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Giurisprudenza

Riflessioni sul cosiddetto concordato preventivo di gruppo

9 Dicembre 2013

Avv. Cristian Fischetti

Tribunale di Rovigo, 5 novembre 2013

Di cosa si parla in questo articolo

Le riforme legislative degli ultimi anni non hanno modificato la concezione atomistica dell’impresa nella procedura di concordato preventivo, con la conseguente irrilevanza, sul piano giuridico, del fenomeno del gruppo societario; pertanto, pur in presenza di gruppi di società caratterizzati da importanti collegamenti sia commerciali sia finanziari, sia, ancora, da rapporti di direzione e coordinamento, vige ancora il principio della separazione dei patrimoni e la distinta soggettività o personalità giuridica fra le varie società.

Tuttavia, pur in assenza di una espressa disciplina normativa che riconosca il concordato preventivo “di gruppo”, la giurisprudenza di merito – anche se non in maniera unanime – ha provato a fornire una lettura diversa e più amplia della problematica, giungendo a soluzioni interessanti quali quelle del provvedimento in esame.

Il fatto

Due società, appartenenti al medesimo gruppo, predisponevano separati ricorsi ai sensi dell’art. 161, co. 6, l.fall. e li depositavano presso il Tribunale competente, che le ammetteva con riserva in due differenti procedure di concordato preventivo.

Allo spirare dei termini veniva quindi depositata un’unica proposta di concordato preventivo di gruppo per entrambe le società. Il Tribunale dichiarava aperta la procedura, ritenendo superato positivamente il giudizio di ammissibilità, che era consistito nell’esame dei seguenti elementi: (i) sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi, (ii) regolarità e completezza della domanda e della relativa documentazione, (iii) avvenuto deposito della relazione dell’asseveratore, corredata dagli elementi ispettivo-ricognitivi, valutativi ed esplicativi del giudizio espresso dall’attestatore medesimo idonei a consentire la ricostruzione dei controlli effettuati, (iv) indicazione, nell’attestazione, dei controlli compiuti dall’esperto, della documentazione esaminata, nonché dell’iter logico seguito per lo svolgimento delle proprie considerazioni, da cui evincere l’avvenuto controllo della veridicità dei dati contabili e della fattibilità del piano.

Infine, il deposito di un’unica proposta di concordato preventivo determinava la riunione dei fascicoli in una procedura unitaria.

Ammissibilità della proposta di concordato preventivo “di gruppo”: alcuni orientamenti giurisprudenziali

I Giudici del decreto in commento, nel valutare la fattispecie al proprio esame, hanno colto l’occasione per esprimere alcune importanti considerazioni finalizzate a superare, de iure condendo, la carenza di una disciplina dei gruppi nell’ambito degli strumenti per la soluzione della crisi d’impresa.

In più, pur nel manifestare il proprio favore per un esito positivo della problematica, hanno provato a delimitarne i limiti di ammissibilità, fornendo spunti degni di riflessione.

In estrema sintesi, il Tribunale di Rovigo ha ammesso la presentazione di una proposta di concordato preventivo unitaria avendo valutato la sussistenza, nella fattispecie al proprio esame, di elementi oggettivi idonei a determinare una connessione funzionale tra le due società ricorrenti, quasi che vi fosse una sorta di identità sociale fra le imprese in crisi.

Ad ogni modo, hanno specificato che l’esistenza di stretti rapporti fra società del medesimo gruppo non sarebbe di per sé idonea a giustificare la presentazione di un’unica proposta di concordato preventivo: è, infatti, necessario che sussista anche un interesse dei creditori e delle società ricorrenti allo svolgimento di un’attività unitaria in esecuzione della procedura (in particolar modo se di natura liquidatoria).

Del resto, se le poche norme che disciplinano il fenomeno del gruppo di imprese sono di tipo economico (per esempio, l’art. 2497 c.c., ovvero l’art. 127, co. 6, l.fall.), è chiaro che l’interesse dei creditori a che vi sia una procedura di gruppo dovrebbe essere legato a un loro inequivocabile vantaggio di tale natura: ad esempio, una procedura di concordato preventivo unitaria potrebbe consentire una contrazione dei costi di procedura a beneficio dei creditori sociali, una rapida evoluzione dell’iter procedimentale, nonché, eventualmente, la soddisfazione sulla totalità del patrimonio del gruppo.

La pronuncia in esame non è naturalmente l’unica ad avere affrontato la tematica; infatti, pur in assenza di una specifica disciplina sul punto, già in passato la giurisprudenza di merito ha tentato in varie occasioni di dare maggiore rilevanza alla realtà sostanziale e commerciale del fenomeno del gruppo, soprattutto con riferimento al concordato preventivo.

In particolare, e in estrema sintesi:

1. alcuni Tribunali hanno riconosciuto il (solo) momento aggregativo delle situazioni delle varie società coinvolte nell’esame congiunto delle (separate) proposte di concordato preventivo, provenienti dai diversi soggetti (in tal senso, Trib. Perugia, 3 marzo 1995, in Foro It. 1995, 1952, secondo il quale l’autonomia di ogni società appartenente a un gruppo di imprese non esclude che i Giudici possano attribuire un ruolo rilevante all’esistenza di una aggregazione societaria cui fanno capo distinti interessi);

2. altri, a fronte di distinti ricorsi delle società facenti parte di un gruppo, hanno adottato un unico decreto di ammissione, nominato un unico Giudice Delegato e un unico Commissario Giudiziale, nonché svolto un solo giudizio di omologazione – utilizzando lo strumento della riunione dei procedimenti – emettendo, infine, un’unica sentenza. Il tutto, si badi, continuando a effettuare la valutazione in merito alla sussistenza dei requisiti e al raggiungimento delle maggioranze richieste con riferimento a ogni singolo soggetto giuridico (in tal senso, Trib. Ivrea, 21 febbraio 1995, in Fall., 1995, 969);

3. un differente orientamento, pur muovendosi nel solco dei precedenti appena ricordati, si spingeva addirittura sino a prevedere una visione unitaria dell’attivo e delle possibilità di soddisfacimento dei creditori, con un’unica adunanza e il computo delle maggioranze riferito all’unico programma concordatario (Trib. Terni, 30 dicembre 2010, il Ilcaso; si veda anche, Trib. Terni, 19 maggio 1997, in Fall., 1998, 290);

4. un altro indirizzo arrivava a validare la proposizione di un singolo ricorso per l’ammissione a concordato preventivo da parte di imprese costituenti un gruppo e a stabilire che le maggioranze per l’approvazione del concordato potessero addirittura essere calcolate con riferimento non a ciascuna impresa ma al gruppo (in tal senso, Trib. Crotone, 28 maggio 1999, in Gius. Civ., 2000, 1533);

5. infine, altre pronunce, con approccio pragmatico con riferimento specifico alla problematica dell’appartenenza delle società del medesimo gruppo a circoscrizioni di Tribunali differenti, hanno sottolineato la necessità di un’unica procedura allorché esista interconnessione fra i soggetti richiedenti sotto il profilo gestionale, economico, finanziario e amministrativo, affermando il principio per cui tutte le partecipanti al gruppo avrebbero necessariamente la propria sede effettiva presso il luogo in cui la capogruppo ha la sede principale (in tal senso, Trib. Firenze, 13 luglio 1992, in Dir. Fall., 1994, 563; in senso conforme, Trib. Roma, 16 dicembre 1997, in Dir. Fall., 1998, 778).

Note di riflessione

Le tematiche toccate dal provvedimento in commento hanno ancora una volta sollecitato alcune riflessioni sulla fattispecie del concordato preventivo “di gruppo”. In particolare, il decreto in esame, pur condivisibile sotto diversi aspetti, venendo incontro alla realtà economica odierna caratterizzata dall’esistenza di gruppi di società con costanti rapporti di interdipendenza tra loro, può porre alcuni dubbi, alcuni dei quali ravvisati dallo stesso Tribunale di Rovigo.

Nello specifico, in assenza di una puntuale previsione normativa, non è chiaro in primo luogo quanto possano essere estesi i limiti dell’istituto del concordato preventivo di gruppo, ovverosia fino a che punto sia ammissibile ragionare nell’ottica di una procedura unitaria.

Inoltre, come opportunamente ricordato dallo stesso decreto in commento, salvo quanto affermato da minoritaria giurisprudenza, è sempre necessario tenere distinte le masse attive e passive fra le diverse società; infatti, i principi sanciti dall’art. 2470 c.c. vietano la confusione dei patrimoni, perché ciò determinerebbe la lesione del vincolo della divisione delle masse per il soddisfacimento dei propri creditori, che potrebbero essere penalizzati qualora si operasse con una mescolanza degli attivi e dei passivi (in tal senso, in dottrina, VITIELLO, Il concordato preventivo “di gruppo”, in IlFallimentarista, 31 luglio 2012).

Infine, ulteriori dubbi potrebbero nascere in ipotesi di risultati disomogenei nelle votazioni da parte dei creditori delle distinte società, con la conseguenza che, pur in presenza di una procedura unitaria, le adunanze dovranno essere tenute distinte, in quanto la maggioranza dei creditori di una società, diversamente dall’altra, potrebbe ritenere di non aderire alla proposta.

Pertanto, per concludere, se da un lato può essere ipotizzabile la presentazione di un unico piano di concordato, e forse anche di un unico ricorso, con nomina di un unico Giudice Delegato e di un solo Commissario Giudiziale, sarebbe in ogni caso opportuno che le votazioni siano mantenute separate, così come dovrebbero essere lasciate divise le masse attive e passive, nonché le maggioranze per l’approvazione o meno della proposta.

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