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Giurisprudenza

Le SU sull’applicabilità alle divisioni endoesecutive ed endoconcorsuali delle disposizioni eccettuative degli artt. 46 d.p.r. 380/2001 e 40 l. 47/1985

22 Ottobre 2019

Carolina Gentile, dottoranda presso la Scuola di Dottorato “Impresa, Lavoro e Istituzioni” (curriculum diritto commerciale), Università Cattolica del Sacro Cuore Milano

Cassazione Civile, Sez. Un., 7 ottobre 2019, n. 25021 – Pres. Mammone, Rel. Lombardo

Il prossimo 15 novembre si terrà a Milano il Convegno di Rassegna di Giurisprudenza Fallimentare organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

1) In forza delle disposizioni eccettuative di cui all’art. 46, comma 5, d.p.r. 380/2001 e all’art. 40, commi 5 e 6, l. 47/1985, lo scioglimento della comunione (ordinaria o ereditaria) relativa ad un edificio abusivo che si renda necessaria nell'ambito dell’espropriazione di beni indivisi (divisione c.d. “endoesecutiva”) o nell’ambito del fallimento (ora, liquidazione giudiziale) e delle altre procedure concorsuali (divisione c.d. “endoconcorsuale”) è sottratta alla comminatoria di nullità prevista, per gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici abusivi, dall’art. 46, comma 1, d.p.r. 380/2001 e dall’art. 40, comma 2, l. 47/1985.

2) L’evento che connota i negozi mortis causa e che determina la produzione dei loro effetti è la morte dell’autore del negozio medesimo, pertanto è da escludere che il contratto di scioglimento della comunione ereditaria possa essere qualificato come negozio mortis causa.

Il contratto di divisione ereditaria, infatti, produce i propri effetti indipendentemente dalla morte del de cuius (che costituisce un fatto del passato, i cui effetti giuridici si sono esauriti con l'insorgere della comunione ovvero con l'eventuale divisione disposta dal testatore ex art. 734 c.c.). Esso, piuttosto, produce i propri effetti immediatamente, col mero scambio dei consensi espresso dai condividenti nelle forme di legge.

Il suo contenuto dipende dalla volontà degli eredi, non da quella del de cuius: ciò ne determina, indubbiamente, il carattere di negozio inter vivos.

L'atto di scioglimento della comunione ereditaria va dunque assimilato, quanto alla natura e ai suoi effetti, all'atto di scioglimento della comunione ordinaria.

3) È indubbio come nel fenomeno divisorio sia insito un effetto costitutivo, sostanzialmente traslativo, perché con la divisione ogni condividente perde la comproprietà sul tutto (che prima aveva) e – correlativamente – acquista la proprietà individuale ed esclusiva sui beni a lui assegnati (che prima non aveva). Le quote ideali spettanti a ciascun condividente su tutti i beni facenti parte della comunione sono convertite in titolarità esclusiva su taluni singoli beni.

Deve, pertanto, riconoscersi che la divisione ha una natura specificativa, attributiva, che impone di collocarla tra gli atti ad efficacia tipicamente costitutiva e traslativa

La divisione non ha, quindi, causa ricognitiva di effetti giuridici già verificatisi, ma – al contrario – ha causa attributiva e distributiva, in quanto ciascun condividente può divenire l'unico titolare di questo o di quel bene ricadente in comunione solo se vi sia stato un procedimento (contrattuale o giudiziale) che abbia determinato, con effetti costitutivi, lo scioglimento di quella comunione.

4) Allorquando tra i beni costituenti l’asse ereditario vi siano edifici abusivi, ogni coerede ha diritto, ai sensi all’art. 713, comma 1, c.c., di chiedere e ottenere lo scioglimento giudiziale della comunione ereditaria per l'intero complesso degli altri beni ereditari, con la sola esclusione degli edifici abusivi, anche ove non vi sia il consenso degli altri condividenti.

La divisione parziale dei beni ereditari è possibile anche per via contrattuale ove consti il consenso di tutti i coeredi (in questo senso, Cass. S.U. n. 1323/1978; Cass. S.U. n. 1145/1977).

5) Gli atti di scioglimento delle comunioni relativi ad edifici, o a loro parti, sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità prevista dall’art. 40, comma 2, l. 47/1985 per gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici – realizzati prima della entrata in vigore della legge n. 47 del 1985 – dai quali non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare, o della concessione rilasciata in sanatoria, ovvero ai quali non sia unita copia della domanda di sanatoria corredata dalla prova del versamento delle prime due rate di oblazione, o non contengano dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell'opera è stata iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967.

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