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Attualità

Misurazione parametri ESG: il caso dell’acqua

Necessità di semplificazione, oggettivazione e misurazione fattori ESG

27 Settembre 2022

Letizia Macrì, Vice Presidente, ESG European Institute; Deputy Legal Affairs – Corporate and Compliance Manager, AVIO

Di cosa si parla in questo articolo
ESG

L’oggettivazione e la misurazione dei parametri ESG è uno dei processi più importanti a cui stiamo assistendo nel contesto degli investimenti sostenibili. Nel 2020 l’UE ha introdotto il “Regolamento UE sulla tassonomia”, il primo sistema al mondo di classificazione delle attività economiche sostenibili. Ad aprile 2021 è stata inoltre adottata una proposta di Direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità (“CSRD”) che allarga l’obbligo di comunicazione non finanziaria (“NFRD”) a tutte le società quotate e prevede l’adozione di parametri di misurazione ESG comuni a partire da ottobre 2022.

Sta diventando, dunque, di fondamentale importanza la definizione di indicatori specifici per i principali parametri ESG. All’interno della lettera E, l’informativa sulla gestione idrica è regolata in primis dallo standard GRI 303 “Acqua e scarichi idrici.

Al suo interno, il GRI 301 si suddivide in cinque sottoparametri. I primi due hanno natura qualitativa e riguardano l’uno l’interazione con l’acqua come risorsa condivisa e l’altro la gestione degli impatti correlati allo scarico di acqua. L’organizzazione è tenuta a riportare come essa interagisce con le risorse idriche, compreso come e dove l’acqua viene prelevata, consumata e scaricata, e gli impatti correlati alle risorse idriche causati o a cui ha contribuito, nonché una descrizione degli standard minimi di qualità fissati per gli scarichi idrici e come questi standard minimi siano stati determinati. Gli altri tre sottoparametri hanno, invece, natura quantitativa e informano circa il prelievo, lo scarico e il consumo di acqua da parte di un’organizzazione, riportando i dati in base al tipo di fonte di provenienza e di scarico (acque di superficie, acque sotterranee, acque marine), con un’informativa separata per le zone sottoposte a stress idrico.

Tuttavia, dal momento che la disclosure di informazioni sulla base degli standard GRI si basa su un assessment di materialità, non tutte le organizzazioni riportano le suddette informazioni e quasi nessuna le riporta nella loro interezza. Al fine di semplificare il controllo da parte degli stakeholders ed aumentare la trasparenza e la comparabilità tra le aziende quanto alla gestione della risorsa idrica, è necessario stabilire un numero di indicatori che tutte le aziende dovrebbero riportare, a prescindere dalla materialità e dal settore in cui esse operano. Da un’analisi sulle principali società quotate sulla Borsa Italiana, è possibile individuare una serie di indicatori che potrebbero rispondere a questa esigenza:

  • Prelievo di acqua, suddiviso per tipo di fonte
  • Scarichi di acqua, suddiviso per tipo di fonte
  • Consumo di acqua, suddiviso per tipo di fonte
  • Prelievo di acqua in zone water stressed, suddiviso per tipo di fonte
  • Scarichi di acqua in zone water stressed, suddiviso per tipo di fonte
  • Consumo di acqua in zone water stressed, suddiviso per tipo di fonte
  • Numero e indicazione delle fonti di acqua qualora significativamente impattate dal prelievo o dallo scarico d’acqua di un impianto
  • Indicazione degli impianti localizzati in zone water stressed.

L’idea è, dunque, quella di ribaltare il principio vigente, che lega la disclosure su un determinato tema alla materialità dello stesso per un’organizzazione e chiedere che i suddetti indicatori vengano pubblicati da tutte le aziende. Se un determinato indicatore non è applicabile ad un’organizzazione, la stessa dovrebbe essere tenuta a indicare il perché. È inoltre di fondamentale importanza uniformare l’unità di misura della misurazione, tra megalitri e m3, nonché la definizione di alcuni concetti, come quello di zone water stressed. Al momento esistono, infatti, alcuni strumenti come l’Aqueduct Water Risk Atlas del World Resources Institute, che definisce come zone a stress idrico quelle dove il rapporto tra il prelievo idrico annuo totale e la fornitura di acqua rinnovabile annua disponibile totale (stress idrico di base) è elevato (40-80%) o estremamente elevato (>80%), ma non si è ancora raggiunto un consenso circa lo strumento da usare per la definizione. Questo lascia troppa discrezionalità alle singole organizzazioni, diminuendo il potenziale di comparabilità tra le stesse.

Infine, di fondamentale importanza sono anche i valori delle emissioni inquinanti presenti negli scarichi a valle del processo produttivo. Tra queste, gli indicatori principali sono:

  • Eutrofizzazione: fosforo e azoto
  • Metalli pesanti
  • Ecotossicità acquatica: equivalenti del rame
  • Domanda biochimica di ossigeno: BOD
  • Domanda chimica di ossigeno: COD
  • Solidi sospesi totali.
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Letizia Macrì, Vice Presidente, ESG European Institute; Deputy Legal Affairs – Corporate and Compliance Manager, AVIO

La dichiarazione non finanziaria contribuisce a misurare e monitorare l’impatto delle società sotto il profilo ambientale, sociale e di governance nonché a rendicontare gli impegni e i risultati raggiunti.
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