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Giurisprudenza

Revocatoria fallimentare: delegazione di pagamento e prova dell’inscientia decoctionis

9 Gennaio 2025

Sara Donini, avvocato presso il Foro di Trento

Cassazione Civile, Sez. I, 25 novembre 2024, n. 30254 – Pres. Ferro, Rel. Dongiacomo

Di cosa si parla in questo articolo

Con ordinanza pubblicata il 25 novembre 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata: (i) sulla assoggettabilità a revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 1, n. 2, L. Fall. del pagamento dei debiti del fallito effettuato da un terzo in forza di una delegazione di pagamento e (ii) sull’onere della prova gravante sul creditore circa la conoscenza dello stato di insolvenza.

In primo luogo, secondo la Cassazione, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria ex art. 67, comma 1, n. 2, L. Fall., il pagamento eseguito da un terzo, su ordine o autorizzazione del debitore poi fallito, costituisce uno strumento solutorio a carattere anomalo, alla luce del fatto che non si tratta di un mezzo di pagamento comunemente accettato nella pratica commerciale in sostituzione del denaro.

In tal caso, pertanto, l’atto estintivo potrà essere assoggettato a revocatoria fallimentare, salvo che il creditore non provi di non aver avuto conoscenza dello stato di insolvenza del debitore.

Con riguardo all’onere della prova gravante sul creditore, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “al fine di vincere la presunzione di conoscenza dello stato d’insolvenza, posta dall’art. 67, c. 1, L. Fall., grava sul convenuto l’onere della prova contraria, la quale non ha contenuto meramente negativo e non può quindi essere assolta con la sola dimostrazione dell’assenza di circostanze idonee ad evidenziare lo stato d’insolvenza, occorrendo invece la positiva dimostrazione che, nel momento in cui è stato posto in essere l’atto revocabile, sussistessero circostanze tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione di normale esercizio dell’impresa”.

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