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Attualità

Rischi climatici e ambientali e aspettative di Vigilanza

13 Giugno 2022

Andrea Lapomarda, Associate Partner, EY Advisory SpA

Federica Mastrangelo, EY Advisory SpA

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le “Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali” con cui la Banca d’Italia disciplina le modalità di integrazione di tali rischi nelle strategie aziendali delle banche e degli altri soggetti vigilati, nei sistemi di governo, controllo e gestione dei rischi e nell’informativa al mercato. Il tema sarà oggetto di approfondimento nel Webinar del 21 giugno 2022


1. Premessa

A distanza di oltre un anno dalla pubblicazione del testo definitivo della “Guida sui rischi climatici e ambientali” della Banca Centrale Europea, Banca d’Italia l’8 aprile 2022 ha pubblicato le proprie “Aspettative sui rischi climatici e ambientali” (di seguito, alternativamente, “Aspettative”) che disciplinano le modalità attraverso le quali gli intermediari finanziari sono chiamati ad integrare i rischi climatici e ambientali nelle proprie strategie aziendali, nei sistemi di governo, controllo e gestione dei rischi e nell’informativa al mercato.

Le Aspettative non sono rivolte esclusivamente agli istituti bancari, ma si estendono a tutti i soggetti la cui attività è sottoposta ad autorizzazione e vigilanza della Banca d’Italia ai sensi del Testo Unico Bancario e del Testo Unico della Finanza (ovvero: banche, SIM, SGR, SICAV/SICAF autogestite, intermediari finanziari ex Articolo 106 TUB e relative società capogruppo, istituti di pagamento, IMEL), secondo un principio di proporzionalità, da declinare in base alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa degli intermediari, nonché alla natura dell’attività svolta.

Le Aspettative mirano a favorire la realizzazione di un modello di crescita sostenibile dei soggetti vigilati basato sulla piena integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (Environmental, Social e Governance – “ESG”) teso a facilitare un progresso di lungo termine, resiliente agli shock esterni e che possa contribuire fattivamente alla gestione delle trasformazioni che l’intera società civile si troverà a fronteggiare a causa:

  • degli effetti del cambiamento climatico e delle politiche di decarbonizzazione;
  • del degrado degli ecosistemi e della perdita di biodiversità;
  • della precarietà e della carenza di sicurezza sul mercato del lavoro;
  • dei rischi legati a una bassa inclusione sociale e a una crescita delle disuguaglianze.

In tale contesto, l’Autorità di Vigilanza ha definito 12 aspettative articolate nelle 5 aree tematiche di seguito illustrate.

2. Governance

Aspettativa 1: governance

L’organo di amministrazione degli intermediari svolge un ruolo attivo di indirizzo e governo nell’integrare i rischi climatici e ambientali nella cultura e nella strategia aziendale nonché nel risk appetite framework aziendale (ove previsto) e nei limiti di rischio dei portafogli gestiti, declinando in modo coerente le principali policy aziendali e l’adattamento dei sistemi organizzativi e gestionali. In tale ottica l’organo di amministrazione approva un appropriato piano di iniziative”.

In tale contesto, in linea di continuità con le disposizioni europee in materia, le Aspettative riconfermano la centralità di una governance robusta, quale presupposto cardinale per lo sviluppo di un modello di business e, in tale contesto, viene rimarcata la chiara ed imprescindibile responsabilità degli organi sociali e delle strutture interne degli intermediari chiamati a confrontarsi nel continuo con nuove sfide poste dall’evoluzione del contesto esterno, delle fonti di rischio, del framework regolamentare e di vigilanza, indirizzando e governando il cambiamento.

Al fine di indirizzare tali aspettative, anche alla luce di quanto evidenziato dalla Banca d’Italia, risulta necessario che gli intermediari pongano particolare attenzione ai seguenti aspetti nodali:

  1. garantire la presenza, nell’ambito dei propri organi aziendali, di figure con competenze adeguate a comprendere e valutare gli impatti e le implicazioni dei rischi climatici e ambientali sulle proprie strategie di business;
  2. assegnare ruoli e responsabilità attinenti ai rischi climatici e ambientali a specifici membri dell’organo amministrativo, ovvero a specifici comitati endoconsiliari, eventualmente prevedendone uno di nuova costituzione;
  3. definire un robusto e affidabile sistema di flussi informativi che consenta agli organi aziendali di disporre costantemente di adeguate informazioni. In relazione a tale ultimo aspetto, particolare rilevanza assume la possibilità di strutturare un reporting dedicato ai rischi climatici e ambientali, anche attraverso un sistema di indicatori fondamentali di prestazione (key performance indicators, KPI) e indicatori fondamentali di rischio (key risk indicator, KRI) misurabili e quantificabili.

3. Modello di business e strategia

Aspettativa 2: strategia aziendale

Nella definizione e attuazione della strategia aziendale, gli intermediari individuano i rischi climatici e ambientali capaci di incidere sul contesto aziendale e sono in grado di comprenderne e misurarne gli impatti, al fine di assicurare la resilienza del modello di business e orientarne le prospettive di sviluppo”.

Ai fini della definizione della strategia aziendale assume particolare rilevanza l’analisi del contesto aziendale e delle numerose variabili che lo compongono (scenario macroeconomico, panorama concorrenziale, politiche aziendali, regolamentazione, tecnologia disponibile, sviluppi sociali e demografici).

In tale contesto emerge l’aspettativa che gli intermediari sia adoperino per essere in grado di valutare adeguatamente la materialità dei rischi climatici e ambientali, fisici e di transizione, suscettibili di ripercuotersi sul contesto aziendale, declinandola secondo un principio di proporzionalità, tenendo conto della complessità, del profilo di rischio e della tipologia del proprio modello di business.

Una volta avuta adeguata contezza dei rischi, ci si attende dunque che gli intermediari saranno in grado di definirne gli impatti sul proprio contesto aziendale, anche al fine di orientare le scelte strategiche, altresì nell’ambito della strutturazione dei propri piani industriali, e assicurare, per questa via, la resilienza del relativo modello di business.

4. Sistema organizzativo e processi operativi

Aspettativa 3: processi operativi

L’organo di amministrazione modula i diversi interventi sull’organizzazione e sui processi operativi a fronte dei rischi climatici e ambientali in modo coerente e proporzionale alle valutazioni formulate in merito alla loro materialità”.

Una volta che i rischi climatici e ambientali sono stati ricompresi nella strategia, l’organo di amministrazione assicura che essa venga attuata coerentemente, in particolare attraverso:

  • l’individuazione delle strutture interne incaricate dei rischi climatici e ambientali;
  • l’adeguamento delle policy e procedure rilevanti.

In particolare, sulla base degli approcci maggiormente adottati sul mercato, la Banca d’Italia ha identificato 3 possibili modelli organizzativi finalizzati a garantire la gestione dei rischi climatici e ambientali e, più in generale, delle tematiche attinenti ai fattori di sostenibilità:

  1. Modello accentrato”, che prevede la costituzione di una struttura ad hoc atta a governare la tematica dei rischi climatici e ambientali e che rappresenta il punto di riferimento su tutte le tematiche connesse al tema della sostenibilità. Solitamente tale struttura è posta a diretto riporto degli organi aziendali e opera in stretto coordinamento con le altre funzioni aziendali impattate dalle medesime materie.
  2. Modello decentrato”, si basa su un modello di responsabilità sulla tematica della sostenibilità diffuso tra le varie strutture coinvolte, tramite l’assegnazione dei ruoli e delle responsabilità coerentemente con il perimetro e i processi di competenza di ciascuna di esse.
  3. Modello ibrido”, il quale prevede il coordinamento delle tematiche climatiche e ambientali da parte di una struttura dedicata, che ha il compito di integrare tali fattori nelle attività delle altre funzioni, alle quali assegna specifiche responsabilità su attività che richiedono competenze specifiche.

Quest’ultimo modello risulta, ad oggi, maggiormente adottato dagli intermediari, in primis per la maggiore facilità di realizzazione e, soprattutto, per la possibilità di sfruttare al meglio le competenze e specializzazioni già in essere nelle proprie strutture aziendali, evitando duplicazioni e ulteriori investimenti.

Tanto premesso, l’Autorità di Vigilanza si aspetta che:

  • l’organo amministrativo valuti l’adeguatezza delle risorse umane e degli strumenti a disposizione in termini sia quantitativi sia qualitativi al fine di supportare una strategia che includa i rischi climatici e ambientali;
  • le politiche e prassi di remunerazione stimolano comportamenti coerenti con l’approccio al rischio climatico e ambientale adottato;
  • le funzioni aziendali siano coinvolte in programmi formativi sulla tematica;
  • i sistemi informatici siano adeguati alla necessità di raccogliere e aggregare in modo sistematico i dati necessari;
  • i processi istruttori a supporto delle scelte di investimento e di affidamento tengano conto dei rischi climatici e ambientali;
  • la funzione di Risk Management incorpori i fattori climatici e ambientali nella valutazione dell’esposizione ai vari rischi e nel loro monitoraggio;
  • la funzione di Compliance assicuri che i rischi di conformità derivanti dai rischi climatici e ambientali siano presi in debita considerazione;
  • la funzione Internal Audit verifichi l’adeguatezza dei presidi e delle iniziative di mitigazione di detti rischi.

5. Sistema di gestione dei rischi

Aspettativa 4: mappatura

Gli intermediari effettuano una mappatura degli eventi che potrebbero manifestarsi per effetto dei rischi climatici e ambientali (fisici e di transizione) e integrano, di conseguenza, il sistema di gestione dei rischi, identificando i rischi che ne risulterebbero potenzialmente influenzati e le implicazioni di natura prudenziale”.

Gli intermediari saranno dunque chiamati a mappare gli eventi che potrebbero comportare un impatto sui rischi aziendali derivante dalla manifestazione di rischi di carattere climatico o ambientale. Tale mappatura dovrebbe tenere debitamente conto dell’esistenza di rischi sia “fisici” (i.e. impatto economico derivante dall’atteso aumento di eventi naturali la cui manifestazione può essere definita “estrema” ovvero “cronica”), sia “di transizione” (i.e. impatto economico derivante dall’adozione di normative finalizzate a favorire uno sviluppo sostenibile).

Conseguentemente dovrebbe essere riadattato il complessivo sistema di gestione dei rischi che, in ogni caso, non potrà prescindere dalla disponibilità di adeguati sistemi informativi e di raccolta dei dati.

Aspettativa 5: dati e metriche

Gli intermediari pongono in essere azioni volte a creare una base dati sui profili di rischio climatico e ambientale completa e di elevata qualità nonché integrata in un sistema informativo idoneo a supportare lo sviluppo di metriche per la valutazione dei rischi climatici e ambientali”.

Ci si attende quindi che gli intermediari creino una base dati che sia frutto anche dell’instaurazione di un dialogo costruttivo con le controparti. Sarà essenziale valutare i dati disponibili (anche attraverso il confronto con fonti istituzionali aggregate), allo scopo di testarne la robustezza e l’integrità, nonché la conduzione periodica di analisi finalizzate a valutare eventuali carenze informative.

Aspettativa 6: analisi di materialità

Gli intermediari, sulla base di adeguate analisi di materialità, incorporano i rischi climatici e ambientali nei processi di valutazione dell’adeguatezza del capitale interno e di liquidità, integrando il sistema dei limiti di rischio. Gli intermediari non tenuti alla valutazione del capitale interno integrano il sistema dei limiti per tenere conto degli impatti dei rischi climatici e ambientali sul valore dei portafogli gestiti e/o sui volumi operativi”.

Le valutazioni di materialità e le connesse attività di misurazione e monitoraggio dei relativi impatti sul livello dei rischi esistenti, nonchè sul fabbisogno di capitale e liquidità e sui limiti di rischio dei portafogli gestiti, devono tenere debitamente conto sia di fattori esogeni derivanti dal contesto geografico, economico e normativo, sia di fattori endogeni connessi alle specificità del singolo intermediario (anche in funzione del precipuo modello di business). Dette valutazioni, ad evidenza della Banca d’Italia, necessiteranno, nel corso dei prossimi anni, di un consolidamento metodologico, nonché di una sempre maggiore disponibilità e qualità delle informazioni sottostanti, ferma restando l’attesa per un pronto avvio di programmi finalizzati al setting di processi interni di misurazione di detti rischi.

Aspettativa 7: revisione e aggiornamento

Considerato il carattere di marcata dinamicità dei rischi climatici, gli intermediari definiscono un programma di revisione e aggiornamento periodico delle decisioni assunte in relazione a metodologie e strumenti per la loro valutazione, in modo da preservarne nel continuo la validità e la significatività”.

Aspettativa 8: rischio di credito

Gli intermediari integrano i rischi climatici e ambientali in tutte le fasi del processo del credito, adeguando le relative politiche e procedure in linea con le GL EBA in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti (EBA/GL/2020/06)”.

Gli intermediari devono considerare i rischi climatici e ambientali e i relativi impatti sul rischio di credito nell’ambito della concessione di nuovi finanziamenti, nel monitoraggio del livello di concentrazione settoriale e geografico del portafoglio creditizio e nella valutazione delle garanzie che assistono i finanziamenti.

In particolare, con riferimento alla concessione del credito, ci si attende la formalizzazione di criteri operativi, di natura quali-quantitativa, in base ai quali distinguere settori di attività economica e singoli prenditori sulla base della loro esposizione ai rischi climatici e ambientali. Sarà necessario mappare la posizione geografica e il settore economico di attività dei prenditori, definendo classificazioni basate sul grado di vulnerabilità al rischio fisico e di transizione. Inoltre, per i clienti associati a rischi ambientali e climatici più elevati gli intermediari devono effettuare un’analisi approfondita del modello imprenditoriale avendo in considerazione impatti, attuali e/o prospettici, delle politiche di regolamentazione.

Aspettativa 9: rischio di mercato

Gli intermediari tengono conto del possibile impatto dei rischi climatici e ambientali sul pricing degli investimenti in strumenti finanziari, propri e gestiti per conto terzi, anche in chiave prospettica, al fine di minimizzare il rischio di perdite”.

L’integrazione dei fattori climatici e ambientali nell’ambito del rischio di mercato potrebbe comportare per gli intermediari il necessario aggiornamento delle politiche di investimento, ad esempio tramite la compilazione di una lista di settori meno sostenibili, nei quali l’intermediario decide di limitare e/o ridurre l’esposizione (i.e. phasing out) sempre tenendo conto dei rischi di minore diversificazione che le strategie di esclusione portano con sé. In particolare, nell’ambito del risparmio gestito, gli intermediari devono integrare il processo di investimento definendo i criteri per tenere conto dei rischi climatici e ambientali e individuando le strategie di selezione degli investimenti più appropriate in funzione degli obiettivi di gestione perseguiti con i diversi prodotti (strategie c.d. best in class, adozione di benchmark climatici, liste di esclusione di specifici emittenti/settori, ecc.).

Aspettativa 10: rischio operativo

Gli intermediari tengono conto del possibile impatto dei rischi climatici e ambientali sulla continuità operativa nonché sul livello dei rischi reputazionali e legali”.

Risulta dunque necessario il possibile impatto avverso del rischio fisico sulla continuità operativa che potrebbe subire interruzioni a causa di danni materiali a immobili, filiali e centri di elaborazione dati a seguito di eventi climatici e ambientali estremi.

Inoltre, le aspettative sanciscono l’imprescindibile importanza del rischio reputazionale e legale a cui potrebbero essere esposte le organizzazioni in caso di finanziamenti di attività controverse dal punto di vista ambientale oppure nel caso in cui gli stakeholder avvertano che i temi di sostenibilità sono promossi esclusivamente a fini di marketing, senza la concreta implementazione di azioni volte a sostenere la transizione ecologica.

Aspettativa 11: rischio di liquidità

Gli intermediari integrano i rischi climatici e ambientali nella misurazione e gestione del rischio di liquidità, stimando potenziali peggioramenti della posizione di liquidità dovuti a deflussi di cassa e/o diminuzione dell’ammontare delle riserve e/o modifica della liquidità degli strumenti finanziari posseduti direttamente o dai portafogli gestiti”.

Alla luce delle Aspettative, i rischi climatici e ambientali devono essere inclusi nell’ILAAP o in altra analoga documentazione tra quelle incluse negli obblighi di reporting a cui lo specifico intermediario è soggetto. In relazione a tale tipologia di rischio, particolare rilevanza assumono le cd. pratiche di greenwashing che potrebbero comportare, in caso di percezione di aderenza solo formale dell’intermediario al framework normativo ESG, una limitazione all’accesso al mercato, con riflessi sulla capacità di far fronte alle proprie passività nei termini contrattuali previsti (i.e. funding liquidity risk).

Tanto premesso, la Funzione di Risk Management, nelle aspettative del regolatore, rimane evidentemente responsabile della corretta attuazione del processo di gestione dei rischi, volto a identificare, misurare, prevenire e attenuare qualsivoglia rischio assunto o potenzialmente assumibile dall’intermediario.

In tale ambito, anche se i rischi climatici e ambientali hanno natura ben definita la loro materializzazione determina impatti sui rischi prudenziali “tradizionali” (in particolare, credito, mercato, operativo e di liquidità). Pertanto, la gestione dei rischi climatici implica specifici elementi di complessità, derivanti, da un lato, da un elevato grado di incertezza sull’entità degli effetti dei cambiamenti climatici e, dall’altro lato, dalla necessità di adottare orizzonti temporali di valutazione più lunghi, nonché la necessità di inquadrare il loro effetto potenziale su categorie di rischio già presidiate dalle funzioni operative e di controllo degli intermediari.

Le attività chiave nella gestione dei rischi climatici implicano quindi l’attuazione, lo sviluppo e il monitoraggio di un framework di gestione del rischio a livello aziendale, compresa la cultura del rischio, la propensione al rischio ed i relativi limiti creditizi.

6. Informativa al mercato

Aspettativa 12: rendicontazione

Gli intermediari si dotano delle infrastrutture, dei dati e dei processi necessari per comunicare le modalità con cui integrano i driver di rischio ambientale nella strategia aziendale, nell’organizzazione interna e nei meccanismi di gestione del rischio, comprese le metriche utilizzate per valutare i rischi climatici e gli obiettivi di sostenibilità”.

La comunicazione di informazioni sufficientemente dettagliate, complete e comparabili sull’esposizione ai rischi climatici e ambientali consente agli intermediari più virtuosi di incrementare la qualità complessiva dell’informativa al mercato e di segnalare a tutti gli stakeholder il proprio posizionamento nel processo di transizione verso un’economia più sostenibile.

A tal fine è essenziale che gli intermediari predispongano idonei presidi e sviluppino adeguate prassi per identificare, misurare, monitorare e mitigare i rischi climatici e ambientali e i loro effetti sulle altre tipologie di rischio assunte, continuando a garantire il necessario accesso al credito e assistendo le aziende impegnate nel lungo e complesso processo di transizione con nuova finanza e adeguati servizi di consulenza.

La Banca d’Italia, in proposito, ha già avviato nelle scorse settimane un primo confronto con gli intermediari sul grado di rispondenza alle aspettative e sui piani di adeguamento, sottoponendo agli intermediari un questionario volto a verificare il grado di allineamento delle prassi aziendali rispetto alle sopra richiamate aspettative di vigilanza.

Ci si attende, quindi, nel corso dei prossimi mesi, un progressivo allineamento delle prassi aziendali a dette aspettative, anche alla luce della centralità che il sistema finanziario continuerà a rivestire nel supportare il complessivo percorso di transizione verso un’economia maggiormente orientata ai cosiddetti fattori ESG.

***

L’Europa continua ad essere in prima linea nelle politiche climatiche, ma l’impegno alla riduzione delle emissioni, per quanto ambizioso, può fornire un contributo solo modesto rispetto allo sforzo globale richiesto.

Le Banche Centrali e le Autorità di Vigilanza stanno operando per fare in modo che il sistema finanziario sia preparato ad affrontare questa transizione. Tanto è stato fatto in questi ultimi anni, tanto ancora sarà necessario indirizzare in quelli a venire, partendo dagli interventi necessari per migliorare la tassonomia europea degli investimenti ecosostenibili, i cui criteri di attuazione sono stati individuati lo scorso anno, e approfondimenti su come rendere più omogenee a livello globale le definizioni adottate nelle diverse giurisdizioni. In tale contesto, sarà inoltre necessario predisporre adeguati principi per verificare l’evoluzione dei rischi climatici, indicare standard contabili per la divulgazione di informazioni sulle emissioni di carbonio, sviluppare raccomandazioni sugli approcci di regolamentazione e di supervisione.

A tal fine, si ritiene che le Aspettative debbano anche essere interpretate come un utile strumento volto a favorire una maggiore consapevolezza degli intermediari finanziari sulla necessità di comprendere come i fattori di sostenibilità possano incidere sulla loro attività, facilitando l’integrazione dei relativi rischi nei propri sistemi di governo e nelle proprie strategie, contribuendo a migliorare la loro performance.

 

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