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Approfondimenti

La valutazione di adeguatezza nella MiFID: gli orientamenti dell’ESMA applicabili dal 22 dicembre 2012

18 Dicembre 2012

Giuseppe Zaghini, Responsabile Ufficio Regolamentazione finanziaria, Federcasse, Collaboratore Diritto Bancario

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

La valutazione di adeguatezza, si sa, rappresenta uno dei cardini dell'attuale impianto della MiFID. Probabilmente perché questa risulta essere, soprattutto nell’ambito del servizio di consulenza in materia di investimenti, il momento in cui l'interrelazione tra intermediario e cliente raggiunge i livelli massimi. L’obiettivo del rafforzamento delle previsioni a tutela dell’investitore, nel quadro della “centralità del cliente” disegnato dalla MiFID, ha portato alla definizione, da parte del legislatore europeo, già nel 2004, di norme particolarmente stringenti. Evidentemente, in quanto, per sua natura il rapporto tra le parti è connotato da asimmetrie informative che privilegiano gli intermediari. Pertanto, non ci si stupisca se gran parte della regolamentazione di livello 3 prodotta dai vari Stati membri dell'Unione Europea ha avuto ad oggetto la consulenza in materia di investimenti e con essa la valutazione di adeguatezza. A fortiori, il gran dibattito sulla "consulenza indipendente" all'interno di MiFID II non ci trova sorpresi.

Tuttavia, limitandosi in questa sede a considerare l’attuale contesto regolamentare, è opportuno citare almeno tre disposizioni sulla materia in oggetto, una italiana e due inglesi, che non solo hanno “guidato” i soggetti vigilati dei rispettivi Paesi nell’applicazione della norma, ma (non si può negare) ne hanno profondamente indirizzato le scelte di servizio e l’operatività di intermediazione finanziaria. Più precisamente ci si riferisce alla Comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo 2009 in tema di prodotti finanziari illiquidi e alle Finalised Guidances dell’FSA, "Assessing suitability" di marzo 2011 e "Retail distribuition review. Independent and restricted advice" di giugno 20121.

Le Linee guida dell'ESMA2 in materia entrano in vigore – il 22 dicembre 2012 – in un contesto caratterizzato, da una parte da prassi di vigilanza e regole di livello 3 ormai consolidati, dall'altra nel pieno delle attività di revisione della MiFID. Attività che, peraltro, stanno evidenziando, su alcuni piani della disciplina, delle forti divergenze tra i diversi organismi legislativi deputati alla revisione3. A ciò si aggiunga l’ampio dibattito a livello di dottrina e letteratura (ma anche di “moral suasion”) in materia di educazione finanziaria, rilevazione della tolleranza al rischio degli investitori e finanza comportamentale4.

Gli orientamenti dell’ESMA in tema di valutazione di adeguatezza

Gli orientamenti dell’ESMA si applicano alle imprese di investimento, in relazione ai servizi per i quali è prevista la valutazione di adeguatezza: consulenza in materia di investimenti e gestione di portafogli, principalmente nei confronti della clientela retail.5

L’ESMA precisa che gli orientamenti non costituiscono obblighi assoluti. A tal proposito, ci si potrebbe interrogare a lungo sulla non assolutezza dell’obbligo, ma è qui sufficiente rilevare che la Consob nel recepire gli orientamenti6 ha precisato che “gli intermediari […] sono tenuti a rispettare gli orientamenti contenuti nel documento dell’ESMA ai fini della corretta ottemperanza agli obblighi stabiliti in via generale dalla normativa loro applicabile”. Gli orientamenti hanno, pertanto, lo scopo di chiarire determinati aspetti della disciplina di riferimento.

In particolare, scrive la Consob, “gli orientamenti forniscono chiarimenti di ulteriore dettaglio volti ad indirizzare gli intermediari nella efficiente traduzione operativa degli obblighi prescritti dalla MiFID in tema di adeguatezza”. La Consob fa riferimento, dunque, ad un concetto tipicamente economico: quello di efficienza operativa.

Tuttavia, proprio in considerazione dei significativi impatti sulla “macchina operativa” degli intermediari, se, da una parte, è pacifica la connotazione prescrittiva degli orientamenti, dall’altra assume rilievo la misura degli effetti vincolanti degli stessi e la tempistica di adeguamento da parte degli intermediari. Inoltre, sarebbe opportuno chiarire la relazione, nonché l’eventuale differente livello di azione, tra gli orientamenti generali e gli orientamenti di supporto (questi ultimi molto spesso di dettaglio).

In sostanza, l’ESMA definisce un “livellamento del campo da gioco” tra i diversi Paesi dell’Unione Europea, sia al fine di garantire un’applicazione comune, uniforme e coerente delle regole da parte delle imprese di investimento, sia di promuovere una maggiore convergenza nell’interpretazione e negli approcci di vigilanza. In tal guisa, l’ESMA stabilisce che le Autorità competenti devono conformarsi agli orientamenti integrandoli nelle loro prassi di vigilanza.

Come detto, gli orientamentivertono su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza e più precisamente:

  1. Informazione ai clienti sulla valutazione di adeguatezza;
  2. Disposizioni necessarie per comprendere i clienti e gli investimenti;
  3. Qualifiche del personale dell’impresa di investimento;
  4. Portata delle informazioni da raccogliere sui clienti (proporzionalità);
  5. Affidabilità delle informazioni sui clienti;
  6. Aggiornamento delle informazioni sui clienti;
  7. Informazioni sui clienti per i soggetti giuridici o i gruppi;
  8. Disposizioni necessarie per garantire l’adeguatezza di un investimento;
  9. Registrazioni.

Di seguito si riporta una sintetica descrizione di ciascun orientamento.

1. Informazioni ai clienti sulla valutazione di adeguatezza

Il primo orientamento generale prevede che gli intermediari dovrebbero informare (rectius far capire a) i clienti che la valutazione di adeguatezza è effettuata nel loro (migliore) interesse. Tale informativa, inoltre, dovrebbe essere fornita in modo chiaro e semplice.

A tal fine gli orientamenti di supporto specificano che gli intermediari dovrebbero sottolineare al cliente l’importanza di raccogliere informazioni complete e accurate, in modo che l’impresa possa essere in grado di raccomandare i prodotti adatti. Sarà compito degli intermediari individuare la sede più appropriata per tale informativa, che, ad ogni modo, potrà essere fornita in formato standardizzato.

Inoltre, gli intermediari dovrebbero adottare delle misure atte a garantire che il cliente comprenda il concetto di rischio di investimento, nonché il rapporto tra rischio e rendimento. A tal fine, gli intermediari dovrebbero valutare l’utilizzo degli esempi informando il cliente del fatto che il loro scopo è quello di contribuire a determinare l’atteggiamento del cliente nei confronti del rischio (“profilo di rischio”). Con questa previsione l’ESMA chiarisce definitivamente l’ambiguità della terminologia utilizzata dalla MiFID laddove la norma chiede agli intermediari di raccogliere le informazioni dal cliente in tema di “preferenze in materia di rischio” e “profilo di rischio”7. Ciò posto, l’EMSA sembrerebbe suggerire un approccio “investigativo” delle reali competenze del cliente. Tanto più che gli intermediari dovrebbero evitare di affermare o dare l’impressione che sia il cliente a decidere l’adeguatezza con le sue risposte.

2. Disposizioni necessarie per comprendere i clienti e gli investimenti

Gli intermediari devono dotarsi di politiche e procedure adeguate al fine di comprendere i dati essenziali dei loro clienti, nonché le caratteristiche degli strumenti finanziari.Poiché la comprensione dei suddetti dati passa, necessariamente, per la loro raccolta, innanzitutto, gli intermediari devono individuare quali sono i dati dei propri clienti ritenuti rilevanti per la prestazione dei servizi di consulenza in materia di investimenti e gestione di portafogli. A tal fine, ci vengono incontro gli orientamenti di supporto che stabiliscono che le informazioni necessarie comprendono i vari elementi che possono influire sulla situazione finanziaria o sugli obiettivi di investimento del cliente. L’ESMA ne fornisce (motivandolo) qualche esempio: stato civile, stato di famiglia, situazione lavorativa, fabbisogno di liquidità, età.

Con riferimento all’oggetto dell’adeguatezza, l’ESMA richiama in questo orientamento un principio cardine della disciplina (evidentemente non sufficientemente esplicito nella MiFID) e cioè che l’intermediario dovrebbe (ma qui il condizionale è forse superfluo) conoscere i prodotti che offre. In altri termini, l’intermediario dovrebbe offrire la consulenza in materia di investimento ovvero la gestione di portafogli solo se esso, per primo, comprende le caratteristiche dei prodotti finanziari oggetto del servizio.

3. Qualifiche del personale dell’impresa di investimento

Gli intermediari sono tenuti a garantire che il personale coinvolto in aspetti rilevanti nel processo di adeguatezza possieda un livello adeguato di conoscenze e competenze. Qualifiche, queste ultime, che presuppongono non solo le necessarie technicality del personale, ma anche consapevolezza del proprio ruolo all’interno del processo di valutazione di adeguatezza, nonché una sufficiente conoscenza del quadro normativo di riferimento. Pertanto, l’ESMA valuta l’adeguatezza del personale su tre direttrici di conoscenza fondamentali: 1) l’incarico assegnato; 2) i mercati e gli strumenti finanziari; 3) le regole di condotta.

L’ESMA, in particolare, ci ricorda che in alcuni Stati membri è richiesta la certificazione del personale, al fine di assicurare il suddetto livello di conoscenze e competenze. L’aver inserito tale considerazione in un proprio orientamento sembrerebbe farla propria. Tuttavia, alla luce delle modalità (di mera constatazione) e del contesto (di orientamento) nel quale è rappresentata, non si dovrebbe ritiene necessariamente vincolante.

Certamente, formazione e costante aggiornamento del personale rivestono un ruolo determinante per il rispetto di tale orientamento.

4. Portata delle informazioni da raccogliere sui clienti (proporzionalità)

Gli intermediari dovrebbero determinare la portata delle informazioni da raccogliere sui clienti in funzione delle caratteristiche dei servizi prestati.

Probabilmente l’orientamento in esame è quello con il maggiore impatto sull’operatività degli intermediari, in quanto incide direttamente sulla portata delle informazioni da raccogliere.

Partendo dal principio di proporzionalità previsto dalla MiFID, che consente agli intermediari di raccogliere informazioni proporzionate in funzione dei prodotti e servizi offerti, l’ESMA, nel caso di strumenti finanziari complessi o rischiosi, sollecita gli intermediari a valutare attentamente la necessità di raccogliere informazioni più approfondite sul cliente. Analogamente, anche la portata del servizio richiesto incide sul livello di dettaglio delle informazioni da raccogliere. Per esempio, l’ESMA ritiene necessario raccogliere maggiori informazioni sui clienti che richiedono una consulenza in materia di investimenti sull’intero portafoglio rispetto ai clienti che richiedono una consulenza “spot” un determinato importo. Inoltre, la profondità delle informazioni da raccogliere varia in funzione della natura del cliente; in tal senso, nei confronti di un cliente anziano o che si avvicina per la prima volta al servizio di consulenza in materia di investimento (potenzialmente più vulnerabili) dovrebbero essere ottenute informazioni più dettagliate. A tal fine, rilevano anche la classificazione del cliente (retail o professionale), la finalità dell’investimento (speculativo o di copertura), le esigenze del cliente (obiettivi multipli e/o a lungo termine).

Ciò detto, sembrerebbe auspicata una raccolta delle informazioni “modulare” e quindi l’utilizzo, da parte degli intermediari, di questionari differenti in funzione delle caratteristiche del prodotto (servizio) offerto e del cliente che si profila. Previsione, va detto, che mal si concilia con la pragmaticità e la standardizzazione delle informazioni.

5. Affidabilità delle informazioni sui clienti

Al fine di garantire l’affidabilità delle informazioni raccolte, gli intermediari dovrebbero: a) non fare affidamento sulle autovalutazioni del cliente; b) studiare adeguati strumenti da utilizzare nella valutazione di adeguatezza (ad esempio, domande non formulate in modo da indirizzare le scelte di investimento del cliente su uno specifico prodotto); c) garantire la coerenza delle informazioni sui clienti.

A tal fine, gli intermediari dovrebbero adottare delle procedure in grado di far emergere eventuali (ed evidenti) inesattezze e incoerenze (contraddizioni) nelle informazioni fornite dal cliente. In tal senso, è ipotizzabile poter utilizzare tutte le informazioni in possesso dell’intermediario (anche raccolta per altri fini), nonché introdurre opportune verifiche procedurali di controllo incrociato delle risposte al questionario.

L’ESMA, inoltre, attingendo chiaramente ad alcuni elementi di finanza comportamentale, richiama gli intermediari all’utilizzo di criteri oggettivi nella raccolta delle informazioni. Ad esempio, invece di chiedere ad un cliente se si sente in grado di sostenere i rischi, l’intermediario potrebbe chiedere quale livello di perdita il cliente è disposto ad accettare in un determinato periodo di tempo.

Infine, secondo l’ESMA, un momento di criticità si rileva quando i clienti (di propria iniziativa o sollecitati dal personale dell’intermediario) modificano le loro risposte al fine di accedere a prodotti altrimenti non adeguati. Sul punto l’ESMA invita gli intermediari ad adottare misure ragionevoli al fine di attenuare i relativi rischi potenziali.

6. Aggiornamento delle informazioni sui clienti

Gli intermediari dovrebbero, in un rapporto continuativo con il cliente, conservare informazioni aggiornate e adeguate sul cliente.

In linea con l’orientamento 4, anche l’aggiornamento delle informazioni può avvenire con frequenza diversa a seconda dei profili di rischio del cliente. Infatti, ricorda l’ESMA, un profilo di rischio più alto può richiedere un aggiornamento più frequente. Inoltre, esistono alcuni eventi che per loro natura possono determinare una modifica del profilo di rischio del cliente e un conseguente aggiornamento delle informazioni raccolte (ad esempio, il raggiungimento dell’età pensionabile). A tal proposito, è opportuno sottolineare come, seppure l’orientamento sia generalmente condivisibile, sul piano pratico l’applicazione di questo può risultare particolarmente complessa, anche considerando la prassi degli intermediari di fissare delle scadenze interne alle quali riproporre il questionario alla propria clientela.

7. Informazioni sui clienti per i soggetti giuridici o i gruppi

Al fine di individuare il soggetto da sottoporre alla valutazione di adeguatezza, gli intermediari dovrebbero innanzitutto basarsi sul quadro giuridico di riferimento. Laddove quest’ultimo non fornisca indicazioni sufficienti, gli intermediari dovrebbero concordare (mantenendone evidenza) con le persone interessate chi – e secondo quali modalità – dovrebbe essere sottoposto alla valutazione in oggetto.

Sostanzialmente, in linea con l’interpretazione fornita dalla Consob negli esiti alla consultazione effettuata in fase di recepimento della MiFID8, la questione sarebbe rimandata alla contrattazione delle parti. Pertanto, le parti potranno pattuire, ad esempio, se profilare tutte le persone ed effettuare la valutazione di adeguatezza nei confronti della specifica persona a cui è rivolta la raccomandazione, se profilare tutte le persone e poi scegliere un profilo di queste (c.d. leader) per la valutazione di adeguatezza ovvero se raccogliere le informazioni congiuntamente in un unico questionario. Soluzioni che devono essere valutate alla luce dell’orientamento di supporto dell’EMSA che afferma che “la procedura dell’impresa dovrebbe prevedere che gli interessi di tutte le persone coinvolte e le loro esigenze di protezione siano prese in considerazione

Nel caso in cui non vi sia accordo tra le parti e le situazioni finanziarie divergano, l’ESMA si affida ad un concetto di prudenza delle valutazioni. Infatti, in tal caso l’ESMA raccomanderebbe l’utilizzo delle informazioni raccolte sul soggetto più pertinente al riguardo ovvero sulla persona con la situazione finanziaria più debole.

Diversamente, nel caso di persone giuridiche (ovvero di rappresentanza di persona fisica) gli intermediari dovrebbero gestire un “mix informativo”, in base al quale l’esperienza e la conoscenza dovrebbero riferirsi al rappresentante, mentre situazione finanziaria e obiettivi di investimento al rappresentato9. A tal proposito, si segnala una divergenza tra le valutazioni espresse nei citati esiti alla consultazione, in cui la Consob precisa che “con riferimento all’ipotesi della delega, ci si dovrà necessariamente riferire al cliente delegante”, e l’orientamento fornito dall’ESMA.

8. Disposizioni necessarie per garantire l’adeguatezza di un investimento

Al fine di proporre ai clienti gli investimenti adatti, gli intermediari dovrebbero garantire la costante considerazione di tutte le informazioni (pertinenti) disponibili sul cliente, nonché tutte le caratteristiche degli investimenti. A tal proposito, l’ESMA ritiene imprescindibile la considerazione del portafoglio di investimenti attuale del cliente e degli eventuali costi diretti e indiretti sostenuti da quest’ultimo.

Dalla lettura di tale orientamento emergono due profili di criticità. Il primo è legato all’utilizzo, da parte dell’ESMA, dell’espressione “costante considerazione”. Infatti, con tali termini si potrebbe essere indotti a ritenere che l’ESMA richieda un impegno dell’intermediario alla valutazione nel continuo dell’adeguatezza. A tal proposito, si ritiene corretto far riferimento, non tanto all’esplicazione delle modalità e della frequenza con le quali è valutata l’adeguatezza, quanto al processo di identificazione delle informazioni rilevanti che dovrebbero essere regolarmente considerate.

In secondo profilo di criticità attiene il riferimento al portafoglio di investimenti del cliente che farebbe presupporre una modalità di prestazione del servizio in ottica (appunto) di portafoglio.

Come noto, la MiFID non specifica i criteri logici e le modalità di esplicazione della valutazione di adeguatezza, “limitandosi” ad individuare gli elementi da tenere in considerazione. In tal senso, una valutazione di adeguatezza potrà certamente svolgersi nell’ambito di una logica di portafoglio, laddove pattuita contrattualmente dalle parti, tuttavia i riferimenti proposti non dovrebbero vincolare gli intermediari a tale modalità di valutazione. Anche perché altrimenti non si capirebbero i relativi riferimenti riportati nell’orientamento 4.

A conferma di quanto detto, negli orientamenti di supporto l’ESMA ci fornisce un tassello fondamentale per la corretta lettura dell’orientamento generale: “i servizi di consulenza e gestione di portafogli prestati al cliente tengono conto di un adeguato livello di diversificazione del rischio”. Pertanto, la valutazione di adeguatezza sembrerebbe incidere sull’eventuale concentrazione degli investimenti del cliente su determinati rischi (inerenti i prodotti offerti dall’intermediario), piuttosto che sul modello di servizio (i.e. consulenza di portafoglio vs consulenza sulla singola operazione).

A tal proposito, si rammenta che già la Consob aveva avuto modo di precisare nell’ambito della consultazione sulla comunicazione in tema di prodotti illiquidi chel’adozione di procedure di valutazione dell’adeguatezza su un approccio per portafoglioappare in grado di garantire l’efficienza del consiglio fornito; tale impostazione offre anche un’opportunità per l’intermediario che per tale via potrà consigliare al cliente operazioni che tengano conto della necessaria diversificazione degli investimenti.10

Infine, si segnala come “non adeguato allo scopo” (per una corretta valutazione di adeguatezza) la classificazione degli strumenti finanziari (e dei clienti) in categorie generali.

9. Registrazioni

Con riferimento alla valutazione di adeguatezza, gli intermediari dovrebbero adottare procedure ordinate e trasparenti per l’acquisizione e conservazione della documentazione, nonché atte a garantire la rilevazione di errori.

Le ragioni di tale previsione nascono, ad evidenza, da un’utilità pratica riconducibile alla possibilità di effettuare controlli e verifiche ex-post sull’intero processo di valutazione di adeguatezza. Ciò anche al fine di assicurare una correttezza dei comportamenti e di funzionamento procedurale. Tale caratteristica, inoltre potrebbe risultare importante in caso di controversie tra cliente e intermediario.

Tra le evidenze da conservare l’ESMA ricorda: a) le eventuali modifiche apportate dall’intermediario relativamente alla valutazione di adeguatezza, in particolare al profilo di rischio del cliente; b) i tipi di strumento adeguati a tale profilo e le ragioni alla base di tale valutazione11.

 

1

From the end of 2012, firms providing advice on retail investment products to retail clients will need to describe these services as either ‘independent’ or ‘restricted’.”


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2

Cfr. ESMA, “Orientamenti su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della direttiva MiFID”. 25 giugno 2012 | ESMA/2012/387


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3

Si confronti: proposta di revisione della MiFID pubblicata dalla Commissione Europea il 20 ottobre 2011 e la proposta di modifica approvata, in prima lettura, nella seduta plenaria del Parlamento Europeo il 26 ottobre 2012.


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4

In proposito, si veda: N. Linciano, P. Soccorso, “La rilevazione della tolleranza al rischio degli investitori attraverso il questionario”. Discussion Paper Consob n. 4 Luglio 2012


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5

Cfr. orientamenti ESMA Cap. I, § 3.Gli orientamenti dovrebbero essere considerati applicabili, se pertinenti, anche quando i servizi sono forniti ai clienti professionali


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6

Cfr. Comunicazione Consob n. 12084516 del 25 ottobre 2012. La Consob, secondo quanto stabilito dall’art. 16, paragrafo 3, del regolamento n. 1095/2010/EU, ha notificato all’ESMA la propria conformità agli orientamenti


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7

Tale previsione confermerebbe, peraltro, la correttezza dell’interpretazione riportata nel Discussion Paper di luglio 2012 dalla Consob (cfr. pag. 27), nel quale con l’espressione “preferenze in materie di rischio” si riferisce alla preferenza dell’individuo ad investire in determinati strumenti finanziari con date caratteristiche (c.d. rischio oggettivo), mentre l’espressione “profilo di rischio” si riferisce alla capacità di assumere rischio (c.d. rischio soggettivo)


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8

Cfr. Esiti alla consultazione su Regolamento Intermediari del 30 ottobre 2007, pag. 68.


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9

Cfr. nota 8


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10

Cfr Esiti della consultazione del 2 marzo 2009 sul Livello 3 – Regolamento Intermediari in tema di “dovere dell’intermediario di comportarsi concorrettezza e trasparenza in sede di distribuzione diprodotti finanziari illiquidi”. Pag. 75


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11

Previsioni, queste ultime, già in linea con le (prevedibili) nuove regole di MiFID II


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