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Giurisprudenza

Nullità parziale fideiussioni specifiche e antitrust

7 Novembre 2025

Edoardo Cecchinato, dottorando in Diritto dell’Economia presso l’Università degli Studi di Padova

Corte d’appello di Ancona, 23 luglio 2025, n. 993 – Pres. A. Gianfelice, Rel. P. Damiani

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 993 del 23 luglio 2025 (Pres. A. Gianfelice; Rel. P. Damiani), si è pronunciata sulla portata dell’accertamento condotto da Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005, affermando che esso interessa anche le fideiussioni specifiche, discostandosi così dall’orientamento maggioritario.

Il caso vedeva tre fideiussori opporsi al decreto ingiuntivo con il quale venivano condannati al pagamento di quanto dovuto dal debitore principale (una società di cui erano soci e amministratori) in ragione di un contratto di mutuo fondiario.

In particolare, essi lamentavano la nullità totale o parziale delle garanzie per violazione della normativa antitrust, in quanto le stesse replicavano le clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. contenute nello schema di fideiussione predisposto dall’Associazione bancaria italiana e censurato da Banca d’Italia per violazione della normativa antitrust con il provvedimento n. 55/2005.

Il Tribunale di Fermo ha rigettato l’opposizione e la relativa sentenza è stata quindi impugnata dinnanzi alla Corte d’appello di Ancona.

Preliminarmente, il giudice di secondo grado ha verificato se le garanzie rientravano nel perimetro applicativo del provvedimento n. 55/2005, onde valutarne l’utilizzo quale prova privilegiata dell’intesa anticoncorrenziale ai fini della declaratoria di nullità.

Infatti, se da un lato è pacifico che tale provvedimento interessi le fideiussioni omnibus, dall’altro è dubbio se esso riguardi anche quelle specifiche (quali erano le garanzie prestate dai ricorrenti).

Nel decidere, il giudice d’appello si è ispirato a quanto implicitamente affermato dalla terza sezione della Corte di cassazione con l’ordinanza n. 27243 del 21 ottobre 2024, secondo la quale l’accertamento di Banca d’Italia interesserebbe sia le fideiussioni omnibus sia quelle specifiche.

La Corte d’appello, quindi, si discosta dall’orientamento maggioritario della prima sezione della Corte di Cassazione, secondo cui “il provvedimento della Banca d’Italia è riferito solo ed esclusivamente alle fideiussioni omnibus, non a quelle prestate per un affare particolare” (Cass. civ., sez. I, ord., 25 novembre 2024, n. 30383; Cass. civ., sez. I, ord. 17 gennaio 2025, n. 1170; Cass. civ., sez. I, ord., 3 novembre 2025, n. 28988; e, similmente, Cass. civ., sez. I, sent. 2 agosto 2024, n. 21841).

Le garanzie censurate, quindi, secondo il giudice delle Marche, sarebbero coperte dal provvedimento di Banca d’Italia (peraltro anche sotto il profilo temporale, considerando che erano state rilasciate il 4 luglio 2005, quindi poco dopo la pubblicazione del provvedimento di cui si discute).

Appurato ciò, la Corte d’appello ha accertato la nullità delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. in quanto coincidenti a quelle dello schema ABI.

Tale accertamento, tuttavia, non ha avuto alcuna utilità pratica: infatti, pur essendo tornati ad operare i termini di cui all’art. 1957 c.c., il giudice dell’impugnazione ha rilevato come la banca avesse coltivato le proprie ragioni entro tali termini e, quindi, non ha accolto il motivo d’appello.

Infondato è stato ritenuto anche il secondo motivo d’appello, con il quale veniva censurata la sentenza di primo grado per non aver sanzionato il comportamento della banca che, senza informare i fideiussori, avrebbe concesso ulteriore credito al debitore principale, sapendo che le sue condizioni patrimoniali erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto inapplicabile la liberatoria di cui all’art. 1956 c.c. dal momento che i garanti erano amministratori e soci della società debitrice: a tal proposito, il Collegio ha richiamato diverse pronunce della Suprema Corte, tra cui la recente ordinanza n. 54 del 9 gennaio 2021, dove è stato stabilito che non è invocabile la liberazione ex art.1956 c.c. laddove la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale sia comune anche al fideiussore e ciò può ricavarsi anche da presunzioni, quali ad esempio il garante che ricopre la carica di amministratore e/o di socio, oppure è coniuge o familiare convivente del debitore principale o del suo amministratore.

Adde che gli appellanti non avevano dimostrato la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 1956 c.c. per ottenere la propria liberazione, essendo necessaria la prova concreta di quale fosse la condizione patrimoniale del debitore alla data di concessione delle garanzie, al fine di poterne valutare il suo peggioramento.

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