Con la sentenza n. 11145/2025 la Corte di Cassazione, nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’azione revocatoria fallimentare, affronta il tema dell’onere della prova relativo alla scientia decoctionis, chiarendo che la consapevolezza dello stato di insolvenza in capo al terzo può essere dimostrata anche mediante presunzioni.
Per scientia decoctionis si intende la consapevolezza, da parte del terzo contraente, dello stato di insolvenza del debitore al momento del compimento dell’atto oggetto di revocatoria, requisito essenziale per l’esperibilità dell’azione ai sensi dell’art. 67 l. fall.
Il contesto del giudizio origina da una domanda revocatoria ex art. 67 l. n. 267/1942 (ovvero nell’ambito della vecchia legge fallimentare) proposta nei confronti di una serie di pagamenti effettuati dal debitore in prossimità della dichiarazione di insolvenza, considerati pregiudizievoli per la massa fallimentare.
Le corti di merito, sia in primo che in secondo grado, hanno respinto la domanda, ritenendo insussistente la prova dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria.
In particolare, i giudici hanno escluso che gli indizi allegati e quelli notoriamente conoscibili e presunti potessero fondare la scientia decoctionis.
La Corte di Cassazione ha censurato tale impostazione, rilevando come i giudici di merito abbiano errato nel richiedere una prova diretta della conoscenza dello stato di insolvenza in capo al terzo, senza considerare che, ai fini della revocatoria, è ammissibile l’utilizzo di elementi presuntivi.
La decisione – di secondo grado – di rigettare la domanda sulla base di una valutazione insufficiente degli indizi, oggettivamente indicativi della decozione, è stata pertanto ritenuta inadeguata, in quanto contraria ai principi giuridici relativi alla prova per presunzioni.
In particolare, la Corte suprema ritiene che i giudici di merito non abbiano fatto buon governo dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza in tema di revocatoria dei pagamenti ex art. 67, comma 2, l.fall.
In base a questi, in particolare:
- la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante elementi indiziari idonei a dimostrare per presunzioni detta effettività (Cass. 29257/2019)
- il curatore può dimostrare l’effettiva conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo, anche attraverso il ricorso a presunzioni: in tal caso, è compito del giudice selezionare con attenzione gli elementi indiziari che presentano una potenziale efficacia probatoria, sottoponendoli poi a una valutazione complessiva, che dovrà fornire una certezza logica circa lo stato soggettivo di consapevolezza, ovvero la scientia decoctionis. Questa consapevolezza si considera sussistente quando la probabilità che il terzo fosse a conoscenza dello stato di insolvenza trova fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) specifiche in cui il terzo operava (Cass. 27070/2022)
- l’onere della prova della cd. “scientia decoctionis” in capo all'”accipiens“, gravante sulla curatela, può essere assolto mediante il ricorso a presunzioni ex artt. 2727 e 2729 C.c., sempreché gli elementi indiziari, valutati necessariamente gli uni per mezzo degli altri, si rivelino idonei nel loro complesso a condurre il giudice a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza – rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare – non possa non aver percepito i sintomi rivelatori della decozione del debitore (Cass. 13445/2023).