cui tale nuova proposta sia manifestamente abusiva, ossia con finalità di posticipare la dichiarazione di fallimento senza fornire una credibile ipotesi di soluzione alla crisi d’impresa. Per tutte le altre ipotesi di nuove richieste di procedure concorsuali non può invece prescindersi da una valutazione in concreto sull’esistenza o meno dell’abuso del processo, verificando se la nuova proposta: (i) abbia come unico intento quello di procrastinare indebitamente l’esame della domanda di fallimento; ovvero (ii) corrisponda a un effettivo interesse ad agire dell’imprenditore al fine di sottoporre nuovamente al consenso dei creditori e del Tribunale una domanda che abbia carattere di originalità. La Corte d’Appello ha specificato che il carattere innovativo della richiesta di ammissione al concordato preventivo è riscontrabile nella domanda che proponga una soluzione della crisi sostanzialmente differente dalla precedente, che presenti un contenuto economico che abbia un reale carattere di novità che, come tale, sia meritevole di una nuova valutazione.

Nel caso di specie, la nuova proposta concordataria oggetto del giudizio di inammissibilità si fondava sulla proposta di acquisto da parte di un soggetto terzo di tutti i beni immobili, dell’azienda produttiva, delle partecipazioni in società terze e dei principali crediti della società in crisi, circostanza che non era prevista nell’accordo di ristrutturazione originario. Per tali ragioni sia i Giudici del gravame, sia la Corte di Cassazione hanno ritenuto indubitabile il carattere innovativo della nuova proposta. In virtù di tale aspetto, la nuova domanda di ammissione al concordato preventivo avrebbe dunque dovuto essere oggetto di una valutazione di inammissibilità concreta, comparando l’interesse del debitore ad evitare il fallimento e quello dei creditori instanti ad ottenere soddisfazione del loro credito e non essere dichiarata inammissibile in limine.

4. Implicazioni pratiche della posizione assunta dalla Corte di Cassazione

Analizzati i principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione, meritano di essere messi in luce alcuni risvolti pratici della sentenza:

  1. La Corte di Cassazione ha voluto ottenere un duplice risultato: da un lato, tutelare il diritto dell’imprenditore, che non sia stato capace una prima volta di ridurre la propria esposizione debitoria, di ripresentare una nuova proposta; dall’altro, ha voluto confermare l’inammissibilità automatica delle proposte sprovviste di carattere innovativo e palesemente abusive, al fine di tutelare la celerità del procedimento fallimentare.
  2. I Giudici di legittimità hanno voluto tutelare la posizione del debitore concedendogli un’ulteriore chance: l’imprenditore potrà – di fronte all’inattuabilità della prima procedura concorsuale – ottenere potenzialmente l’ammissione ad una nuova procedura che potrebbe rappresentare la soluzione alla crisi evitando così la dichiarazione di fallimento.
  3. La pronunzia in commento risulta senz’altro innovativa poiché, riconoscendo la consecuzione tra procedure concorsuali, permette la traslazione della prededuzione da una procedura all’altra. In tal modo i Giudici di legittimità hanno propeso affinché i creditori possano mantenere la preferenza procedimentale sui propri crediti. Peraltro questo principio è stato di recente esplicitato da altra sentenza della Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2019, n. 15724, in Il fallimento 8-9/2019, 1011) la quale ha sancito che la consecuzione funge da elemento di congiunzione tra procedure distinte e consente la traslazione dall’una all’altra procedura della precedenza procedimentale in cui consiste la prededuzione.


[1] Il testo è disponibile su questa Rivista al link http://www.dirittobancario.it/giurisprudenza/fallimentare-restructuring/accordi-di-ristrutturazione-dei-debiti/non-inammissibile-la-proposta-concordataria.

[2] Da notare che questa sentenza, in linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha affermato che l’accordo di ristrutturazione del debito ha natura di procedimento concorsuale (cfr. anche Cass. civ., sez. I, 25 gennaio 2018, n. 1896, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2018, 5, II, 515; Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2018, n. 1182, in Banca Borsa Titoli di Credito 2018, 5, II, 515; Cass. civ., sez. I, 21 giugno 2018, n. 16347, in Guida al Diritto, 2018, 48, 90.        

[3] App. Ancona, 27 gennaio 2016, n. 82, in Banca dati De Jure www.dejure.it. 

[4] La disposizione prevede, infatti, che nel termine assegnato dal giudice per depositare la proposta, il piano e la documentazione relativa al concordato preventivo, è ammissibile, in alternativa al deposito dei predetti documenti, il deposito di una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione.      

[5] La Corte d’Appello richiama nella sentenza altre due pronunce che seguono lo stesso iter argomentativo: cfr. Trib. Forlì, 15 marzo 2013, n. 18, in Ilfallimentarista.it 31 luglio 2013 e Cass. Civ., SS.UU., 15 maggio 2015, n. 9935, in Ilfallimentarista.it 20 maggio 2015.          

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