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Giurisprudenza

Revocatoria fallimentare e banche: il ruolo del CTU e la scientia decoctionis del creditore

18 Gennaio 2017

Beatrice Casaccia

Cassazione Civile, Sez. I, 26 agosto 2016, n. 17357

Di cosa si parla in questo articolo

La Suprema Corte, con la sentenza 17357/2016, si pronuncia con riferimento alla richiesta avanzata da una società in amministrazione straordinaria di vedere dichiarati inefficaci ex art. 67 l.f., comma secondo, i versamenti (con funzione solutoria) eseguiti dalla stessa sul conto corretene aperto presso il proprio istituto di credito, nell’anno anteriore alla dichiarazione di insolvenza.

Il Collegio giudicante conferma la decisione assunta dalla Corte d’Appello, dichiarando, pertanto, infondati i motivi di ricorso avanzati dalla Società.

In particolare, (i) se da un lato la Società si duoleva del fatto che i giudici di seconde cure avessero omesso di motivare la reiezione delle conclusioni della CTU; dall’altro, la Corte afferma che la consulenza tecnica è, meramente, un mezzo istruttorio affidato al prudente apprezzamento del giudice, il quale può, pertanto, decidere in quali termini utilizzarla al fine del proprio convincimento (cfr. sent. 996/1999 e sent. 1186/2016). Poi, ancora, (ii) se da un lato la Società denunciava il vizio di motivazione; dall’altro la Corte rileva come una simile denuncia possa essere esperita solo laddove nel ragionamento del giudice di merito, sia riscontrabile un’ effettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto al proprio convincimento; non essendo suscettibile di essere qualificata come tale la mera difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte.

In tema di revocatoria fallimentare, la Corte osserva, altresì, che al fine di valutare l’esistenza (o meno) della scientia decoctionis del creditore (quale requisito richiesto dall’art. 67 l.f., secondo comma), molteplici sono i parametri da doversi considerare. A tal fine, dunque, è da escludersi l’automatico esonero della banca dall’effettiva conoscenza dell’insolvenza, per il solo fatto che la stessa continui il rapporto col suo debitore; dovendosi, piuttosto, contestualizzare ciascun rapporto creditore/debitore.

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