La Grande Sezione della Corte di Giustizia UE, con sentenza resa nella causa C-351/23, nell’ambito di clausole abusive su un contratto di mutuo, si è espressa sulle condizioni che legittimano un consumatore a contestare il trasferimento di proprietà di un immobile ipotecato ad un terzo, in seguito ad esecuzione forzata.
In particolare, si è espressa sulla possibilità, da parte di un consumatore, di contestare la legittimità del trasferimento di proprietà dell’immobile a seguito di esecuzione forzata, in presenza non solo di una clausola abusiva nel contratto di mutuo alla base dell’ipoteca, ma altresì di un parallelo procedimento giudiziale, ancora pendente, volto a sospendere l’esecuzione della garanzia ipotecaria.
Questi i principi di diritto espressi dalla Corte:
L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letti alla luce degli articoli 7 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che:
rientra nel loro campo di applicazione un procedimento giudiziario nell’ambito del quale, da un lato, la società aggiudicataria di un bene immobile che costituisce l’abitazione familiare di un consumatore, venduta nel contesto dell’esecuzione forzata stragiudiziale di una garanzia ipotecaria concessa su tale bene da detto consumatore a favore di un creditore professionista, chiede lo sfratto di detto consumatore e, dall’altro, quest’ultimo contesta, con una domanda riconvenzionale, la legittimità del trasferimento di proprietà di detto bene a tale società aggiudicataria, effettuato nonostante un procedimento giurisdizionale, ancora pendente al momento di tale trasferimento, diretto alla sospensione dell’esecuzione di tale garanzia in ragione dell’esistenza di clausole abusive nel contratto all’origine di tale esecuzione, di cui detta società aggiudicataria è stata previamente informata dallo stesso consumatore. Ciò vale a condizione che siano sussistiti indizi concordanti, alla data di tale vendita, quanto al carattere potenzialmente abusivo di tali clausole e che il consumatore si sia avvalso dei rimedi giuridici di cui ragionevolmente poteva attendersi che un consumatore medio si avvalesse, al fine di ottenere un controllo giurisdizionale di dette clausole.
2) L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce degli articoli 7 e 47, della Carta dei diritti fondamentali, devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a una normativa nazionale che consente che un’esecuzione forzata stragiudiziale di una garanzia ipotecaria concessa da un consumatore a favore di un creditore professionista su un bene immobile che costituisce l’abitazione familiare di tale consumatore prosegua nonostante l’esistenza di una domanda di provvedimenti provvisori in corso dinanzi a un giudice diretta alla sospensione di tale esecuzione e di indizi concordanti quanto all’eventuale presenza di una clausola potenzialmente abusiva nel contratto all’origine di detta esecuzione, e che non prevede peraltro alcuna possibilità di ottenere in via giudiziaria la nullità della stessa esecuzione in ragione dell’esistenza di clausole abusive in tale contratto.
Il caso di specie
In riferimento al caso di specie, una clausola contenuta nel contratto di mutuo prevedeva che, in caso di ritardo nel pagamento, una banca polacca potesse chiedere immediatamente il rimborso totale del capitale restante dovuto, garantito da un’ipoteca sull’abitazione familiare di tali consumatori; dopo alcuni ritardi di pagamento, la banca aveva avviato l’esecuzione forzata nei confronti del consumatore, nell’ambito di una vendita all’asta stragiudiziale dell’immobile, oggetto di tale garanzia ipotecaria, in base al contratto di mutuo.
I mutuatari avevano quindi agito in giudizio opponendosi a tale iniziativa, contestando alla banca di aver violato i loro diritti di consumatori e chiedendo la sospensione dell’esecuzione; tuttavia, mentre la domanda di sospensione dell’esecuzione era ancora pendente, la casa familiare era stata venduta all’asta a una società terza, anche se l’organizzatore della vendita e l’acquirente erano stati informati dell’esistenza di una contestazione giudiziale dell’esecuzione forzata, al momento di tale vendita.
I mutuatari si sono quindi rifiutati di liberare la casa e la società ha avviato un’azione di sfratto nei loro confronti, nella quale i mutuatari hanno proposto una domanda riconvenzionale diretta a contestare la legittimità del trasferimento di proprietà dell’immobile, allegando una violazione dei loro diritti di consumatori e del loro diritto all’abitazione.
Interpellata dalla Corte polacca oggetto del procedimento di sfratto, la Corte di Giustizia ha chiarito che le circostanze in cui ha avuto luogo il trasferimento di proprietà dell’immobile giustificano che tali mutuatari possano avvalersi dei meccanismi di tutela previsti dalla direttiva, in quanto:
- i mutuatari non erano rimasti passivi nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata stragiudiziale
- sussistevano indizi concordanti quanto all’eventuale presenza di una clausola potenzialmente abusiva nel contratto all’origine dell’esecuzione forzata
Conseguentemente, la tutela della certezza giuridica del trasferimento di proprietà già operato per quanto riguarda i terzi non presenta, nel caso di specie, un carattere assoluto, che osti all’applicazione della direttiva.
Sulla tutela del consumatore, in caso di clausole abusive nel mutuo, anche dopo l’esecuzione forzata
L’applicazione della Direttiva sulla tutela dei consumatori, per la Corte, va garantita anche in caso di trasferimento di proprietà dell’immobile al terzo già in essere, in presenza di determinate condizioni, come quelle ravvisate nel caso di specie.
Sebbene in passato la Corte (con sentenza Ibercaja Banco, C‑600/19, sentenza Banco Santander, C‑598/15 ) si fosse espressa diversamente, la Grande Sezione chiarisce oggi che il caso di specie affrontato è differente e non concerne solo la tutela dei diritti di proprietà del terzo acquirente.
Nelle sentenze summenzionate la Corte aveva infatti chiarito che, in una situazione in cui il procedimento di esecuzione ipotecaria si è concluso e i diritti di proprietà su un bene immobile sono stati trasferiti a un terzo, il giudice non può più procedere a un esame del carattere abusivo di clausole contrattuali che condurrebbe alla nullità degli atti che hanno trasferito la proprietà e, pertanto, a rimettere in discussione la certezza giuridica di tale trasferimento di proprietà la cui legittimità non era contestata.
Tuttavia, prosegue la Corte, nel caso di specie, la controversia riguardava azioni con oggetti giuridici diversi da quelli di cui trattasi nelle cause che hanno dato luogo a tali principi:
- da un lato, il giudice del rinvio è investito di una domanda di sfratto dei convenuti nel procedimento principale dalla loro abitazione familiare, proposta dalla ricorrente nel procedimento principale nell’esercizio delle prerogative conferitele dal diritto di proprietà da essa acquisito a seguito della vendita all’asta stragiudiziale di detta abitazione
- dall’altro lato, la controversia verte su una domanda riconvenzionale, con la quale i convenuti nel procedimento principale contestano la legittimità del trasferimento di proprietà di detta abitazione alla ricorrente nel procedimento principale, per il motivo che la legge polacca relativa alle vendite all’asta non soddisferebbe l’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva: tale legge ha infatti consentito che l’esecuzione forzata dell’immobile oggetto della garanzia ipotecaria, sulla base del contratto di mutuo, proseguisse nei confronti del consumatore, nonostante una domanda di provvedimenti provvisori, pendente dinanzi a un giudice, diretta ad ottenere la sospensione di tale esecuzione forzata.
Pertanto, a differenza della controversia oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza Banco Santander, C‑598/15, la controversia di cui al procedimento principale riguarda non solo la tutela dei diritti reali di proprietà acquisiti a seguito di una vendita di un bene immobile mediante gara, ma anche le condizioni alle quali la procedura di esecuzione forzata della garanzia ipotecaria concessa su tale bene ha potuto sfociare nel trasferimento di tali diritti alla società aggiudicataria.
I mutuatari esecutati, nell’ambito della loro domanda riconvenzionale, non hanno infatti opposto all’acquirente di un bene immobile, terzo al contratto di mutuo ipotecario relativo a tale bene, cause di nullità di tale contratto o di talune sue clausole, ma contestano la legittimità stessa del trasferimento di proprietà di detto bene a tale acquirente.
Pertanto, nell’ambito di una controversia caratterizzata da tali circostanze, la piena effettività della tutela conferita ai consumatori dalla Direttiva 93/13 e l’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva prevista all’art. 47 della Carta richiedono che i consumatori interessati possano avvalersi, nell’ambito di un’azione riconvenzionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, dell’art. 6, par. 1, e dell’art. 7, par. 1, di tale direttiva, al fine di contestare la legittimità del trasferimento, alla società aggiudicataria, della proprietà dell’immobile in questione.
La tutela della certezza giuridica del trasferimento di proprietà già effettuato nei confronti di un terzo, alla quale la Corte di Giustizia ha fatto riferimento nel contesto delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 7 dicembre 2017, Banco Santander (C‑598/15), e del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19), non può, per la Grande Sezione, essere considerata come avente carattere assoluto.
La Corte chiarisce infine che è contraria al diritto dell’Unione una normativa nazionale che:
- consente l’esecuzione forzata stragiudiziale di una garanzia ipotecaria su un’abitazione familiare
- malgrado una domanda di sospensione in corso
- pur in presenza di indizi concordanti nel senso che all’origine di tale esecuzione vi fosse una clausola contrattuale abusiva
E ciò, conclude la Corte, a maggior ragione quando questa stessa normativa non prevede la possibilità di ottenere in via giudiziaria, nell’ambito di un procedimento successivo all’esecuzione forzata, la nullità di quest’ultima, in ragione dell’esistenza di una siffatta clausola nel contratto all’origine dell’esecuzione stessa.