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Giurisprudenza

L’omessa registrazione contabile delle fatture intracomunitarie non determina automaticamente la perdita del diritto alla detrazione dell’Iva

3 Maggio 2016

Mattia Merati, praticante avvocato in Milano

Cassazione Civile, Sez. V, 24 febbraio 2016, n. 3586

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza n. 3586 del 24 febbraio 2016, la Corte di Cassazione ha affermato che nell’ambito di operazioni intracomunitarie di acquisto di beni o servizi, l’omessa annotazione delle fatture ricevute da fornitori residenti in altri Paesi membri dell’Unione europea nei registri degli acquisti e delle vendite non determina la perdita del diritto alla detrazione, purché siano soddisfatte le condizioni sostanziali per l’esercizio del diritto, che devono, pertanto, emergere con certezza dalla documentazione in possesso del contribuente ed esibita all’Amministrazione finanziaria in sede di verifica.

Il caso

Con avviso di accertamento in rettifica veniva contestata la maggiore imposta dovuta a titolo IVA per l’anno 1998 in conseguenza di operazioni intracomunitarie (prestazioni di servizi e di consulenza) fatturate dai soggetti residenti negli altri Stati membri ma non annotate dalla società nel registro Iva. Venivano, quindi, irrogate le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 5 e 6 del D.lgs. 471/1997.

La CTP accoglieva il ricorso proposto dalla società contribuente. Tale decisione, impugnata in grado d’appello da parte dell’Ufficio finanziario, veniva confermata dalla CTR Lombardia, la quale riteneva infondata la tesi dell’Ufficio appellante secondo cui l’imposta a debito, anche in caso di regolare auto fatturazione, sarebbe stata comunque dovuta, rilevando che la mancata annotazione delle fatture nei registri contabili integra un’infrazione meramente formale “atteso che l’imposta a debito risultava equivalente all’imposta a credito, con la conseguenza che la pretesa dell’ufficio doveva considerarsi illegittima, tanto in relazione alla maggiore Iva, quanto alla sanzione pecuniaria”.

Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione.

La decisione

Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione ha respinto l’impugnazione dell’Ufficio finanziario, ritenendo corrette le considerazioni formulate nel giudizio di merito.

La Corte di Cassazione, riprendendo il filone della giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha respinto la tesi secondo cui la violazione degli obblighi contabili determinerebbe la perdita del diritto alla detrazione dell’Iva.

La Corte di Cassazione ha affermato come la giurisprudenza comunitaria sia ferma nel ritenere che il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione debba individuarsi esclusivamente nel rispetto della duplice condizione che “l’obbligazione in rivalsa, avente ad oggetto la imposta detraibile, sia stata adempiuta dal soggetto passivo ovvero sia divenuta esigibile” e che “il soggetto passivo abbia destinato i beni e servizi acquistati/utilizzati per i quali è tenuto in rivalsa al pagamento della imposta, «ai fini di sue operazioni soggette ad imposta»“.

Attraverso, quindi, la sentenza in commento, la Corte Suprema enuncia il principio di diritto secondo cui “nell’ambito di operazioni intracomunitarie per beni o servizi resi da parte di soggetti residenti in altri Paesi membri i quali hanno emesso regolari fatture consegnate al cessionario/committente italiano”, il quale assume la posizione di soggetto tenuto al pagamento dell’imposta, “la omessa annotazione di tali fatture nei registri Iva degli acquisti e delle vendite ai fini della compensazione dell’Iva a debito con l’Iva a credito in attuazione del principio di neutralità fiscale, non determina la perdita del diritto alla detrazione”.

Vi è, tuttavia, da notare come il principio contenuto nella sentenza n. 3856 del 24 febbraio 2016, non rivesta un carattere assoluto, dal momento che la stessa Corte ha precisato che esso trova applicazione solo “laddove siano state soddisfatte le condizioni sostanziali della esigibilità della imposta dovuta dal cessionario/committente e della destinazione dei beni o servizi, da quello acquistati od utilizzati, ad operazioni assoggettate ad imposta, sempre che tali condizioni sostanziali emergano con certezza dalla documentazione in possesso del contribuente ed esibita alla Amministrazione finanziaria in sede di verifica”.

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