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Giurisprudenza

Successione dei soci nei debiti fiscali della società estinta

13 Novembre 2025

Giorgio Antonio Autuori, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario, Università degli Studi di Brescia

Cassazione Civile, Sez. V, 24 ottobre 2025, n. 28256 – Pres. Giudicepietro, Rel. Di Marzio

Di cosa si parla in questo articolo

La successione degli ex soci nei debiti fiscali della società estinta torna ad essere al centro dell’attenzione della Suprema Corte, da ultimo pronunciatasi sul tema con la recentissima sentenza del 24 ottobre 2025, n. 28256

La cancellazione della società dal registro delle imprese, che produce l’effetto costitutivo dell’estinzione della società, determina infatti il verificarsi di un fenomeno successorio, per il quale i debiti esistenti in capo alla predetta non vengono meno, ma si trasferiscono ai soci.

A nulla rileva il fatto che il bilancio di liquidazione non preveda nei confronti di questi alcuna attribuzione: l’Amministrazione ha comunque interesse a procurarsi un titolo nei loro confronti, “potendovi essere la possibilità di sopravvenienze attive o di beni e diritti non contemplati nel bilancio”

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA nei confronti dei soci di una società a ristretta base partecipativa, ormai estinta, contestando l’omessa dichiarazione di una consistente plusvalenza derivante da un’operazione di compravendita immobiliare, peraltro nemmeno riportata nel bilancio.

I contribuenti impugnavano l’atto dinanzi all’allora Commissione Tributaria Provinciale, che lo annullava; interponeva appello l’Agenzia di fronte alla Commissione Tributaria Regionale, che tuttavia rigettava le censure sollevate e confermava la bontà della decisione del giudice di prime cure.

Avverso tale decisione ricorreva per cassazione l’Amministrazione finanziaria, lamentando l’erroneità della statuizione di secondo grado; dopo aver inizialmente differito la definizione del giudizio in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite, vertente su questioni sovrapponibili, la Cassazione si è di recente pronunciata cassando la decisione impugnata e rinviando il giudizio di fronte alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado.

In particolare, ad essere contestata era l’affermazione della CTR secondo cui “i creditori delle società possono rivolgersi ai soci “soltanto nel caso in cui i medesimi abbiano percepito somme o beni sulla base del bilancio finale di liquidazione”. Tale considerazione, ad avviso dei contribuenti ricavabile dal disposto dell’art. 2495 c.c., non trova, tuttavia, alcun riscontro nella logica complessiva del sistema: condurrebbe a conseguenze inaccettabili il ritenere che una società possa “conseguire plusvalenze milionarie, non dichiararle al fisco e, cancellandosi dal registro delle imprese, ottenere il risultato di eludere completamente l’imposizione, nei confronti della società come dei soci”.

In verità, anche la stessa CTR si era chiaramente soffermata su tale criticità, al punto tale da affermare come risultasse “del tutto evidente il comportamento fraudolento posto in essere dalla società”.

Più precisamente, ad avviso del giudice di secondo grado i soci potevano sì essere chiamati a rispondere dei debiti sociali, ma solo negli stretti limiti di quanto questi avessero ricevuto proprio per effetto del bilancio finale di liquidazione, ed in ogni caso previo esperimento dell’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore.

Questa tesi, problematica proprio in casi in cui l’operazione contestata non venga riportata nelle scritture, è stata puntualmente smentita a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità, che ha sottolineato proprio come la successione degli ex soci nei rapporti debitori della società avvenga a prescindere dal fatto che agli stessi sia stato attribuito alcunché in base al bilancio finale di liquidazione.

Né, a ben vedere, può avere alcuna valenza ostativa il mancato esperimento dell’azione nei confronti del liquidatore: in primis, perché la responsabilità personale di questo, da un lato, e successoria dei soci, dall’altro, sorgono da fonti ben distinte; in secundis perché, in ogni caso, era pacifico e non contestato il fatto che l’Agenzia avesse effettivamente agito anche nei suoi confronti.

D’altra parte, il fatto che una determinata operazione non sia stata riportata nel bilancio è del tutto irrilevante, ben potendo il fisco, in tali ipotesi, accertare la sussistenza di poste attive non risultanti dalle predette scritture e ricondurre i relativi importi a tassazione.

In ciò, la pronuncia fa proprio l’orientamento espresso precisamente dalle attese Cass. S.U., 12/02/2025, n. 3625, che hanno riaffermato la continuità della pretesa tributaria anche a seguito dell’estinzione della società, a presidio dell’interesse erariale di fronte a comportamenti elusivi che approfittino della formale cancellazione dell’ente al solo fine di sottrarsi agli obblighi d’imposta.

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