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Giurisprudenza

Soglia di preclusione degli atti di accertamento in caso di concordato preventivo

25 Maggio 2020

Matteo Mancini

Cassazione Civile, Sez. V, 9 aprile 2020, n. 7765 – Pres. Napolitano, Rel. Giudicepietro

Di cosa si parla in questo articolo

Con la pronuncia in oggetto, la Corte di Cassazione è recentemente intervenuta fornendo chiarimenti circa la corretta interpretazione da attribuire all’art. 33 del Decreto-Legge 30 settembre 2003, n. 269 contenente la disciplina del c.d. “concordato preventivo biennale”, ed in particolare, con riguardo al comma 8-bis, il quale prevede, che, a fronte dell’adesione all’istituto concordatario, siano “preclusi gli atti di accertamento qualora il maggior reddito accertabile sia inferiore o pari al 50 per cento di quello dichiarato”.

La Suprema Corte ha infatti chiarito che per “maggior reddito accertabile” debba intendersi esclusivamente quello che l’Amministrazione finanziaria possa accertare sulla base della concreta situazione fattuale e, dunque, nell’esercizio dei poteri ad essa non preclusi dall’ottavo comma del medesimo art. 33, poteri esercitabili, quindi, fuori dalle fattispecie di cui all’art. 39, primo comma, lett. d), secondo periodo e secondo comma, lett. a), d) e d-bis) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 nonché di cui agli artt. 54, secondo comma, secondo periodo e 55, secondo comma, n. 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Richiamando brevemente i fatti di causa, un contribuente veniva raggiunto da un provvedimento accertativo con il quale l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione maggiori imponibili rilevanti, per quanto d’interesse, ai fini dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche.

Risultato soccombente nel giudizio di appello, dopo un primo grado favorevole, il contribuente proponeva ricorso in Cassazione avverso la pronuncia della competente C.T.R., lamentando, tra i vari motivi di ricorso, la violazione e falsa applicazione del citato art. 33 per non avere la corte territoriale ponderato l’avvenuta adesione del concordato biennale per il periodo di imposta considerato, con i conseguenti effetti premiali limitativi del potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, nel caso di specie ritenuto indebitamente esercitato.

La questione nodale da sciogliersi involgeva il rapporto intercorrente, all’interno dello stesso art. 33, tra il comma 8 ed il comma 8-bis, non essendo in quest’ultimo specificato se per “maggior reddito accertabile” dovesse intendersi quello che all’Amministrazione finanziaria appaia accertabile sulla base dei pieni poteri ad essa attribuiti ovvero quello che la predetta amministrazione possa accertare sulla base dei soli poteri ad essa non inibiti dal menzionato ottavo comma.

A tal riguardo, la Suprema Corte, in accoglimento delle doglianze del contribuente, ha specificato che, stante il rapporto di complementarietà (e non già di specialità) sussistente tra le predette norme, l’adesione da parte del contribuente al concordato preventivo biennale produce nei confronti dell’Amministrazione finanziaria in primo luogo l’applicazione delle limitazioni dei poteri di accertamento fissate dall’ottavo comma del menzionato art. 33, ed, in secondo luogo, ove l’Ufficio, esercitando i soli poteri di accertamento ad esso concessi, riscontri un maggior imponibile non superiore alla soglia individuata dal successivo comma 8-bis, la preclusione assoluta all’esercizio del potere di accertamento (in tal senso si era già espressa la Suprema Corte con ordinanza n. 13885 del 31 maggio 2018).

Il collegio, nel cassare la pronuncia impugnata, rinvia pertanto il giudizio alla C.T.R. in diversa composizione, affinché verifichi la ricorrenza dei presupposti per il perfezionamento del concordato e, conseguentemente, la residua legittimazione all’esercizio dei poteri d’accertamento dell’Ufficio impositore competente.

 

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