Presentato alla Camera il disegno di legge n. 2632, recante la riforma del decreto legislativo 231/2001, in materia di responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, per fatti illeciti dipendenti da reato.
Il Progetto di Legge di riforma della parte generale e sostanziale del decreto legislativo 231/01 è stato presentato il 30 settembre 2025, con la partecipazione dell’Università degli Studi di Bergamo e di AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati).
Come è possibile leggere nel testo di accompagnamento alle modifiche, l’obbiettivo è quello di delineare un equilibrio tra certezza e prevedibilità del diritto, ed efficienza e responsabilizzazione delle imprese, sfruttando il potenziale preventivo che l’organizzazione possiede in relazione al rischio-reato.
Queste, in estrema sintesi, le modifiche previste dalla proposta di riforma 231 nell’articolato del decreto legislativo:
- natura della responsabilità degli enti: nonostante non vi fossero ragioni ostative all’espressa qualificazione come “penale”, la proposta di riforma 231 ha preferito non definire la natura della responsabilità e si è prevista la sostituzione della locuzione “amministrativa”, contenuta nell’intitolazione del decreto legislativo con quella più neutra “da reato”, in tal modo volendo mettere in evidenza, da un lato, l’autonomia dell’illecito dell’ente rispetto al reato della persona fisica e, dall’altro, confermare contestualmente la stretta connessione di dipendenza tra l’uno (l’illecito) e l’altro (il reato); pertanto, sono state sostituite tutte le espressioni contenute nel decreto legislativo che qualificano, in qualunque modo, l’illecito o la sanzione come “amministrativi”
- limiti soggettivi di applicazione della responsabilità degli enti:
- la proposta di riforma della 231 precisa la natura collettiva degli enti a cui si applica la normativa
- si prevede l’esclusione degli enti di piccole dimensioni, aderendo alla giurisprudenza della Cassazione (v. 22082/2025), che ha distinto il profilo formale di assoggettamento degli enti alla disciplina 231, da quello sostanziale, evidenziando la necessità di accertare in concreto – in base a parametri oggettivi e dimensionali – l’effettiva autonomia della società rispetto agli interessi personali del socio; la proposta prevede un doppio criterio selettivo degli enti di piccole dimensioni, precisando al contempo che non potrà mai considerarsi ente di piccole dimensioni la società che esercita l’attività di direzione e coordinamento di un gruppo di imprese:
- l’uno, con riguardo al rapporto tra assetto amministrativo e controllo dell’ente, per cui si richiede un’effettiva autonomia gestionale e organizzativa dell’ente per il perseguimento dell’oggetto sociale rispetto agli interessi dei soggetti che, anche di fatto, lo controllano
- l’altro, dimensionale (aziendalistico), che si rifà in larga misura ai criteri selettivi, già previsti nell’ordinamento, per le microimprese o per le imprese minori;
- si estende la giurisdizione italiana agli enti con sede legale UE o extra-UE che operino in Italia tramite una stabile organizzazione o una struttura priva di personalità giuridica
- viene introdotto un meccanismo di ne bis in idem transnazionale: l’ente prosciolto o condannato in via definitiva nello Stato in cui ha la propria sede non potrà essere nuovamente processato per il medesimo fatto, distinguendo pero il caso degli enti con sede UE, da quello degli enti con sede extra-UE, per i quali è necessaria la delibazione ordinaria della sentenza di condanna o di assoluzione
- la proposta di riforma 231 modifica l’art. 5 c. 2, introducendo una disciplina specifica per la responsabilità degli enti da reato presupposto colposo, subordinando l’esistenza dell’interesse o vantaggio (criterio di imputazione oggettiva) ad un’effettiva violazione di regole cautelari volta a conseguire un risparmio di spesa, un incremento produttivo o altro beneficio economico
- il comma 3 estende poi la responsabilità all’ente controllante per gli illeciti commessi da soggetti riferibili agli enti controllati, ogniqualvolta tali condotte favoriscano o siano commesse nello specifico interesse o vantaggio dell’ente controllante: l’interesse che può coinvolgere la responsabilità della holding non è un mero interesse di gruppo, ma una condotta finalizzata a soddisfare (o che si concretizzi in) un interesse o un vantaggio specifico della società che esercita la direzione e il coordinamento
- si modifica l’art. 6, introducendo una disciplina unitaria del criterio di imputazione soggettiva, eliminando la distinzione vigente tra il fatto commesso dal soggetto apicale e quello commesso dal soggetto a questi subordinato, stabilendo che l’ente è responsabile:
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- se l’organo dirigente non ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un modello di organizzazione, gestione e controllo (MOGC) idoneo a ridurre il rischio di reati della stessa specie
- se non è stato affidato all’organismo di vigilanza (OdV) il compito di vigilare sul funzionamento, sull’osservanza e sull’aggiornamento di tale modello
- se vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’OdV
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- l’ultimo comma dell’art. 6 ripropone la forma di confisca “a chiusura” del sistema, che opera anche in caso di assenza di responsabilità dell’ente, qualora il reato abbia comunque generato un profitto in capo a esso
- riforma integrale dell’art. 7, che descrive in modo più tassativo il MOGC, in un sistema tripartito composto da:
- una parte generale: prevede la descrizione completa della configurazione societaria, degli organi di amministrazione e controllo, del sistema di procure e deleghe, un codice etico strutturato, le modalità di accertamento delle violazioni, l’istituzione dei canali di segnalazione interni conformi al D.lgs. n. 24/2023, un sistema disciplinare graduato per
ruolo, un organismo di vigilanza (OdV) - da una parte speciale, che descrive i reati presupposto, la mappatura delle attività e dei processi a rischio, i principi generali di comportamento e i contenuti essenziali dei protocolli operativi
- da protocolli di prevenzione operativi, che designano un responsabile del processo a rischio-reato, regolano la segregazione delle funzioni, disciplinano i flussi informativi verso l’OdV e definiscono modalità di monitoraggio e controllo da parte del personale e del management
- una parte generale: prevede la descrizione completa della configurazione societaria, degli organi di amministrazione e controllo, del sistema di procure e deleghe, un codice etico strutturato, le modalità di accertamento delle violazioni, l’istituzione dei canali di segnalazione interni conformi al D.lgs. n. 24/2023, un sistema disciplinare graduato per
- OdV: il nuovo art. 7-bis ne disciplina la composizione e le attribuzioni, rafforzandone il ruolo e assegnandogli la responsabilità di garantire il funzionamento e l’osservanza del modello organizzativo con continuità operativa e poteri di iniziativa e controllo autonomi:
- si fissano in particolare i requisiti di composizione in un collegio di almeno tre membri dotati di capacità professionali adeguate ai rischi identificati ed esclude espressamente, nelle società di capitali, l’affidamento delle sue funzioni a chi ricopra il ruolo di membro del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo di gestione
- introduce una disciplina semplificata per gli enti con meno di 30 dipendenti (detti “enti di medie dimensioni”), autorizzando la nomina di un organismo monocratico interno
- si chiarisce che l’OdV ha la funzione di preservare l’adeguatezza del sistema di prevenzione, senza però assurgere al ruolo di garante rispetto alla commissione di specifici reati
- regime di semplificazione per gli enti di medie dimensioni (art. 7-bis), per cui lo si estende in particolare anche alla parte organizzativa e di gestione, oltre che alla composizione dell’OdV:
- per agevolare l’attuazione dei sistemi semplificati di riduzione del rischio, si prevede che la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ex art. 6 D. Lgs. 81/2008, elabori modelli di sistemi semplificati differenziati per settore e dimensione, da rendere poi disponibili su una piattaforma digitale del Ministero
- il comma 7 prevede una riduzione proporzionata della sanzione pecuniaria da irrogare all’ente di medie dimensioni quando già e stata inflitta una sanzione penale irrevocabile ai soggetti apicali
- autonomia della responsabilità dell’ente dall’autore persona fisica (art. 8): la proposta di riforma 231 ne precisa i presupposti, e si introduce un sistema premiale appositamente pensato per l’ente, per cui, qualora l’autore del reato non sia identificato o non sia colpevole, la responsabilità dell’ente sussiste solo se il fatto è conseguenza di una mancata o difettosa adozione ed efficace attuazione del MOGC; occorrerà quindi dimostrare che l’ente avrebbe potuto impedire il reato secondo i principi generali della causalità in ambito penalistico
- esclusione della responsabilità dell’ente in caso di illeciti di “particolare tenuità”:
- tale regime opera solo se l’ente sia punito unicamente con una sanzione pecuniaria con un minimo non superiore a 300 quote, purché l’ente abbia adottato, prima della commissione del fatto, un MOGC
- tale istituto si applica anche nelle ipotesi di pluralità di illeciti ai sensi dell’art. 21: tuttavia, in questo caso, il giudice, nel valutare la particolare tenuità, deve considerare il complessivo difetto organizzativo alla luce dell’insieme degli illeciti dell’ente
- la particolare tenuità dell’offesa è esclusa per i reati più gravi (artt. 24-ter, 25, 25-quater, 25-quater.1, 25-quinquies e 25-octies), nonché per i casi di reiterazione ai sensi dell’art. 20
- modifiche alla parte sanzionatoria, volte ad eliminare alcune criticità già evidenziate dalla dottrina, tra cui:
- art. 11: oltre alle condizioni economiche e patrimoniali, ora si considerano anche quelle finanziarie; viene poi introdotta l’efficacia dissuasiva come criterio di stima; viene abrogato l’ultimo comma che fissava l’importo della quota a €.103,00
- art. 12: viene premiata la collaborazione attiva dell’ente, che deve restituire il vantaggio ottenuto mettendolo a disposizione ai fini della confisca
- art. 14: si rafforza il principio di selettività delle sanzioni interdittive, limitandole anche a singole unità produttive
- sistema premiale e nuovo art. 17-bis, per cui vengono introdotte specifiche cause di non punibilità per l’ente, fondate su:
- la preventiva adozione di un modello organizzativo, anche non idoneo
- la collaborazione processuale con l’autorità giudiziaria
- l’eliminazione delle carenze organizzative che hanno favorito il reato
- il risarcimento integrale del danno, eliminazione o attenuazione delle conseguenze, messa a disposizione del profitto
- prescrizione e nuovi istituti:
- art. 9: viene inserito un principio di coordinamento fra le diverse autorità competenti, imponendo al giudice di considerare eventuali misure già applicate per lo stesso fatto
- art. 10, c. 3-bis: viene introdotto un meccanismo di rivalutazione della sanzione pecuniaria (ripreso dal d.lgs. 81/2008), per mantenere l’efficacia dissuasiva nel tempo
- art. 22: la prescrizione dell’illecito dell’ente viene ancorata al massimo della pena del reato presupposto, sostituendo il termine fisso quinquennale; è previsto il raddoppio dei termini in caso di reiterazione, la possibilità di rinuncia ed una disciplina specifica per la prescrizione delle sanzioni (5 anni dalla sentenza definitiva)
- art. 23-bis: si introduce la messa alla prova per gli enti, con un programma di riorganizzazione, responsabilizzazione e attività di utilità sociale
- art. 64-bis: si introduce un rito alternativo per incentivare la collaborazione processuale, con controllo da parte dell’Organismo di Vigilanza.