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Attualità

Semplificazioni Patent Box: primi commenti alla luce degli emendamenti al decreto-legge

16 Novembre 2021

Roberta Moscaroli, Partner, Dentons Europe Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Il decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante «Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili» (di seguito, “Decreto Fiscale”), ha profondamente innovato, di fatto sostituendola, la disciplina del Patent Box, originariamente introdotta nel nostro ordinamento con l’articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (di seguito, “Legge di Stabilità 2015”) e successivamente modificata dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (di seguito, “Decreto Crescita”).

Più in particolare (e come meglio illustrato infra), l’articolo 6 del Decreto Fiscale, rubricato «Semplificazione della disciplina del patent box», abroga il precedente regime agevolativo, basato su un meccanismo opzionale di parziale detassazione del reddito agevolabile (nella misura del 50 per cento) ed introduce una nuova disciplina agevolativa, basata su un meccanismo, anch’esso opzionale, di maggiorazione del 90 per cento, ai fini della relativa deducibilità, dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti nell’esercizio dell’attività di impresa in relazione a determinati beni immateriali (cosiddetti intangibles) utilizzati direttamente o indirettamente (di seguito, anche “Nuovo Regime”).

La misura in commento, come si legge nella relazione illustrativa al testo di legge, deriva dalla volontà del legislatore di facilitare «e rendere più celere la fruizione del beneficio da parte del contribuente», perseguendo in maniera più incisiva gli obiettivi di semplificazione della procedura di accesso alla tassazione agevolata già alla base della modifica (i.e. autonoma liquidazione in dichiarazione del beneficio spettante) di cui al Decreto Crescita.

Sin dall’entrata in vigore del Nuovo Regime, tuttavia, molteplici sono state le reazioni, sia da parte del mondo produttivo – per la possibilità che, nei fatti, il Nuovo Regime possa risultare meno conveniente del precedente –, sia da parte degli interpreti e degli operatori, in relazione a taluni dubbi interpretativi per lo più concernenti la disciplina transitoria.

Le circostanze appena esposte hanno quindi determinato, come meglio illustrato al successivo § 6, la presentazione di numerosi e rilevanti emendamenti al menzionato articolo 6, entro il termine fissato alle ore 12:00 dell’11 novembre u.s.

§§§

Tutto ciò premesso, nei paragrafi che seguono si procederà ad una breve ricostruzione delle caratteristiche del Nuovo Regime, alla luce delle disposizioni recate dal citato articolo 6 e tenendo conto, altresì, di quanto in proposito indicato nella relazione illustrativa al decreto legge, in attesa di verificare l’iter parlamentare[1] e gli sviluppi legislativi che ne confermeranno o ne emenderanno il contenuto nonché le disposizioni attuative e di dettaglio che saranno individuate con l’emanando provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate[2].

2. La disciplina previgente (cenni)

Come anticipato in premessa, l’originario regime fiscale del Patent Box (di seguito, anche il “Vecchio Regime”) è stato introdotto nel nostro ordinamento con la Legge di stabilità 2015 come regime opzionale (con ed opzione irrevocabile per cinque periodi d’imposta) di tassazione agevolata di determinati intangibles.

La ratio dell’introduzione della predetta disciplina (che si risolveva in un intervento di sostegno alla gestione ed allo sfruttamento dei beni immateriali) era (è) da individuarsi nella volontà del legislatore di arginare i fenomeni di allocazione delle risorse produttive in luoghi differenti rispetto al luogo di produzione, in considerazione del notevole contributo che lo sviluppo di asset immateriali apporta alla crescita economica del Paese.

Sulla base di tali considerazioni, l’agevolazione si atteggiava quale parziale detassazione, nella misura del 50 per cento, dei redditi d’impresa derivanti dall’utilizzo di (i) software protetti da copyright, (ii) brevetti industriali, (iii) disegni e modelli, (iv) know how giuridicamente tutelabile e, per le opzioni esercitate fino al 2016, (v) marchi d’impresa, purché i predetti intangibles fossero ricollegabili ad attività di ricerca e sviluppo svolte dal contribuente (c.d. nexus approach).

Con riferimento al meccanismo di calcolo del reddito agevolabile, si segnala che la determinazione dello stesso prevedeva regole differenti, a seconda della qualificazione dell’utilizzo degli intangibles come “diretto” o “indiretto”.

In particolare:

  1. nel caso di «utilizzo diretto» dell’asset, l’accesso alla fruizione del regime in parola era subordinato ad un accordo preventivo (c.d. ruling obbligatorio) raggiunto tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate ed avente ad oggetto la definizione in contraddittorio dei metodi e dei criteri di determinazione del reddito agevolabile;
  2. nel caso di «utilizzo indiretto» dell’asset (e. in caso di concessione del bene in uso a terzi), viceversa, la regola generale prevedeva che il contribuente procedesse, in autonomia, a liquidare il beneficio direttamente nella propria dichiarazione dei redditi (c.d. autoliquidazione). Il ruling (in questo caso, c.d. facoltativo) si configurava quale alternativa alla predetta autoliquidazione esclusivamente nelle ipotesi di operazioni infra-gruppo.

Nel corso della sua vigenza, la disciplina in parola è stata, peraltro, oggetto di due importanti interventi di modifica, i quali hanno interessato (i) la tipologia di intangibili rilevanti ai fini della parziale detassazione del reddito derivante dall’utilizzo degli stessi e (ii) le modalità di determinazione del reddito agevolabile in caso di «utilizzo diretto» del bene.

Più precisamente:

  • con riferimento alla modifica di cui al punto (i), con il decreto-legge del 24 aprile 2017, n. 50, i marchi d’impresa sono stati espunti dall’elenco dei beni immateriali “agevolabili” (i.e., rilevanti ai fini della determinazione del reddito agevolabile), con conseguente impossibilità, per le imprese, di determinare un reddito agevolato correlato all’utilizzo (diretto o indiretto) dei marchi;
  • in relazione, invece, alla modifica di cui al punto (ii), l’articolo 4 del Decreto Crescita ha esteso ai casi di utilizzo “diretto” la possibilità di procedere all’autoliquidazione in dichiarazione del beneficio (c.d. “regime di autoliquidazione OD”), “declassando” il ruling da obbligatorio a facoltativo. La previsione di cui al menzionato articolo 4, d’altra parte, è stata accompagnata dall’introduzione di un meccanismo premiale, già utilizzato nell’ambito della disciplina sui prezzi di trasferimento (e su cui si dirà meglio infra), consistente in un’esimente sul versante sanzionatorio nelle ipotesi di dichiarazione infedele (c.d. penalty protection), laddove il contribuente avesse predisposto idonea documentazione atta ad evidenziare le modalità di determinazione del beneficio e ne avesse dato apposita comunicazione nella dichiarazione dei redditi.

3. La super-deduzione introdotta con il Decreto Fiscale

Passando ad esaminare i tratti fondamentali del Nuovo Regime, come accennato in premessa, l’articolo 6 del Collegato Fiscale ha sostituito il precedente regime di Patent Box con una “super-deduzione”, ai fini dell’imposta sul reddito delle società (“IRES”) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (“IRAP”), dei costi di ricerca e sviluppo (o “R&S”), conseguente ad una maggiorazione fiscale del 90 per cento degli stessi.

Più precisamente, condizione per l’accesso alla tassazione agevolata in commento è che i costi deducibili siano sostenuti in relazione a:

  • software protetto da copyright;
  • brevetti industriali;
  • marchi d’impresa;
  • modelli;
  • processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili,

che siano, dai beneficiari, utilizzati direttamente o indirettamente nello svolgimento della propria attività d’impresa.

A tal fine, l’articolo 6 specifica che i costi di R&S eleggibili ai fini dell’agevolazione in commento possono riferirsi anche a contratti di ricerca, stipulati con (i) società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, ovvero (ii) con università o enti di ricerca e organismi equiparati.

Beneficiari dell’agevolazione sono tutti i soggetti titolari di un reddito d’impresa. Al riguardo, tuttavia, l’articolo 6 del Decreto Fiscale subordina l’accesso al Nuovo Regime da parte dei soggetti non residenti (i.e. i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917: c.d. “TUIR”) alla condizione di essere residenti in Paesi:

  • con i quali sia in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione;
  • che consentono un effettivo scambio di informazioni.

Come per il Vecchio Regime, il beneficio in commento si traduce in un regime di tassazione su base opzionale, la cui opzione ha durata di cinque anni ed è irrevocabile e rinnovabile.

La parametrazione del beneficio all’elemento dei costi sostenuti anziché al reddito, tuttavia, giustifica l’espressa esclusione (contenuta al comma 9 dell’articolo 6 del Decreto Fiscale) della cumulabilità dell’agevolazione in commento con il credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo di cui ai commi da 198 a 206 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160; previsione, questa, che comporterà, in capo al contribuente, la necessità di una valutazione di convenienza, che ragionevolmente dovrà ricomprendere anche il differente regime sanzionatorio previsto per ciascuno dei due benefit.

4. Segue: la c.d. penalty protection

Sotto tale ultimo profilo, infatti, giova ricordare che il Nuovo Regime consente al contribuente di dotarsi di idonea documentazione, nella quale indicare le modalità di determinazione della maggiorazione del 90 per cento dei costi di R&S, e di darne comunicazione all’Agenzia delle entrate ottenendo “in contropartita” un regime premiale sotto il versante sanzionatorio.

La predisposizione della suddetta documentazione (nei termini che saranno individuati con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate), infatti, risulta sufficiente ad escludere l’applicazione della sanzione amministrativa per infedele dichiarazione di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (che va dal 90 al 180 per cento della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato), conferendo indubbiamente al Nuovo Regime un maggiore appeal rispetto all’alternativa eventualmente esistente di liquidare un credito di R&S, anche per le rilevanti questioni interpretative connesse alla qualificazione – in termini di «credito inesistente» o di «credito non spettante» – del credito che si dovesse rivelare in tutto o in parte indebito[3].

5. Il regime transitorio

Il comma 8 dell’articolo 6 del Decreto Fiscale ha fissato l’entrata in vigore del Nuovo Regime di Patent Box alla data del 22 ottobre u.s.[4].

La predetta disposizione è stata, quindi, accompagnata dalla previsione di un regime transitorio volto a disciplinare alcune particolari fattispecie.

Al riguardo, la norma chiarisce innanzitutto che l’accesso al Nuovo Regime risulta facoltativo per i contribuenti che abbiano già esercitato l’opzione per il Patent Box antecedentemente all’entrata in vigore del Nuovo Regime stesso (incluse le opzioni già esercitate per il periodo d’imposta 2020, con anticipo, quindi, rispetto al termine di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi, fissata al 30 novembre p.v.)[5].

La facoltà di scelta tra i due regimi agevolativi è stata, inoltre, come di seguito delineata:

  1. con riferimento ai soggetti che, alla data di entrata in vigore del Nuovo Regime, abbiano presentato istanza di accesso al ruling, ovvero abbiano presentato istanza di rinnovo, ma non abbiano già sottoscritto un accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate a conclusione di dette procedure, è stato previsto che gli stessi possono transitare al Nuovo Regime;
  2. con riferimento ai soggetti che, alla data di entrata in vigore del Nuovo Regime, abbiano presentato istanza di accesso al ruling, ovvero abbiano presentato istanza di rinnovo, e abbiano già sottoscritto un accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate a conclusione di dette procedure, è stato previsto, invece, che gli stessi non possono transitare al Nuovo Regime;
  3. ugualmente, con riferimento ai soggetti che abbiamo aderito al regime facoltativo di “autoliquidazione” di cui all’articolo 4 del Decreto Crescita, è stato previsto che gli stessi non possono transitare an Nuovo Regime.

In proposito, si noti che il regime transitorio non ha recato una specifica disciplina per il periodo d’imposta 2020, con riferimento al quale i termini per la presentazione della dichiarazione[6], come anticipato, sono ancora aperti, precludendo, di fatto, la possibilità di avvalersi del Vecchio Regime a tutti coloro che, intendendo esercitare l’opzione per l’abrogato Patent Box, non abbiano ancora presentato la dichiarazione nei suddetti termini (i.e. 30 novembre p.v.)[7].

6. Gli emendamenti presentati in Parlamento.

Come anticipato in premessa, la rivisitazione della disciplina sul Patent Box, fortemente voluta dal Governo, è stata oggetto di numerosi rilievi critici, sfociati nella presentazione di molteplici emendamenti da parte delle diverse forze politiche.

Le proposte emendative presentate vanno dalla totale soppressione dell’articolo 6, con conseguente reviviscenza del Vecchio Regime e, quindi, del precedente meccanismo di parziale detassazione del reddito, alla proposta di rettifiche e di correzioni al nuovo meccanismo di maggiorazione dei costi deducibili, anche al fine di meglio regolare il transito dalla vecchia alla nuova agevolazione.

In attesa di conoscere la definitiva strutturazione del Nuovo Regime da parte del legislatore, si riassumono di seguito le principali proposte di modifica alla disciplina in parola.

  1. Con riferimento, innanzitutto, alla portata abrogativa del Nuovo Regime, numerosi emendamenti riguardano la possibilità di concepire il meccanismo della “super-deduzione” come regime alternativo rispetto a quello di cui all’articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e all’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (e. Vecchio Regime). Si propone, quindi, di ammettere la contemporanea vigenza dei due regimi (alternativi), a cui si accompagna la previsione della non cumulabilità degli stessi in relazione ai medesimi periodi d’imposta e rispetto ai medesimi IP.
  2. Con riferimento, invece, alla decorrenza del Nuovo Regime – e, quindi, al regime transitorio –, le proposte di modifica derivano invece dalla necessità di una razionalizzazione dello stesso e queste variano quindi tra (i) la posticipazione dell’applicazione delle relative disposizioni a partire dal periodo d’imposta 2021 (facendo salva, per il 2020, la possibilità di esercitare l’opzione per il Vecchio Regime) e (ii) la retrodatazione della relativa operatività, al contrario, sin dal periodo d’imposta 2020.
  3. Alcune proposte di modifica riguardano, inoltre, il riferimento, nell’elenco degli intangibles rilevanti ai fini dell’agevolazione, ai marchi d’impresa. In proposito, vi è chi propone, in forma variamente combinata:
  • la completa eliminazione del richiamo al marchio d’impresa[8];
  • la limitazione dell’ambito di applicazione della nuova agevolazione (oltre che ai beni immateriali sopra elencati) ai soli «marchi funzionalmente equivalenti ai brevetti», questi ultimi concettualmente contrapposti ai «marchi commerciali» e sulla falsariga di quanto originariamente previsto dalla Legge di Stabilità 2015. L’identificazione dei «marchi funzionalmente equivalenti ai brevetti», peraltro, aveva già destato in passato non poche perplessità, per la difficoltà di identificare esattamente la fattispecie e conseguentemente il campo di applicazione oggettivo della disposizione[9];
  • la non applicabilità della maggiorazione ai costi sostenuti per attività di presentazione, comunicazione e promozione che accrescano il carattere distintivo e/o la rinomanza dei marchi, e contribuiscano alla conoscenza, all’affermazione commerciale, all’immagine dei prodotti o dei servizi, del design, o degli altri materiali proteggibili (proposta emendativa, anch’essa, riconducibile alla scelta di espungere, dai beni agevolabili, i marchi «commerciali»).
  1. Altri emendamenti proposti, ancora, interessano il regime della penalty protection. Più nel dettaglio, da parte di alcuni si propone di introdurre la possibilità, per l’Agenzia delle entrate, di «sospendere, fino a trenta giorni, gli effetti delle comunicazioni che presentano profili di rischio, anche al fine di una verifica preventiva sul possesso dei requisiti per il beneficio fiscale». La proposta emendativa in commento è volta a tutelare le ragioni erariali, prevedendo la facoltà, per l’Agenzia delle entrate, di disporre controlli preventivi rispetto alla fruizione dell’agevolazione da parte del contribuente; previsione che, in fin dei conti, potrebbe anche incontrare l’interesse degli stessi contribuenti ad una (immediata) certezza in merito alla spettanza dell’agevolazione.
  2. Infine, in considerazione della possibile difficoltà nella perimetrazione dei costi di ricerca e sviluppo rilevanti ai fini della maggiorazione del 90 per cento, si propone di introdurre la facoltà di presentare al Ministero dello Sviluppo Economico un’istanza di parere tecnico in merito ai criteri per l’individuazione dei predetti costi agevolabili. Per coloro, invece, che abbiano aderito al regime di adempimento collaborativo di cui agli articoli 3 e seguenti del decreto-legislativo 5 agosto 2015, n. 128, ovvero che abbiano presentato un’istanza ammissibile di interpello sui nuovi investimenti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, anche in pendenza di risposta, si propone di consentire la presentazione di un’istanza di interpello qualificatorio ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212, in merito ai criteri per l’individuazione dei costi di ricerca e sviluppo agevolabili.

[1] Volto alla conversione in legge del Decreto Fiscale ed attualmente alla fase dell’esame delle commissioni riunite 6ª (i.e. Finanze e tesoro) e 11ª (i.e. Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) in sede referente.

[2] Cui il medesimo articolo 6 demanda l’individuazione delle modalità di esercizio dell’opzione.

[3] Cfr. Assonime, Circolare del 14 novembre 2019, n. 23, Le sanzioni per gli errori commessi in sede di applicazione del credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo.

[4] Facendola combaciare con la data di entrata in vigore del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146.

[5] Conseguentemente, il passaggio tra il Vecchio ed il Nuovo regime potrà verificarsi, sino al periodo d’imposta 2024, solo su base opzionale. Soltanto a partire dal periodo d’imposta 2025, il Vecchio Regime non potrà più essere utilizzato da alcun contribuente).

[6] E, quindi, il termine per l’esercizio dell’opzione per il Patent Box.

[7] In proposito, cfr. § 4, relativo, inter alia, agli emendamenti presentati in Parlamento relativamente al regime transitorio in commento.

[8] Similmente a quanto già previsto dalla precedente disciplina.

[9] In proposito, ci si permette di fare rinvio all’analisi svolta da Assonime, nella circolare n. 18/2017, pagine 11-14.

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