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Attualità

Normativa ESG e prassi di mercato: quali evoluzioni?

16 Febbraio 2023

Fiorenza Marin, DLA Piper

Chiara Campagna, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo
ESG

Il presente contributo analizza le ultime novità in materia di normativa ESG dando evidenza delle recenti prassi di mercato collegate all’emissione di strumenti finanziari di debito ESG linked in Italia.


A seguito dell’entrata in vigore del Regolamento (UE) 2020/852 (il “Regolamento Tassonomia”), numerosi sono stati gli interventi alla normativa europea in tema di finanza sostenibile (ESG). L’obiettivo è quello di trovare una definizione più dettagliata e concreta di cosa si intenda per “sostenibile”. Ciò per scongiurare il rischio, da un lato, da parte di un investitore, di investire in prodotti finanziari che pretendono di essere sostenibili ma in realtà non lo sono e, dall’altro, per meglio orientare le società nella pubblicazione delle informazioni cruciali al fine di attrarre nuovo capitale.

Se inoltre il legislatore europeo si sta impegnando nel normare quanto più possibile il mondo ESG, in parallelo le associazioni di categoria (e.g. International Capital Market Association (ICMA)) stanno definendo, tramite apposite linee guida, prassi comuni da utilizzarsi da parte degli attori del mercato.

Passando attraverso un’analisi critica dello stato dell’arte in tema di sostenibilità, si vuole fornire di seguito una disamina delle ultime novità rilevanti in relazione allo sviluppo della normativa e dare evidenza delle recenti prassi di mercato collegate all’emissione di strumenti finanziari di debito ESG linked in Italia.

Evoluzione normativa ESG: dalla Green Taxonomy alla Social Taxonomy

Il Regolamento Tassonomia prevede tre diverse categorie di attività che, per essere definite green, devono contribuire ad almeno uno degli obiettivi fissati dall’articolo 9 dello stesso regolamento[1]. Nello specifico, le categorie di attività individuate dal Regolamento Tassonomia sono:

  • attività a bassa emissione di carbonio;
  • attività di transizione; e
  • attività abilitanti.

Sebbene il Regolamento Tassonomia dovrebbe normare solo attività cd. green, negli ultimi anni si sono verificate forti tensioni circa l’inclusione nel medesimo regolamento di alcune attività non propriamente green, come il gas e l’energia nucleare, sotto l’alveo delle cd. attività di transizione. Le ragioni sottese alla decisione di includere tali attività si evincono dall’intervento del Commissario McGuinness nel dibattito tenutosi al Parlamento Europeo in relazione all’atto delegato. Infatti, il Commissario ha affermato che, pur non potendosi qualificare il gas come un’attività green, lo stesso sarà essenziale nella fase di transizione per il raggiungimento di un’Europa climate-neutral entro il 2050. Allo stesso tempo, anche l’energia nucleare fa parte del cd. “mix energetico di transizione” ed è per questo che anche quest’attività è inclusa nella categoria “attività di transizione” della tassonomia green.

Tuttavia, sono state numerose le critiche mosse a tale decisione. Gli oppositori sostengono che, qualificando come green un’attività inquinante, si sia snaturata la ratio stessa del Regolamento Tassonomia. Nonostante il dibattito sia tutt’ora acceso, lo stesso è stato affievolito dall’adozione del Regolamento Delegato (UE) 2022/1214 che ha incluso il gas e il nucleare nella categoria delle attività di transizione.

Come si evince da quanto detto sopra, mentre il Regolamento Tassonomia si è concentrato nel fornire una definizione degli investimenti green, lo stesso ha trascurato i fattori sociali poiché l’emergenza climatica imponeva di porre l’attenzione prevalentemente sui primi. Infatti, il Regolamento Tassonomia non mira a chiarire l’ambito dei fattori sociali, ma si limita a prevedere che le attività che vogliono qualificarsi come green rispettino talune garanzie minime di salvaguardia.[2] In assenza di tale compliance, un’attività non può considerarsi allineata al Regolamento Tassonomia pur rispettando i requisiti di sostenibilità green.

Al fine di scongiurare ogni confusione in materia, la Piattaforma sulla Finanza Sostenibile[3] (la “Piattaforma”) ha rilasciato alcune raccomandazioni che dovrebbero essere seguite dalle società che intendono allineare le loro attività a quanto previsto dal Regolamento Tassonomia. Tra queste raccomandazioni è previsto che tali società dovrebbero dotarsi di tutti quei processi utili per rispettare le garanzie minime fissate dal Regolamento Tassonomia (i.e., dotarsi di procedure di due diligence sulle categorie indicate nel report).

Tuttavia, a seguito dei recenti avvenimenti che hanno coinvolto il panorama internazionale, è diventato sempre più impellente il bisogno di fornire una definizione più chiara di ciò che possa considerarsi socialmente sostenibile e non limitarsi al mero rispetto di garanzie minime previste dal Regolamento Tassonomia. Per questo motivo, la Piattaforma ha pubblicato un report esplorando l’idea di introdurre una tassonomia sociale.

Sulla scorta del Regolamento Tassonomia, la potenziale struttura proposta dalla Piattaforma per questa nuova normativa ESG prevede che un’attività, al fine di essere qualificata come socialmente sostenibile, deve contribuire sostanzialmente[4] ad uno dei seguenti obiettivi:

  • lavoro dignitoso;
  • standard di vita e benessere adeguati agli utenti finali; e
  • comunità e società inclusive e sostenibili.

Insieme agli obiettivi generali è stato sviluppato un elenco di sotto-obiettivi per definire meglio queste tre macroaree. Ad esempio, in relazione all’obiettivo (iii) sopra enunciato, i sotto-obiettivi individuati riguardano, tra gli altri, la promozione di una crescita equa e inclusiva attraverso il miglioramento della possibilità per determinati soggetti di accedere agevolmente a servizi finanziari, trasporti, etc..

Tale report sulla tassonomia sociale della Piattaforma ha rappresentato un lavoro molto atteso dai professionisti e dagli operatori dei mercati finanziari. Nonostante ciò, permangono perplessità e preoccupazioni sull’introduzione di questa nuova tassonomia, tra cui:

  • esacerbazione dei costi amministrativi per una società che vuole tendere alla sostenibilità;
  • favoreggiamento di quelle attività che operano in paesi con legislazioni più stringenti; e
  • mancanza di uniformità a livello comunitario di social standards.

Un caso di studio: un Sustainability linked bond italiano

Negli ultimi anni l’attenzione degli investitori verso gli investimenti sostenibili è cresciuta drasticamente. Solo nel 2021 sono stati emesse obbligazioni green per un valore totale di 489 miliardi di dollari. Questa crescita ha travolto anche i c.d. social bonds che si sono rivelati uno strumento altrettanto utile nel contesto della pandemia per far fronte alla crisi economica generata dalle misure anti-contagio. Anche alcune aziende italiane hanno emesso strumenti finanziari ESG linked. A riprova di ciò, il mese scorso, la Consob ha approvato il primo prospetto relativo ad un sustainability linked bond emesso in Italia da una grande società attiva nel settore energy.

In generale, i sustainability linked bond sono obbligazioni il cui tasso di interesse è legato ai progressi compiuti da un’azienda nell’adozione di pratiche sostenibili. Questa tipologia di obbligazioni differisce dalle obbligazioni green per l’obbiettivo finanziato e il modo in cui vengono valutati i progressi compiuti dalla società emittente. I sustainability linked bond sono, infatti, legati a progressi compiuti dall’emittente in materia di sostenibilità, che comprende non solo progetti ambientali, ma anche sociali ed economici. Pertanto, se da un lato i green bonds sono specificatamente orientati alla tutela e allo sviluppo dell’ambiente, i sustainability linked bonds sono orientati ad una sostenibilità complessiva dell’emittente.

Tali obbligazioni, negoziate su Euronext Milan, si prefiggono i due seguenti KPI:

  • riduzione delle emissioni nette di gas serra associate alle operazioni upstream della società; e
  • incremento della capacità installata per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Gli obbligazionisti riceveranno interessi a tasso fisso sulla base del tasso di interesse nominale lordo che sarà determinato entro 5 giorni lavorativi dalla conclusione del periodo di offerta, fermo restando che tale tasso di interesse non potrà essere inferiore al 4,30%. A fronte del raggiungimento da parte della società emittente dei KPI, il tasso di interesse nominale annuale lordo rimarrà invariato.

Il mancato raggiungimento di uno dei KPI prefissati (c.d. “evento step-up”) comporterà un incremento del tasso di interesse relativo alla cedola pagabile alla data di scadenza delle obbligazioni dello 0,50%. Al fine di monitorare il progresso di tali KPI, al termine di ciascun anno fiscale (i.e., il 31 dicembre di ogni anno), l’emittente pubblicherà un bilancio certificato in cui includerà una relazione sulla performance di sostenibilità che riporterà i progressi nel raggiungimento degli obiettivi prefissati, che verranno calcolati in buona fede dall’emittente stesso.

Conclusioni su normativa ESG e prassi di mercato

È evidente che ancora si è lontani da una definizione chiara di ciò che possa considerarsi sostenibile, seppure sia innegabile che si siano compiuti molti sforzi in tale direzione. Le recenti vicende in materia di inclusione del gas e del nucleare sotto l’alveo del Regolamento Tassonomia, le quali hanno un significativo impatto inquinante sull’ambiente, hanno mostrato che i concetti legati alla finanza sostenibile siano diversamente interpretabili a seconda del soggetto che provi a fornirne una definizione. Questa difficoltà è ancora più sentita qualora si tentasse di definire i fattori sociali. Infatti, in un contesto come quello europeo in cui non vi è uniformità tra la normativa sociale, ciascun’attività potrebbe essere percepita differentemente a seconda dei casi.

In aggiunta, la mancanza di una definizione comune per i market participants ha portato con sé molteplici difficoltà anche in fase di strutturazione dei prodotti finanziari. L’assenza di una precisa guida legislativa su come strutturare un prodotto finanziario sostenibile ha reso possibile l’affermazione sul mercato di strutture finanziarie che permettono di remunerare maggiormente gli investitori, ad esempio tramite l’aumento del tasso di interesse, nel caso in cui l’obiettivo di sostenibilità non venga raggiunto dall’emittente, allontanandosi, dunque, dal fine ultimo della finanza sostenibile.

Ciò si riscontra anche nella struttura che la prassi di mercato ha sviluppato per un sustainability linked bond – struttura finanziaria utilizzata nel caso descritto sopra. Tale struttura potrebbe essere criticamente analizzata poiché la previsione di un evento c.d. step-up, al verificarsi del quale vi è un incremento della cedola pagabile alla data di scadenza, rappresenta un significativo paradosso. Infatti, in questo caso, un investitore sarebbe maggiormente remunerato nell’eventualità in cui l’emittente non riuscisse a raggiungere i KPIs prefissati, andandosi a generare inevitabilmente una discrasia tra l’interesse di sostenibilità che dovrebbe essere tipico di tale investimento e l’interesse di profitto che invece sottende in generale ogni investimento.

Infine, bisogna sottolineare che, oltre a stabilire cosa possa considerarsi sostenibile, il legislatore europeo dovrà necessariamente porre la sua attenzione al fenomeno del greenwashing. Infatti, come hanno sottolineato le autorità di vigilanza – tra cui la Consob[5] – in assenza di una definizione normativa, tale fenomeno costituisce un ostacolo al pieno sviluppo della finanza sostenibile ESG e potrebbe “minare la fiducia” degli investitori.

 

[1] Ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento Tassonomia, sono considerati “obiettivi ambientali” i seguenti obiettivi: (a) la mitigazione dei cambiamenti climatici; (b) l’adattamento ai cambiamenti climatici; (c) l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine; (d) la transizione verso un’economia circolare; (e) la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento; e (f) la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

[2] La corretta interpretazione di tali garanzie è a lungo ritenuta difficile da parte del mercato. Infatti, il mercato ha lamentato di non riuscire a comprendere appieno la portata di tale previsione. Ad ottobre 2022, la Piattaforma ha pubblicato un report sulle garanzie minime di salvaguardia, il quale ha individuato 4 principali aree che le società devono rispettare:

  • diritti umani, ivi inclusi i diritti dei lavoratori;
  • corruzione;
  • tassazione; e
  • concorrenza leale.

[3] La Piattaforma sulla Finanza Sostenibile è un advisory body istituito ad ottobre 2020 ai sensi dell’articolo 20 del Regolamento Tassonomia la cui principale attività è quella di fornire raccomandazioni alla Commissione europea circa l’implementazione del Regolamento Tassonomia e, più in generale, del sustainable finance framework (Platform on Sustainable Finance (europa.eu)).

[4] Nel report vengono inoltre specificati tre diversi tipi di contributo sostanziale che l’attività deve apportare a uno degli obiettivi citati per essere allineata alla tassonomia sociale: (i) evitare e affrontare l’impatto negativo, (ii) rafforzare l’impatto positivo intrinseco nell’attività economica, e (iii) essere un’attività che consente ad un’altra attività di essere allineata alla tassonomia (un c.d. facilitatore).

[5] Convegno Consob Sul Tema “Investimenti Sostenibili. Conoscenze, Attitudini E Scelte Degli Investitori Italiani” – Comunicato Stampa E Interventi Dei Partecipanti – 7 Febbraio 2023 (www.consob.it/web/consob/dettaglio-news/-/asset_publisher/hZ774IBO5XPe/content/comunicato-stampa-del-7-febbraio-2023/10194)

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