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La voluntary disclosure per i soggetti IRES: cenni sulle sue possibili applicazioni

26 Novembre 2014

Dott. Fabrizio Capponi, partner, Dott.ssa Roberta Moscaroli, senior associate, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

L’istituto della voluntary disclosure verrà introdotto nel sistema tributario italiano per consentire ai soggetti fiscalmente residenti di regolarizzare la propria posizione fiscale, in vista dell’inasprimento della lotta all’evasione a livello internazionale e della forte pressione politica esercitata, in particolar modo, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea verso una maggiore trasparenza fiscale.

Tale processo implicherà l’inevitabile e graduale abbandono del segreto bancario da parte dei Paesi attualmente caratterizzati dall’assenza di scambi automatici delle informazioni.

Peraltro, la necessità di tassare i redditi ovunque prodotti, in ossequio al worldwide principle e in piena aderenza alla logica di contrasto all’evasione fiscale, particolarmente avvertita nella congiuntura economica attuale dove si è alla continua ricerca di risorse per poter fronteggiare la crisi, sta rivestendo un’importanza tale da non riguardare più soltanto i capitali illegittimamente detenuti all’estero, ma anche i redditi evasi in Italia e ivi detenuti.

In questo contesto si colloca la decisione di non limitare l’ambito di applicazione della voluntary disclosure alle sole violazioni riguardanti l’omessa o inesatta compilazione del quadro RW (commesse da persone fisiche, enti non commerciali e società semplici) ma di estenderlo anche fattispecie diverse.

Più in particolare, il risultato cui si è giunti per effetto delle ultime modifiche introdotte al testo di legge (articolo 5-quater) è stato quello di ampliare in misura importante i confini applicativi della collaborazione volontaria rispetto alla precedente versione dei disegni di legge n. 2247 e 2248 e, soprattutto, rispetto alla versione del decreto legge n. 4/2014, con interventi diretti sia alla estensione dell’ambito soggettivo di applicazione (includendo anche le società di capitali ad esempio) sia dell’ambito oggettivo includendo violazioni riguardanti l’applicazione della normativa interna in materia di redditi sulle persone (fisiche e giuridiche), l’IVA, l’IRAP e la disciplina dei sostituti d’imposta.

Si ritiene, pertanto, che oggetto di regolarizzazione potranno essere – inter alia – le seguenti condotte atte ad integrare fattispecie penalmente rilevanti: l’utilizzo di fatture per prestazioni inesistenti; le politiche sui prezzi delle transazioni infragruppo (transfer pricing) mediante le quali viene erosa la base imponibile Irpef od Ires; l’utilizzo di società cosiddette “esterovestite” (per tali intendendosi società fittiziamente localizzate in uno Stato a fiscalità più favorevole, allo scopo di sottrarsi al più gravoso regime fiscale nazionale); l’utilizzo di “stabili organizzazioni occulte” (per tali intendendosi le sedi fisse di affari in cui un’impresa estera esercita, in tutto o in parte, la sua attività, in forma consapevole o inconsapevole – attraverso un’organizzazione di uomini e mezzi ovvero per il tramite di un soggetto il quale agisce in qualità di agente dipendente/indipendente – senza tuttavia dichiarare, all’autorità fiscale del Paese in cui è localizzata, i relativi proventi dalle stesse generati e ad esse direttamente imputabili).

È appena il caso di rilevare che la valutazione definitiva sulla portata e sulla convenienza della disciplina in commento dipenderà dal testo di legge definitivamente approvato e dai chiarimenti amministrativi che ne accompagneranno l’emanazione (che peraltro rischia di essere posticipata al 2015).

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