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Giurisprudenza

Metodi contabili per definire il valore del complesso aziendale

15 Aprile 2022

Mirta Morgese, Notaio, Dottoressa di Ricerca in Impresa, Lavoro e Istituzioni, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Tribunale di Genova, 30 settembre 2021, n. 2138 – Pres. Tuttobene, Rel. Gibelli

Di cosa si parla in questo articolo

E’ consentito iscrivere nell’attivo patrimoniale il valore della piena proprietà di beni aziendali, anche se su di essi l’impresa vanta esclusivamente un diritto personale di godimento, purché nel passivo sia indicato il valore della controprestazione dovuta a fronte dell’utilizzo dei cespiti. Anche seguendo questo metodo contabile il valore dei beni in godimento va ammortato in base alla loro residua disponibilità per la società.

Per ammettere il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta, è necessario che si agisca in modo da rafforzare la determinazione del responsabile primario, coadiuvandone l’operato.

La sentenza in questione si occupa di valutare gli aspetti civilistici di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale in sede di commissione del reato di bancarotta fraudolenta, addebitato all’amministratore di una società fallita, da parte del curatore, in concorso con il commercialista e consulente della stessa e del relativo socio di fatto. Questi soggetti avevano operato, a parere dell’attore, una distrazione patrimoniale in danno della società, prima attraverso il conferimento dell’azienda sociale in una nuova società alla quale partecipava anche il socio di fatto della fallita, poi, tramite un aumento di capitale sottoscritto soltanto da quest’ultimo, con conseguente diluizione della partecipazione della conferente. Infine, tramite la vendita della residua minima partecipazione nella newco, da parte della fallita, in favore del socio di fatto, resosi, poi, inadempiente rispetto all’obbligo di corrispondere il prezzo.

Il Tribunale genovese accoglie la ricostruzione del fallimento sottolineando, però, come la vera distrazione non si sia attuata con il conferimento, là dove, in primo luogo l’azienda, utilizzando il metodo di cui alla soprariportata massima, non era stata affatto sottovalutata, ma al massimo sopravvalutata, in secondo luogo, in quanto la società, divenuta socio di maggioranza della conferitaria, aveva mantenuto indirettamente la disponibilità del complesso aziendale. Il fraudolento danno alla fallita era stato invece causato dalla delibera di aumento, assunta grazie al voto determinante dell’amministratore della società. Infatti, date le condizioni patrimoniali di quest’ultima, non c’era alcuna possibilità di aderire all’operazione, artatamente preordinata ad accrescere il valore delle quote dell’altro socio. La distrazione patrimoniale era culminata con la cessione della partecipazione a cui non era seguito alcuna controprestazione a vantaggio della società. Il Tribunale ritiene, quindi, responsabili verso la società, contrattualmente l’amministratore della stessa ed extra contrattualmente sia il socio di fatto che il consulente: quest’ultimo, in particolare, nonostante, a differenza del primo, non avesse preso materialmente parte alla distrazione, ne aveva suggerito i mezzi di attuazione, rafforzando l’intenzione e le capacità del responsabile primario.

 

 

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