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Giurisprudenza

Prescrizione dell’azione revocatoria nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi

4 Novembre 2019

Francesca Gaveglio, dottoressa di ricerca in diritto d’impresa presso l’Università Bocconi e avvocato presso Fivelex Studio Legale

Cassazione Civile, Sez. I, 22 maggio 2019, n. 13838 – Pres. Di Virgilio, Rel. Amatore

Di cosa si parla in questo articolo
Il prossimo 15 novembre si terrà a Milano il Convegno di Rassegna di Giurisprudenza Fallimentare organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

Nella sentenza in esame la Cassazione si è pronunciata su alcune questioni attinenti all’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare da parte del commissario governativo nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Anzitutto, in tema di prescrizione della predetta azione, la Suprema Corte ha affermato che – atteso che nella predetta procedura l’azione revocatoria fallimentare è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l’apertura della procedura e la nomina del commissario, essendo quest’ultimo l’unico soggetto legittimato all’esercizio della stessa – «il relativo termine di prescrizione non decorre dalla dichiarazione di insolvenza, bensì solo dalla data del decreto di nomina del commissario governativo, ossia dal momento in cui, a norma dell’art. 2935 c.c., il diritto può essere fatto valere».

Tale rilievo – ha precisato la Cassazione – non deve ingenerare confusione tra il criterio di individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione dell’azione revocatoria fallimentare e quello del dies a quo di decorrenza del periodo sospetto di cui all’art. 67 l.f.

Ed invero, la regola secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ex art. 2935 c.c. attiene al termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione, non anche ai termini di cui all’art. 67 l.f. per la delimitazione del periodo sospetto e la conseguente identificazione degli atti revocabili al suo interno, «per le quali, nell’ipotesi di consecuzione di procedure concorsuali, il computo a ritroso di tale periodo decorre dalla data di ammissione alla prima procedura».

Inoltre, la Cassazione ha riaffermato alcuni principi già consolidati.

In particolare, ha escluso l’applicazione retroattiva della nuova disciplina in tema di revocatoria fallimentare, introdotta con il d.lgs. n.5/2006, in base all’art. 150 del medesimo decreto.

La Suprema Corte ha altresì ribadito il principio, in tema di giudicato endofallimentare, secondo cui l’ammissione al passivo del fallimento di un credito residuo rispetto ad altro già precedentemente soddisfatto in attuazione del medesimo contratto «non preclude al curatore l’esperimento dell’azione revocatoria con riguardo agli atti estintivi delle maggiori ragioni del creditore, considerato che la detta ammissione implica un accertamento circa la sussistenza del titolo giustificativo di quel residuo, ma non anche circa l’insussistenza di un credito più consistente, e quindi prescinde da indagini sulla validità ed opponibilità alla massa dei pagamenti parziali antecedenti, lasciando impregiudicate le relative questioni».

 

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