La Cassazione (sentenza 11 marzo 2013, n. 5962) ha affrontato il tema concernente i presupposti del licenziamento disciplinare di un dirigente.
Sul punto la Cassazione ricorda come il licenziamento disciplinare si caratterizza per il venir meno del rapporto fiduciario che deve sussistere tra le parti, da valutare con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidabilità richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva del fatto, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo.
Con riguardo al licenziamento dei dirigenti, si deve considerare disciplinare – e quindi assoggettato alla disciplina garantistica di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 2 e 3 – il licenziamento irrogato dal datore di lavoro per l’addebito al dirigente sia di un comportamento negligente (o, in senso lato, colpevole), sia di condotte, comunque, suscettibili di farne venir meno la fiducia.
Allo stesso tempo, evidenzia la Cassazione, la nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente, per la particolare configurazione del rapporto di lavoro dirigenziale, non si identifica con quella di giusta causa o giustificato motivo L. n. 604 del 1966, ex art. 1, potendo rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore, sicché anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante, o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura del rapporto fiduciario e quindi giustificarne il licenziamento sul piano della disciplina contrattuale dello stesso.